La Pasqua anomala del settore ovino
Non è un momento facile per tutte quelle filiere il cui indotto poggia sulla celebrazione a tavola della Pasqua. In realtà diversi comparti dell’agroalimentare - abbiamo già affrontato il tema - soffrono di un calo evidente della domanda, specie dove è venuta a mancare la richiesta della ristorazione e dell’intero mondo Ho.Re.Ca. (dalle realtà lattiero-casearie al settore ittico). Ma in queste settimane sono i pastori a scontare le difficoltà maggiori. Lo denunciano a vario titolo le associazioni di categoria territoriali: in Toscana, Cia Siena lamenta il crollo delle ordinazioni di agnelli allevati nella provincia, come pure dei prezzi riconosciuti a chi riesce a vendere il prodotto, circa la metà del prezzo minimo di mercato (nella Gdo si toccano addirittura punte minime di 2 euro al kg, a fronte dei 14 euro al consumo); l’Abruzzo, intanto, si stringe intorno ai suoi mille pastori (60mila sono quelli stimati in tutta Italia), che pascolano oltre 200mila capi ovini sul territorio regionale: “In occasione della Pasqua – sottolinea Coldiretti Abruzzo – si acquista gran parte di circa 1,5 chili di carne di agnello consumata a testa dagli italiani durante tutto l’anno”. Poi c’è la Sardegna, forse la regione più nota quando si parla di pastorizia, che pure in queste ore deve dissociarsi da una brutta storia portata all’evidenza dall’indagine condotta da Essere Animali su venti allevamenti ovini dell’isola, che denuncia (con tanto di video) la macellazione dei capi in condizioni di crudeltà inaudita e non consentita.
Il valore della pastorizia
Ma la filiera, in Sardegna e in tutta Italia, può contare su molte realtà che lavorano con coscienza e dedizione, dando respiro a un comparto di lunga tradizione e grande valore per l’economia agricola nazionale. I dati li riassume Confagricoltura: “Il 90% di nascite e crescite sono programmate proprio per il periodo pasquale. In Italia si contano 2,8 milioni di agnelli e 150mila capretti che dovrebbero essere macellati, di cui una parte consistente si trova in Sardegna”. Il crollo della richiesta potrebbe costare alla filiera dell’agnello 20 milioni di euro a livello nazionale (di cui 7 in Sardegna). Senza contare che la pastorizia agisce positivamente a tutela di ben 38 razze che salvaguardano la biodiversità unica del nostro Paese, e al contempo presidia territori la cui manutenzione è garantita proprio dalle attività di allevamento e pascolo (non a caso, lo scorso dicembre, la transumanza è stata riconosciuta Patrimonio dell’Unesco). Anche per questo, in occasione della Giornata Mondiale della Pastorizia celebrata lo scorso 27 marzo, Coldiretti ha promosso la campagna #Iostoconipastori, a sostegno “del valore sociale, economico, storico e ambientale di un mestiere a rischio di estinzione”.
Le misure economiche a sostegno del settore
In concreto, negli ultimi giorni, il Mipaaf in Conferenza Stato Regioni e Province Autonome ha stanziato 7,5 milioni di euro per aiutare il settore ovino nel biennio 2020-2021, riconoscendo il sostegno economico (in percentuale variabile) a chi commercia carni Igp o da agnelli nati, allevati e macellati in Italia (nel periodo compreso tra inizio marzo e fine aprile 2020). A questo si aggiungono i due bandi aperti da Agea per l’acquisto di Pecorino Dop da destinare agli indigenti: valore economico 14 milioni di euro, che serviranno a sostenere la filiera del latte ovino e dunque i pastori. E i 20 milioni (dal fondo rotativo per le imprese) concessi dal Cipe per garantire un finanziamento agevolato alle imprese del settore ovino che producono latte.
Gli agnelli stranieri costano meno. La Gdo li preferisce
La filiera della carne di agnello, invece, si trova a fronteggiare un problema già noto, particolarmente duro da sopportare nella situazione di emergenza: la maggior parte della carne ovina venduta in Italia, infatti, proviene da Grecia e Romania, che non sono in grado di assicurare gli stessi standard qualitativi. L’appello ai consumatori, specie in questa contingenza, è quello di portare sulla tavola di Pasqua agnelli made in Italy. Ma secondo Cia è in primis il canale della Gdo a dover fare i conti con le proprie responsabilità: “La grande distribuzione privilegia l’offerta estera, che attua politiche di prezzo molto aggressive” si legge in una nota. Sui banchi dei supermercati, insomma, 3 agnelli su 4 proverrebbero dall’estero, a causa di una quota di import che tocca il 75% del totale, attingendo soprattutto da Spagna, Romania, Estonia e Grecia. Questo nonostante i 350mila agnelli da latte italiani attualmente disponibili sul mercato, di cui 150mila Igp Agnello di Sardegna, con ordinativi crollati del 50% rispetto alla Pasqua scorsa. “È necessario che il Governo metta in campo misure di sostegno per gli allevatori ovi-caprini, incentivando con sgravi fiscali la grande distribuzione a privilegiare prodotto italiano di qualità, soprattutto nella fase di emergenza post Covid-19 che stiamo attraversando” dice a tal proposito Dino Scanavino, presidente Cia “Ed è urgente attivare una campagna di promozione ministeriale per incentivare il consumo di agnello italiano, valutando la possibilità di finanziare misure di ammasso privato per l’eccesso di offerta”. La realtà dei fatti è evidente e dettata da una legge naturale: “Gli animali non si possono fermare, vanno nutriti e continuano a fare latte. Non solo i costi a carico dell’allevatore non vengono meno, ma questo comporta anche un esubero di prodotti”, sottolinea Confagricoltura.
a cura di Livia Montagnoli