La ricchezza dell’agroalimentare italiano
Che l’enogastronomia fosse un valore inestimabile per l’Italia era già risaputo. Ma la crisi aperta dalla pandemia ha fatto balzare ancora più in alto le aspettative di chi guarda alla filiera dell’agroalimentare con fiducia. A confronto di altri settori più duramente colpiti dalle ricadute economiche dell’emergenza sanitaria, infatti, l’agroalimentare si impone ora come prima ricchezza del Paese - quella più capace al momento di resistere all’impatto del Covid-19 – muovendo un giro d’affari del valore di 538 miliardi di euro. È il rapporto di Coldiretti presentato in occasione del Cibus Forum a confermarlo. Questo non significa che il comparto non abbia risentito della crisi. Piuttosto, rispetto ad altri baluardi del made in Italy come la moda, il design, l’industria automobilistica, la filiera del cibo – dalla produzione in campo alla distribuzione capillare sul territorio – ha saputo contenere i danni. Oggi, la filiera dell’agroalimentare vale il 25% del Pil, conta 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Garantendo 3,8 milioni di posti di lavoro. Anche gli ultimi dati sull’export, relativi al 2019, fanno sperare che la crescita record degli ultimi anni non risenta troppo dei mesi difficili che stiamo vivendo: l’anno scorso le esportazioni agroalimentari hanno toccato i 44,6 miliardi di euro, soprattutto in direzione dei Paesi dell’Unione Europea (Germania in testa).
Il valore di Dop e Igp
Ma proprio l’emergenza globale, sottolinea il presidente Coldiretti Ettore Prandini, “ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza”, evidenziando l’importanza di un patrimonio che l’Italia deve proteggere per puntare alla leadership di settore. A questo proposito, alla fine di luglio il Mipaaf ha pubblicato l’elenco aggiornato dei prodotti a marchio Dop/Igp/Stg: 305 specialità, di cui oltre la metà sono riconosciute con la Denominazione di Origine protetta (tra gli ultimi ingressi il Cappero delle Isole Eolie).
Dop e Igp in pegno rotativo
E proprio ai prodotti tutelati da Dop e Igp si lega una curiosa novità introdotta dal Decreto Cura Italia: sancita nel testo ratificato lo scorso 23 luglio, la misura in questione è entrata in vigore all’inizio di settembre, e consente di impegnare prodotti agroalimentari Dop e Igp in “pegno rotativo”. Cioè di utilizzare alimenti (ma sono inclusi anche prodotti vitivinicoli e bevande spiritose, purché tutelati dalle denominazioni) di comprovato valore come pegno da garantire in cambio di prestiti. La formula costituisce una forma di finanziamento particolarmente innovativa, “che ben si adatta ad alimenti che chiedono tempo per completare il ciclo produttivo, come vini da invecchiamento, formaggi stagionati o salumi da affinamento”, spiega Coldiretti, ricevendo positivamente la novità. L’idea si basa proprio sul fatto che le produzioni più apprezzate (anche all’estero) dell’agroalimentare italiano possono rivestire un alto interesse economico per le banche interessate a investire nel made in Italy di qualità. E in più, spiega ancora Coldiretti “l’opportunità di cedere in pegno rotativo i prodotti agroalimentari potrà supportare le attività aziendali necessarie alla ripresa, in una situazione in cui l'emergenza Covid ha tagliato il 10% dei consumi alimentari degli italiani nel 2020”. Le specialità alimentari potranno essere impegnate a decorrere dal giorno in cui sono collocate nei locali di produzione e/o stagionatura e/o immagazzinamento, in cambio di prestiti che vengono incassati mantenendo la proprietà del prodotto. Così, le scorte di magazzino che negli ultimi mesi sono aumentate in virtù della crisi potranno trovare nuova utilità, garantendo alle aziende in difficoltà di ripartire con più slancio.