La via selvatica di Ceretto. 12 dialoghi per recuperare il rapporto con la natura

13 Lug 2020, 14:59 | a cura di
12 dialoghi in 12 mesi, a partire dal 12 settembre 2020. È il 12 il numero feticcio di un percorso che prenderà forma nei luoghi simbolo della storia di Ceretto, nelle Langhe, per raccontare il dialogo dell’uomo con la natura. Anche attraverso il cibo. In attesa di concretizzare un nuovo progetto.

Si può essere produttori di vino, mestiere antico, concreto, così legato alla terra e insieme visionari? Certo che sì, se ci si chiama Ceretto e da sempre si coltivano insieme la vite e la passione per l’arte, la cultura, la storia. Esempio iconico la Cappella Barolo, una piccola cappella campestre per la quale i Ceretto, hanno chiamato due grandi artisti come Sol Le Witt e David Tremlett e l’hanno trasformata in una esplosione di colori in mezzo ai vigneti del Barolo Brunate: il primo progetto di una lunga serie e un esempio perfetto di interazione fra arte e territorio.

La via selvatica, un percorso ritrovato in 12 dialoghi

Il progetto più nuovo, visionario e intrigante, si chiama La via selvatica, ed è nato in questo periodo di confinamento, dall’osservazione di come la natura abbia cominciato a riprendersi i suoi spazi, mentre l’uomo stava chiuso nella sua dimensione domestica. A curare il progetto Matteo Caccia, gran scopritore/narratore di storie, che a partire dal 12 settembre andrà alla ricerca dell’anima selvatica, di quella parte “non addomesticata” nascosta in ognuno di noi. 12 dialoghi, uno al mese (il numero 12 è la cifra-feticcio di tutto il percorso) per far emergere le esperienze profonde di chi si misura ogni giorno con la propria parte selvatica. Ci sarà un funambolo-filosofo, Andrea Loreni, un paesaggista, Paolo Pejrone, e via via una lupologa, un allenatore sportivo, un musicista, il navigatore Ambrogio Beccaria… Anche una grande chef, la slovena Ana Roš, a raccontare come addomestica le materie prime sulla tavola.

La famiglia Ceretto

Scenario dei dialoghi, i luoghi intatti e autentici all’interno dei territori Ceretto : le vigne, il ristorante Piazza Duomo, la Cappella del Barolo, la Casa d’artista, le cantine della Tenuta Monsordo Bernardina e Bricco Rocche, esempi di cura e valorizzazione del territorio, fra realtà selvatica e addomesticata.  I primi interventi saranno trasmessi e resi fruibili al pubblico online (dal 12 settembre, ogni 12 del mese su www.ceretto.com e poi in podcast), e a partire dal 2021 si potrà finalmente partecipare attivamente agli incontri. Gran finale a settembre 2021 per un’esperienza selvatica a 4 mani, con gli chef Ana Roš ed Enrico Crippa.

Un piatto di Enrico Crippa per la via selvatica

Il menu selvatico di Enrico Crippa

Ed è stato proprio lo chef del Piazza Duomo, in occasione della presentazione del progetto, a proporre un visionario menu selvatico, dal capRiccio al patè di cortile, dal carpione a un sorprendente ragout d’agnello alle spezie, con una cagliata vegetale per finire. Tutto accompagnato dai vini Ceretto, l’Arneis Blangè, il Barolo Brunate 2015, il Moscato d’Asti 2019. È stato Bruno Ceretto, il patron, età dichiarata 1004 mesi (fate un po’ voi il conto), a scoprire e volere per il ristorante Piazza Duomo Enrico Crippa, a suo giudizio uno dei più grandi chef non solo in Italia.

Un ennesimo sogno visionario

Fra i due c’è una sintonia perfetta, che forse attinge all’anima selvatica di ciascuno. L’ascetico Crippa, che si sposta in bicicletta, dedica cure infinite al suo orto, e ha fatto della sua insalata un piatto-icona; e Bruno Ceretto, che non rinuncia alla sua quotidiana partita di tarocchi, teorizza il capitalismo sociale, ha girato il mondo (è andato a vendere vino fino in Alaska), ma trova il suo equilbrio solo qui, nell’ultima collina che ha acquisito, Biria a Diano d’Alba, il suo rifugio del cuore, da dove vede i tre campanili della vita: quello di Barolo, quello di Barbaresco e quello di Alba. E in questo scenario si realizzerà entro qualche anno un altro sogno visionario firmato Ceretto e Crippa: uno spazio di cibo e accoglienza, 25 camere e un ristorante di 50 posti, aperto solo a pranzo (il vero gourmet pranza, non cena), tutti seduti alle 12, servizio che inizia alle 12.30, non si ammettono ritardi. Il vino – Barolo, per Ceretto "l’assoluto"- il cibo, l’accoglienza. Una via selvatica addomesticata quanto basta.

 

a cura di Rosalba Graglia

foto di apertura di Marco Varoli

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