Si fa concreto per la Doc Lugana il rischio di perdere 245 ettari di territorio agricolo, in massima parte vitato, sui circa mille attuali. L'iter per la costruzione della linea ferroviaria alta velocità Milano-Verona ha fatto passi avanti. Le istituzioni locali hanno ricevuto nei giorni scorsi il progetto definitivo dell'opera, commissionata al consorzio Cepav Due da Rfi. E se i tempi saranno rispettati i lavori dovrebbero cominciare a metà 2015, durare sette anni, per una spesa vicina ai 3 miliardi di euro, se i fondi saranno interamente finanziati.
Per la Doc si stimano danni notevoli: l'area vitata coinvolta è di circa 9 km e riguarda i colli morenici tra Desenzano, Pozzolengo e Peschiera. Considerando che oggi sono 11,5 milioni le bottiglie di Lugana prodotte ogni anno, per un valore di 50 milioni di euro, si perderebbero 12,5 milioni di euro all'anno, pari al 25% del fatturato.
Secondo il Consorzio di tutela c'è una alternativa al tracciato previsto, che affianca la A4 e prevede poche modifiche rispetto a quello licenziato dal Cipe dieci anni fa. "È dal 1992 che sul territorio pende questa spada di Damocle" ricorda il direttore Carlo Veronese "il progetto è sostanzialmente quello originario, mentre negli anni è cambiato radicalmente il territorio, basato sull'enoturismo, la ricettività, e sui cui insistono già un'autostrada, una statale, una superstrada e una ferrovia. Quest'ultima, ora in manutenzione, andrebbe semplicemente potenziata, dopo una variante al progetto, invece di creare una linea ex novo".
Il Consorzio (128 aziende) sembra lontano da posizioni 'No Tav', anche se la protesta: "Per noi non è una mera questione di ettari" osserva il presidente Luca Formentini "riconosciamo l'importanza dell'infrastruttura, ma chiediamo che se ne valuti l'impatto generale in un territorio delicato, nella logica dell'armonia uomo-ambiente". L'appello è rivolto a Comuni e Regione. L'iter per la valutazione di impatto ambientale è in corso. Due i mesi di tempo per le osservazioni; poi si passerà agli espropri.
A cura di Gianluca Atzeni