30 anni fa, su uno dei primi numeri del neonato mensile del Gambero Rosso usciva un articolo dedicato a Flipot, storica locanda di Torre Pellice, che Walter e Gisella Eynard avevano trasformato in un indirizzo di referenza per la cucina valdese. Molte cose sono cambiate da allora, i coniugi Eynard hanno preso altre strade, Flipot ha chiuso i battenti a lungo.
Filipot riapre grazie a una discendente dei primi proprietari
Ma adesso – evviva! - ha riaperto, per iniziativa di una discendente dei primi proprietari, Patrizia Colombo, che ha riacquistato Flipot, lo ha ristrutturato con grande gusto, arredandolo con i mobili d’epoca e le collezioni di piatti e servizi da tè di famiglia. Ha creato salette da pranzo dove ci si sente ospiti piuttosto che clienti, inventato un giardino incantato, fiorito tutto l’anno (lei ha una laurea in farmacologia alla Normale di Pisa, ed è esperta di piante officinali) e aggiunto 7 stanze dai tocchi antichi per una sosta più lunga e una cantina per le degustazioni. E soprattutto ha riaperto il ristorante, fin dal 1882 il fiore all’occhiello della Pensione Flipot. All’epoca era Filippo – Flipot - Gay il cuoco-gestore del locale, il più prestigioso della Val Pellice, una cinquantina di chilometri da Torino, dove venivano a pranzare gli ufficiali della Scuola di Cavalleria di Pinerolo, principi di Casa Savoia, imprenditori.
Oggi alla Maison Flipot la cucina è affidata a un giovane chef
Oggi alla Maison Flipot, dove ancora troneggia la vecchia insegna su fondo rosso, fortunosamente recuperata, la cucina è affidata a una piccola brigata giovane e motivata, capitanata dal talentuoso Alessandro Bertinetti, 31 anni, nato a Pinerolo, già sous-chef di Christian Milone alla Trattoria Zappatori, che ha lavorato in Langa al Boscareto, a Villa Feltrinelli a Gragnano, in quel di Brescia, e all’estero, da Bucarest all’Hilton Resort alle Seychelles, solo per fare qualche esempio. La sua è una cucina del territorio e di tradizione ma con tocchi creativi, gestita con mano sicura e con una attenta ricerca di produttori e di prodotti, fra alpeggi e contadini di valle. Piatti che ripropongono spesso i ricordi d’infanzia di Patrizia Colombo, rivisitati (passateci il termine) in chiave contemporanea.
Cosa si mangia alla Maison Flipot
Così si comincia con amuse-bouche mai banali, serviti su pietre di Luserna (un’eccellenza della zona, tutti i camini delle stanze sono di questo materiale): cubetto di anguria al Martini, lardo della val Pellice, un bignè di ricotta e zucchine, una microinsalata di pollo, accompagnati dalle bollicine di Malvirà, metodo charmat. Poi si passa agli antipasti di tradizione, dal vitello tonnato all’antica maniera, ma con un tocco di caramello al whisky, alla battuta di fassona al coltello con maionese di piselli ed erbe e fiori dell’orto - “Patrizia ha un orto un po’ più su in valle, a Bobbio”, racconta lo chef, che sottolinea il suo legame con il territorio: “Qui abbiamo appena piantato una varietà di patate viola della Val Chisone quasi scomparse, le piante officinali arrivano dal giardino della Maison, i porcini ce li portano i cercatori di qui, idem le trote, la carne è del posto, come le castagne, le mele” - e un’interessante carpaccio di trota marinata all’aneto e alle spezie.
Imperdibili, fra i primi, i plin al tovagliolo, un classico piemontese, con sfoglia con 30 tuorli e ripieno ai 3 arrosti, serviti con il consommé a parte. Ma ci sono anche piatti veg, come la pasta fresca agli spinaci, fave, piselli, asparagi e cremoso di capra alle erbe, o primi di pesce, come il risotto cotto in infuso di camomilla, con ombrina e miele di castagno. Tra i secondi, un'altrettanto classica guancia brasata al barolo, o un tradizionale, per la valle, agnello e fieno con schiuma di latte aromatizzata al fieno. Per i dolci, lo chef ha una vera passione - “sono molto goloso”, confessa – e in carta si trovano il mitico tiramisù, la millefoglie sbagliata con un delizioso gelato di lavanda, il dessert pino, pinoli e mandorla, e yogurt, sedano e mela verde.
Sul fronte vini, c'è una bella carta di etichette piemontesi ma non solo, anche champagne, sempre di piccoli produttori ricercati con cura e la passione del giovanissimo sommelier (22 anni!) William Buttigliero, anche lui nato e cresciuto in Valle.
Lo spirito di Flipot, quell’accoglienza autentica dal 1882, sembra davvero essere tornata ed è un bel segnale per il territorio e non solo. Come sostiene Patrizia Colombo “ho voluto che i nostri piatti raccontassero anche di me, della mia storia, dei miei ricordi di bambina e delle mie idee di oggi”. Maison in questo caso non è un vezzo da francesismo, ma il senso di sentirsi a casa. Ottima cosa, di questi tempi.
Maison Flipot - Torre Pellice (TO) - corso Antonio Gramsci 17 – 3928485993 - www.maisonflipot.com - menu tradizione: 50 €