Alla scoperta del mistero Bocuse
È lo chef per antonomasia, Paul Bocuse, “dal forte temperamento ma dalle aspirazioni piuttosto festaiole” che si è stagliato su tutti e su tutto conservando intatta la sua aurea fino a oggi, quando esce in Italia per Giunti, postuma (Bocuse è scomparso a 92 anni, nel 2018), la sua biografia costruita da Robert Belleret a suon di interviste, documenti, testimonianze.
Un libro sul mostro sacro, un monumento già in vita (tanto da essere omaggiato da bronzi e statue di cera e nella figura di Auguste Gusteau nel film Rataouille) che ha contribuito a fare, della cucina, un fenomeno di costume come lo conosciamo oggi. Ha conquistato, per primo, pagine di giornali e spazi televisivi quando ancora fare il cuoco non era un mestiere così ambìto, neanche in Francia. Ma è stato lui, con le stravaganze, i coup de theatre, le freddure, l'istrionismo e l'innato istinto per la comunicazione a costruire il suo successo personale e sublimare la cucina verso uno status sociale di puro divismo. Facendo uscire i cuochi dalle cucine - “il problema sarà farli rientrare” commentava pungente. Paul Bocuse è stato non solo un cuoco ma un personaggio pubblico. Un personaggio complesso, “che si esibiva moltissimo ma si svelava assai poco” che bisogna intercettare tra le pieghe di quella sua vita così esposta. Perché, sì, monsieur Bocuse era timido, spesso sfuggente nel suo ostentato protagonismo.
Vocazione familiare
Ma la sua storia comincia molto prima, prima delle interviste e prima dei riconoscimenti, anche prima di lui, perché Paul è figlio e nipote d'arte: quinta generazione di cuochi, per la precisione. E il ristorante a Collonges au Mont d'Or conta anni e anni di vita, anche se non sempre sotto l'egida dei Bocuse. Perché, aperto a metà ottocento, negli anni '20 del secolo successivo fu venduto da Joseph (nonno di Paul) per un colpo di rabbia e di gelosia nei confronti della moglie ritenuta troppo civettuola. Da allora i suoi successori hanno lavorato per riconquistare quel luogo che diventerà, anni dopo, L'Abbaye de Collonges, più noto, semplicemente, come il ristorante Bocuse (lo stesso nome delle origini).
Dunque Paul porterà a compimento la sublimazione di un talento familiare, non a caso suo padre, lungi dall'essere un semplice cuoco di campagna, poteva già vantare un'esperienza in cucine di prestigio e spinse lui stesso il figlio, studente svogliato, a fare il suo apprendistato in ristoranti di rango dell'epoca. Ma la sua formazione più rilevante è quella del contatto diretto con la natura, nel paradiso verde di Collonges prima, in fattorie in cui trovò riparo dopo. Sono gli anni della guerra e ognuno sbarca il lunario come può, i Bocuse sempre aggrappati alla loro amata cucina.
La storia continua
Passano gli anni più cupi e Paul Bocuse continua il suo vagare davanti ai fuochi, mosso dall'ambizione e dalla passione. Così continua la formazione, forte della tenacia, il buon umore, l'abilità. Ci sono Mère Brazier, La Pyramide, Lucas Carton (dove stringe con due fratelli, Jean e Pierre Troisgros, che rimarranno amici per la vita) prima del rientro a Collonges, a metà degli anni '50. I ricordi di quella prima brigata raccontano di un Paul severissimo e onnipresente, attento a tutto e capace di rigore e severità senza pari. Ruvido, ossessionato dalla perfezione pur se in un ristorante ancora lontano da lusso o agi. “Da mattina a sera, tutti lavorano sodo e senza sosta”. I menu sono ancora semplici, ma ineccepibili. Lo spiedo regna, insieme al pot au feu della domenica. Della scelta dei prodotti, essenziale, se ne occupa Bocuse. Si tratti della selvaggina (lo chef era un gran cacciatore) o dei prodotti del mercato. E così, con quel locale ancora molto spartano con i gabinetti in fondo al giardino, conquista la prima stella nel 1958. Passerà un po' di tempo prima di poter affrontare quei lavori necessari per fare il salto di qualità e portare il locale al livello necessario per entrare nell'Olimpo dell'alta cucina.
L'haute cuisine
L'alta cucina. sì. Quel mondo in cui si inizia a 13 anni come semplice pelaverdure e non ci si ferma più, in cui le giornate cominciano all'alba e finiscono a notte fonda, quel mondo che Monsieur ha contribuito a costruire. Senza mai rinunciare ai piccoli riti quotidiani, come il caffè in compagnia dei suoi “compari” la mattina al mercato, e poi gli scherzi, quelle birbonate che lo hanno sempre accompagnato. La sua storia è la storia della cucina. Un racconto di piatti replicati alla perfezione, e di altri creati con incredibile gusto, messi a punto con pazienza, sin dai primi, che poi diventeranno dei classici, come la spigola in crosta in salsa Choron o il prosciutto cotto al fieno o la pollastra nella vescica, ma sempre con l'idea che “la cosa più importante è quel che c'è nel piatto dove le cose devono avere il gusto di ciò che sono ed essere identificabili, con gli ossi e le lische” un credo che oggi è quanto mai attuale. La seconda Stella arriva nel 1962, seguita, tre anni dopo, dalla terza (mantenuta fino all'ultima edizione della guida, presentata a fine gennaio 2020, quando - già scomparso Bocuse - la Michelin ha deciso di declassare l'Abbaye, nonostante il rinnovamento dello scorso anno).
Ma non è solo cucina – quella fatta di mente, cuore, mano - perché l'epica di Monsieur Paul è fatta di molte altre cose, benedetto da un carisma potentissimo: non seduceva con le parole ma con un magnetismo puro, megalomane, sì, ma geniale. Con una sensibilità innata verso la cucina che lo ha portato a stravolgere dogmi alla luce di un solo dogma: ritrovare e perpetrare le basi fondamentali del patrimonio gastronomico francese. “Un prodotto di qualità, una cottura breve, un buon condimento”, niente di più semplice, niente di più essenziale. Ma la leggenda va oltre questi principi poi formulati nel manifesto della Nouvelle Cuisine. Passa attraverso il savoir fare e il fare sovoir, si accende con le freddure, le pose esagerate, le prime pagine, si mescola agli eventi di più di mezzo secolo, ai nomi famosi dei personaggi che ha incontrato dentro e fuori il suo ristorante, si nutre di aneddoti e grandissimi piatti, di fatica, successi, scoperte, meraviglia. Tutto ricamato da lui su di lui, il più famoso chef del mondo, il più longevo divo della cucina, spaccone, divertente, esagerato. Un comunicatore nato. Il cuoco del secolo.
Paul Bocuse. Lo chef, il mito – Robert Belleret – Giunti – pp. 249 pp. - 18 €
a cura di Antonella De Santis