Lucia Tellone, dal Nord Europa a Tagliacozzo per aprire un suo ristorante
L'anno nuovo, Lucia Tellone l'ha cominciato nello stesso modo che ha concluso il vecchio, facendo il pane per la sua comunità nel forno di Villa San Sebastiano, frazione di Tagliacozzo, nel cuore dell'Abruzzo marsicano. Un posto, il forno del paese, messo da parte dai ritmi di vita frenetici che hanno avuto il sopravvento anche a Villa, arrivata a contare attualmente poco più di trecento anime ma quasi miracolosamente rifiorita nelle ultime stagioni. Da quando Lucia, nativa del luogo, studi in lettere e filosofia e chef autodidatta indipendente, è tornata. Fermandosi dal suo girovagare tra i più importanti ristoranti del Nord Europa – posti come Maeemo di Oslo o Frantzèn di Stoccolma – non prima di essere segnalata nel 2016 da chef Cracco tra le dodici promesse della cucina italiana, gli ambasciatori del gusto all’Accademia Maestro Martino. Ora si dice pronta ad aprire un locale nel piccolo paese dov'è nata e cresciuta imparando dalla nonna a fare il pane in casa, dal nonno come accudire le pecore e fare il formaggio. “Ci tengo molto e non abbandonerò il forno né tutta la comunità che gli gira attorno”, promette.
Il forno sociale di Tagliacozzo. L'educando alle farine buone
Una comunità “di cuori e mani operose” consolidatasi di giorno in giorno attorno a lei, donna armata della sola forza dell'esempio e dalla volontà di “esserci”. “Un gesto d'amore” riconosce, “qualcosa di buono e di affettuoso”. Il pane, il forno, e tutto quel che ci gira intorno: i bambini che tornano da scuola e corrono “a fare il pane” e appresso a loro genitori e nonni che hanno ormai l'abitudine di ritrovarsi attorno a quel fuoco per raccontare, mangiare, condividere, leggere insieme. Anche la biblioteca di Villa, infatti, si è messa a disposizione organizzando eventi e agridinner insieme a Lucia, durante la bella stagione. Dunque, ognuno porta qualcosa oltre alla propria pagnotta da cuocere. È così che funziona al forno di Villa. Si arriva con il proprio impasto preparato con la farina che si vuole, integrale, di polenta “per quanto” racconta Lucia “io cerchi anche di rieducarli facendogli capire la differenza tra le farine industriali vendute al discount e quelle agricole lavorate in maniera artigianale”. “Il lievito madre glielo regalo io, poi ognuno riporta a casa il proprio pane, come si usava una volta. Perciò non c'è vendita. E a chi me lo chiede tante volte lo regalo, il pane. Magari mi lasciano un'offerta, perché il forno si autosostiene”.
Ora la gente arriva da altri paesi dell'Abruzzo
“Per me non è un lavoro” dice ancora Lucia. “Significa riprendermi il mio tempo e restituirlo agli altri, lo faccio per ritrovare un po' di umanità. Nei piccoli paesi c'è bisogno di qualcuno che ci creda, qualcuno che li faccia vivere”. E riprende il suo racconto: “La prima volta che ho riacceso il forno è stato a fine gennaio del 2020, prima della pandemia, nell'incredulità generale: mi hanno dato della matta. Ho cominciato ogni quindici giorni, come faccio ancora adesso, d'estate ogni settimana perché c'è veramente tanta gente che partecipa: accendiamo in base alle presenze in paese, siamo trecento anime ma ora succede che tanti vengano apposta anche da altri paesi d'Abruzzo e oltre”. Come è andata? “I primi avventori venuti da fuori hanno sperimentato la prima volta d'estate e hanno preferito fermarsi a dormire qui, hanno visto la cottura e tutto quanto di bello succede”.
Ma la comunità funziona su tutto: “L'anno scorso mi sono messa in testa di dare una ripulita ai muri del vecchio forno, ho trovato persone che mi hanno assecondato nel fare anche altri lavori: impianto elettrico, pavimento, lavandino e soglie di marmo. Così da una semplice sbiancata siamo arrivati a una ristrutturazione, fatta con i soldi delle persone del paese che hanno voluto contribuire. La comunità è l'anima di quel forno, qui il senso di comunità è molto forte, tutti sono pronti a rendersi utili. È un forno comunitario perciò niente vendita, niente soldi, solo qualche offerta e tanta partecipazione”.
L'azienda agricola di famiglia e il progetto di un ricettario condiviso
Il forno sociale di Villa San Sebastiano si trova in via Prima Strada. Nella vicina campagna, alle pendici del Monti Carseolani, si trova l'azienda agricola della famiglia Tellone. Lo zio di Lucia, Fabrizio Valente, è uno degli agricoltori custodi del grano solina, una varietà antica e preziosa di grano tenero coltivato da secoli dai contadini dell'Abruzzo di montagna. Solina, Senatore Cappelli, grani tradizionali e farine “fatte bene”, macinate in un mulino a pietra nelle vicinanze, a Carsoli, costituiscono la materia prima dai profumi rustici. “Non solo pagnotte” precisa Lucia,“amo sbizzarrirmi: multicereali, pani conditi, al pesto, con cacao e fondente, pizze”. La pizza non può mancare, raccomanda. Serve a testare la temperatura del forno perciò è la prima a finire dentro, poi il pane, ciambelloni, biscotti, torte, crostate. “Ogni volta faccio qualcosa di diverso, le persone vedono e lo fanno la volta dopo. Faccio un esempio: ho cominciato con una pignata di fagioli a forno spento, di lì a seguire mi sono ritrovata cinque, sei pignate di fagioli in forno. Ci spero sempre che qualcuno guardi quello che faccio per poi rifarlo”, confida Lucia. “Al forno ho un ricettario e invito gli avventori a lasciare una ricetta tipica della propria famiglia o del proprio paese, così ho ritrovato la ricetta dei chiortani di San Biagio da una famiglia di Magliano dei Marsi, qui vicino, una specie di ciambella che ho rifatto con il lievito madre. Ne sono uscite ventiquattro, le ho regalate alle persone che si trovavano lì al forno. Le ciambelle di San Biagio vanno regalate!”, conclude categorica.
a cura di Jolanda Ferrara