Ci si ritrova dentro quasi senza accorgersene, gironzolando per Santarcangelo, naso all'insù a cercare la Torre dell’Orologio e poi seguendo la pavimentazione della piazza della Chiesa Collegiata, attirati dai disegni che popolano gli spazi, accolti da quella donna florida che invita all'ingresso della Sangiovesa di cui da subito è diventata simbolo. Una figura felliniana, in senso letterale: fu infatti il maestro riminese a disegnare, con pochi tratti, il simbolo di questo ristorante che conserva nello spirito e nelle ricette l'anima più pura della Romagna, quella godereccia e ridanciana, amabile, allegra, golosa, sfacciata. Oggi c'è un nuovo logo, in occasione dei 30 anni, e lo firma Roberta Piscaglia, grafica che si occupa di tutto quello che riguarda il mondo Sangiovesa.
Che al compiere dei trent'anni si festeggia con un libro – La Sangiovesa, l'osteria di Santarcangelo scritto da Giorgio Melandri e con le fotografie di Maurizio Gjivovich - che sa restituire il valore di un luogo che, orgogliosamente, ha rivendicato – anche quando le mode portavano altrove - il valore rivoluzionario di una cucina popolare, tradizionale, locale. E l'ha saputa inserire in un contesto immaginifico popolato di quadri, illustrazioni, oggetti d'arte. Ma soprattutto dello spirito di chi questo posto l'ha vissuto. A partire da Manlio Maggioli, creatore di questo posto, “custode di un'identità purissima che ha attraversato indenne tutte le stagioni, e le mode di un'Italia che aveva girato le spalle alla poesia di una tradizione contadina, rigorosa e antica”. E poi Tonino Guerra che l'ha frequentato assiduamente “arricchendola con continue idee, con oggetti, con invenzioni, con delle piccole scenografie”, animando un rustico cenacolo artistico: fu lui che “intuì subito le potenzialità della Sangiovesa come contenitore dove ammucchiare la poesia e la bellezza”. Del resto l'osteria del quattrocentesco Palazzo Nadiani è nata proprio per condividere cose e cibi della tradizione, ma anche idee ed emozioni.
La Sangiovesa. Il libro
Edito da Maggioli editore (sì, lo stesso Maggioli), il libro racconta la terra, il borgo con i suoi abitanti, gli artigiani, gli alimenti, le tradizioni, le ricette e tutto il mondo che gira attorno alla Sangiovesa, che non si ferma alla cucina e alle sale (magnifiche, ve ne parliamo tra poco), ma include anche la Tenuta Saiano in Valmarecchia, azienda agricola di proprietà che da circa 20 anni alimenta l'osteria con una filiera certissima. Nel libro c'è tutto questo, ci sono le foto degli animali, del cortile e delle arnie che, a pochi chilometri da Santarcangelo, aggiungono prodotti e coerenza a questo spazio che si rigenera e moltiplica con il passare degli anni e delle generazioni, testimonianze ne siano la cantina, l'olfattorio, la bottega di Via Saffi e il progetto parallelo Bucolica Wine Garden. Ci sono i visi e le storie delle persone che circondano Manlio: è la sua famiglia, quella stretta, e quella allargata che partecipa alla vita di questo ecosistema “perché il cibo popolare pesca nella memoria, nella cultura e nel cuore. È gente prima ancora di essere altro”.
La Sangiovesa. Le grotte le sale le storie e le leggende
Varcando la soglia della Sangiovesa si entra in un mondo fatto di memoria e meraviglia, dove ogni muro affrescato, ogni angolo, ogni pietra scheggiata e ogni volta raccontano la storia di questo ritaglio di Romagna. Sale e grotte si inseguono in un labirinto antico. Le grotte, innanzitutto: monumento caratteristico di Santarcangelo, scavato nel tufo, dall’origine ancora misteriosa: per alcuni basiliche rupestri, per altri catacombe o forse cantine, quest’opere di architettura antica attraggono al primo sguardo e invitano alla scoperta, metro dopo metro.
Si scende fino a incontrare la sorgente intitolata alla leggenda di Penelope. Il punto ultimo della discesa, dove tra tradizioni popolari e continuo stupore si conclude il cammino. Risalendo si incontrano le molte nicchie che accolgono una collezione di colombaie, casine per uccellini dal gusto naif raccolte in tutta Europa, per arrivare alle sale. Sono molte, una decina su piani diversi, ognuna intitolata a un personaggio della storia locale, ognuna diversa dall’altra, un labirinto di pietre e mattoni consumati dal tempo, che percorre le viscere e traccia il cammino di Santarcangelo nei secoli, sgranando brandelli di storia: i Malatesta, Papa Clemente XIV (nato Ganganelli), la Gavallotti (tra le prime fotografe nell’Italia della metà dell’800), i Montefeltro, gli Acerboli, Paolo e Francesca, nomi di un’Italia che non c’è più, ma che è possibile ricostruire grazie ai versi antichi e alle testimonianze di oggi, come questa de la Sangiovesa.
Qui tutti, nobili e non, si riuniscono in un convivio, lasciando un posto di primo piano alla poesia e all’arte: sono i poeti locali, infatti, a occupare una sala intera (l’Orto dei poeti), con il bel lucernaio di vetri dipinti da Mario Arnaldi su bozzetti di Tonino Guerra, sorta di giardino della memoria che accoglie celebri versi su formelle decorate che parlano dalle pareti. A Tonino Guerra, santarcangiolese doc, si deve in molto di questo locale, come per le bellissime stufe di ceramica. Opere d’arte oltre che d’artigianato e ulteriore motivo d’attrazione del locale, racchiudono un intimo e delicato messaggio d’arte: sono la stufa del vecchio autunno, del drappo solare, dei ricordi perduti, dei pianeti sognanti, del tappeto in ombra, della fessura profonda, degli oggetti in ascolto. Ma per non perdere il senso di questo luogo, ci sono
La Sangiovesa, l'osteria di Santarcangelo - Giorgio Melandri, fotografie di Maurizio Gjivovich - Maggioli editor - 328 pp. - 25€
La Sangiovesa - Santarcangelo di Romagna (RN) - piazza Simone Balacchi, 14 - 0541.620710 - www.sangiovesa.it
a cura di Antonella De santis