Inutile sfuggire all'ossessione imperante per il cibo. Ricette che imperversano in tv, chef pronti a farsi belli in passerella, corsi di food photography per corrispondenza e schiere di food blogger a briglia sciolta sul web. La repubblica dei cuochi (edizioni Il Mulino) è l'ultimo lavoro di Guia Soncini, penna brillante di Repubblica, che circoscrive quella “repubblica confessionale fondata sul culto dei cuochi” (per dirla con parole sue) con cui dobbiamo fare i conti nell'Italia gastronomica dei giorni nostri.
Frutto dell'ironia sorniona di un'autrice che si definisce ella stessa affascinata da questa gastrocrazia, il libro delinea attualità e attori di un palcoscenico molto ambito, che solo in pochi sono in grado di calcare da protagonisti, come un Massimo Bottura dispensatore di pillole di saggezza e guru dell'ispirazione artistica – ribattezzato non a caso “il Baricco della cucina” - o il Carlo Cracco da copertina, sguardo severo e aplomb invidiabile. Tra le pagine del suo saggio romanzato la Soncini si muove tra ristoranti stellati e padiglioni dell'Expo, consapevole di confrontarsi con un tema nazionalpopolare, una neoreligione che ha conquistato persino il Belpaese devoto ai piaceri più autentici della buona tavola, che non si è fatto pregare per lanciarsi adorante nel vortice dello street food e nel culto dell'impiattamento (e dell'immagine tout court).
Così il cuoco diventa chef, il cibo si riscopre food, alle massaie si sostituiscono gli aspiranti cuochi amatoriali, che non perdono un appuntamento con la cucina in tv e sognano di vincere Masterchef. Pagine che raccontano il costume italiano – e non solo il mondo gastronomico - con fare divertito e piglio da scrittrice.
La repubblica degli chef | di Guia Soncini | Il Mulino, 2015, p. 84 | in libreria dal 10 settembre | 8 euro