Dare un'identità unica alle bottiglie di vino: che significa anche combattere il fenomeno della contraffazione. Da oggi è possibile grazie a idOO, la startup italiana nata per realizzare soluzioni IoT (Internet of Things). Costituita a gennaio e inizialmente applicata al mondo del design e del fashion, idOO adesso approda nel settore vitivinicolo: “Un settore di eccellenza italiano e proprio per questo più soggetto alla contraffazione, soprattutto nei mercati emergenti”, dice Gianni Frosoni, uno dei tre soci.
Ma vediamo come funziona: la cantina si dota del sistema e ha accesso ad una piattaforma da dove cura la comunicazione. A questo punto sulle bottiglie viene applicato un sensore, grazie al quale, il cliente attraverso un'app avrà accesso a tutte le informazioni del prodotto, compresa la prova di autenticità. Quali i punti di forza? “Dal punto di vista aziendale” spiega Frosoni “il controllo della bottiglia a prezzi commisurati al consumo. Cosa che elimina il rischio connesso all’investimento. E poi la possibilità di una comunicazione dinamica nel tempo. Mi spiego meglio: ciò che si scrive in etichetta non può essere modificabile. Con questo sistema, invece, si crea un vero canale di comunicazione con cui l'azienda può dare informazioni aggiuntive, come ad esempio premi conquistati successivamente, e così via. Il consumatore, dal canto proprio, avrà la certezze di acquistare un prodotto autentico e l'accesso a tutte le informazioni possibili”. La domanda sorge spontanea: quale differenze rispetto ad un semplice codice Qr? “Il codice Qr è ottico” continua Frosoni “e quindi anche deteriorabile a certe condizioni. Inoltre è clonabile. IdOO è, invece, un sistema a radiofrequenze: se qualcuno provasse a inserire tag falsi lo si scoprirebbe subito. Inoltre la prova di autenticità si riesce ad avere tramite smartphone anche quando non si è online. Penso ad esempio alle cantine sotterranee dove spesso non c'è campo. Infine il sensore si trova nella parte alta della bottiglia sotto forma di fascetta, una volta aperta non si può ricomporre e di conseguenza verrebbe meno l'altro fenomeno preoccupante del refill (riempimento; ndr.)”.
A cura di Loredana Sottile