Quanti formati di pasta esistono in Italia? Moltissimi, come abbiamo avuto modo di constatare con l'indagine circa le varie specialità regionali. Paste ripiene, acqua e farina, all'uovo, corte e lunghe, antiche e recenti, tipiche di borghi specifici e comuni a tutto il territorio: qualunque sia la loro caratteristica, i primi piatti rimangono protagonisti indiscussi della cucina italiana.
E i pasti delle Feste non fanno eccezione, anzi: è proprio in occasione del Natale che le regioni della Penisola sfoderano la loro identità culturale e gastronomica, portando in tavola le migliori prelibatezze locali. Ecco quali sono i formati migliori da preparare nei giorni di festa.
Agnolotti del plin
Fra le tante variazioni di agnolotti, una nota a sé la meritano i celebri agnolotti del plin, tortelli di pasta all'uovo ripieni di vitello e maiale, talvolta disponibili anche nella versione verde che prevede l'aggiunta di spinaci, caratterizzati dal tipo di chiusura particolare, nato nelle Langhe ma ben presto diffusosi nel resto del territorio. Il “plin”, infatti, è il pizzicotto che viene dato per sigillare la pasta di forma squadrata. Solitamente vengono conditi con burro, salvia e parmigiano, oppure con sugo d'arrosto, parmigiano e tartufo o altre salse bianche in grado di esaltare il sapore del prodotto.
Calzoncelli
Detti anche agnolotti baresi, calzoncieddi o cazune, questi fagottini ripieni sono famosi soprattutto nella versione dolce, particolarmente diffusa durante le feste di Natale, con una farcia a base di castagne, miele, buccia d'arancia e cacao. In realtà, si tratta di una tipologia di raviolo nata dapprima come specialità salata e poi reinterpretata dalle massaie pugliesi nella variante dolce. L'impasto è a base di semola e acqua (talvolta con aggiunta di uova) e viene farcito con un composto di ricotta e uova, oppure con carne macinata.
Canederli
I celebri gnocchi di pane raffermo, farina, uova, speck, prezzemolo e parmigiano, conosciuti anche con il nome tedesco knödele e presenti in quasi tutto il Nord Italia, dal Trentino alle Alpi lombarde e venete, sono immancabili nelle regioni settentrionali in periodo di festa. Ne esistono molte varianti, ognuna con ingredienti e proporzioni diverse, tanto che Felice Libera nel suo “L'arte della cucina: ricette di cibi e dolci, manoscritto trentino di cucina e pasticceria del XVIII secolo” ne elenca più di quindici.
Cappelletti
Presenti a Roma fin dagli inizi del Novecento, quando donne e bambini si riunivano insieme il giorno della Vigilia di Natale per preparare il pranzo del 25 dicembre, i cappelletti sono da sempre simbolo di festa. Parenti stretti dei tortellini emiliani, quelli romani si differenziano per misura (più grande) e per il ripieno, a base di carne cruda. Il nome deriva dalla forma del tipico cappello medioevale: è infatti proprio in questo periodo che cominciano a diffondersi le paste ripiene, specialmente in Romagna (con la variante locale leggermente diversa), prima dell'inizio del digiuno quaresimale. Qui trovate la ricetta dei cappelletti spiegata passo passo.
Casonsei
Detti anche casunziei o casonzieri, ciraoncié, i casonsei sono dei ravioli di farina, uova e sale, ripieni di carni aromatizzate con noce moscata nel Bresciano, oppure patate, salame tagliato, salsiccia, spinaci e formaggio in Val Camonica. Vengono consumati con burro e formaggio e sono tipici soprattutto delle valli bergamasche e della provincia di Brescia. Sono solitamente preparati per le grandi occasioni e le ricorrenze religiose.
Casunziei
Ravioli di pasta all’uovo a forma di mezzaluna ripieni di barbabietole e solitamente conditi con un po’ di burro: sono i casunziei (o casumzei) i prodotti tipici della provincia di Belluno, in particolare Cortina d’Ampezzo e i Comuni della Comunità della Val del Boite e dell’Agordino. Una pasta nata come piatto “povero”, contadino, basato sui frutti che la terra aveva da offrire. Nella farcia tradizionale non possono mancare le barbabietole, spesso accompagnate da altri tuberi facilmente reperibili come le patate e le rape gialle, aromatizzate con semi di papavero. Un piatto sostanzioso, nutriente e a basso costo, perfetto per rinfrancare i lavoratori dopo l’estenuante lavoro nei campi. Oggi, è una specialità riservata perlopiù ai giorni di festa, in particolare alla cena della Vigilia di Natale, soprattutto nella tradizione agordina.
Culurgiones
Uno dei formati più rappresentativi della Sardegna, una pasta ripiena di patate, pecorino e menta, dalla tipica forma allungata e le decorazioni minuziose. La manualità delle massaie sarde, infatti, non ha eguali: proprio come per i pani nuziali, anche la pasta viene lavorata con cura in ogni dettaglio, con il bordo appuntito che ricorda una sorta di spiga, diventando una vera scultura da mangiare. La farcia può variare a seconda della zona e, in base agli ingredienti, varia anche la salsa scelta, anche se la più comune è quella semplice a base di pomodoro e basilico.
Fileja
Cordoncini di acqua e semola grandi come una matita e tagliati a pezzetti di circa 3 centimetri, fatti poi arrotolare attorno a un ferretto. Chiamati anche filateddhi, filatelli, maccaruni 'i casa o ricci di donna, i fileja sono diffusi soprattutto nelle zone di Vibo Valentia e Tropea, dove vengono insaporiti con ragù corposi, che rappresentano il sugo tipico dei giorni di festa.
Fregula
Semola di grano duro e acqua: questi gli ingredienti alla base della fregula sarda, uno dei prodotti più particolari della cucina locale, presente fin dal Medioevo. Si tratta di piccoli granelli ottenuti facendo roteare l'impasto, messi ad asciugare al sole su un apposito setaccio di crine e ricoperti con un canovaccio. Le origini del nome sono da rintracciare nel latino ferculum, diventato fregolo in volgare, ovvero briciola, a indicare la piccola dimensione della pasta. Solitamente servita in minestre brodose di pesce, verdure o carne, la fregula richiede una grande manualità: fra i detti popolari, infatti, il vecchio proverbio “koiaimì ca sciu fai frégula”, ovvero “datemi marito perché so fare la fregula”.
Prima dell'avvento delle patate, erano le zucche a dominare i ripieni delle paste fresche, perfette per consistenza e capacità di conservazione. In Piemonte, così come in Friuli Venezia Giulia, la zucca divenne parte dell'impasto, insieme a uova e farina, un mix di ingredienti che dà vita a gnocchetti morbidi molto popolari anche in Veneto e Valle d'Aosta, dove vengono gratinati al forno e ricoperti di fontina. Da sempre piatto di festa, lo gnocco di zucca per i piemontesi rappresenta da secoli un'alternativa a basso costo dei ravioli di carne, solitamente preparati nelle grandi occasioni.
Lasagne
La più celebre delle paste emiliane, un piatto che ha fatto il giro del mondo e soprattutto una delle paste più antiche, già presente ai tempi dei romani, che la cuocevano nel lasanum, una sorta di pentola. Qui potete leggere origine e storia tra ricette e aneddoti delle lasagne. Oggi, a interpretare questa antica tradizione, in Emilia sono le sfogline, donne dedite, in casa o nei ristoranti, alla preparazione di una sfoglia sottilissima e ricca di uova impiegata per tagliatelle, tortellini e lasagne. Il condimento classico è il ragù alla bolognese, perfetto accompagnamento per celebrare l'abbondanza della tavola nei giorni di festa.
Maccaruni
I maccaruni cambiano forma e dimensione a seconda delle trafile utilizzate nel torchio, strumento indispensabile per realizzare questa pasta di acqua, semola e altre farine come quella di segale. Il loro luogo d'origine è la Sicilia, dove un tempo venivano preparati sulla sbria, una spianatoia in legno sostenuta da due trespoli, gustati in purezza oppure, più comunemente, nella versione timballo. Il pasticcio di maccaruni, infatti, è uno dei piatti più in voga per le feste di Natale, e il simbolo della festa di San Giuseppe a Palermo. Citati anche ne “Il Gattopardo”, questa specie di bucatini dal diametro più grande e la forma irregolare, si sono diffusi ben presto anche in Calabria, dove hanno trovato terreno fertile soprattutto in occasione dei pranzi di nozze.
Malloreddus
Il termine malleolus era già usato in latino per indicare un tipo di gnocco, ma nella lingua sarda si è conservato con il diminutivo di malloreddu, ovvero piccolo gnocco. Questa pasta di semola, acqua e sale dalla particolare forma a conchiglia si trova spesso colorata di giallo con lo zafferanno, soprattutto in occasione della festa dei defunti, quando viene condita con ragù di carni. Ne esistono molte varianti, ma in qualsiasi caso stiamo parlando di un piatto di festa per antonomasia, per tempo protagonista dei pranzi nuziali e dei festeggiamenti in occasione dei fidanzamenti. Vengono generalmente serviti con sughi di carni oppure una classica salsa di pomodoro e basilico.
Natalin
Per il pranzo di Natale e la cena della Vigilia, la tradizione ligure più antica impone il consumo del brodo di trippa. Ad arricchire questa zuppa, i natalin, dei cannolini lisci schiacciati con le estremità tagliate di sbieco, simili a quelle delle più note penne. Chiamati a Genova semplicemente maccheroni, i natalin in to broddo vengono impreziositi con pezzi di salsiccia, a simboleggiare ricchezza e prosperità in periodo di festa. Nel Levante, vengono passati prima in una pastella di uovo sbattuto, formaggio e maggiorana, e poi tuffati nella minestra.
Orecchiette
Formato pugliese per antonomasia, le orecchiette sono tipiche della zona di Bari e risalgono al periodo fra il XII e il XIII secolo. Ogni pezzetto di impasto viene trascinato sulla spianatoia con lo sferre oppure con la punta del dito, fino a ottenere la tipica forma tonda concava, perfetta per accogliere i sughi più ricchi. Secondo una delle ipotesi più accreditate, questa tipologia di pasta trae ispirazione da un prodotto della Francia del Sud, dove venivano preparate con farina di grano duro e vendute secche, ideali per essere conservate a lungo dai marinai durante i loro viaggi. Un tempo, il condimento tradizionale era il ragù di castrato, ma oggi sono le cime di rapa a farla da padrone, anche se esistono anche altre versioni, come quella con il soffritto di acciughe tipica di Conversano.
Passatelli
Non proprio una pasta, ma sicuramente uno dei primi piatti più in voga nel periodo natalizio e, più in generale, nella stagione invernale: i passatelli sono un classico intramontabile della cucina emiliana, presenti anche in Umbria. Si preparano con parmigiano, pangrattato, uova, midollo di bue, spezie (noce moscata e pepe in primis), un impasto sodo che viene fatto passare in un apposito attrezzo forato, da cui si ottengono dei cilindretti lunghi, da cuocere in brodo.
Sagne
Fra i formati che più di tutti accomunano le regioni del Centro Italia, le sagne, pasta di origine abruzzese da tempo condivisa anche con Umbria, alto Lazio, Molise e Marche, con le dovute variazioni locali. Si tratta di strisce di pasta di farina, acqua e uova (alle volte anche farina di farro) spesse e varie dimensioni, generalmente abbinate con i fagioli, in una sorta di zuppa gustosa e nutriente consumata durante la cena della Vigilia.
Strascinati
Non è facile tracciare le origini degli strascinati, termine con cui si intendono diversi tipi di pasta, tutti accomunati dalla pratica di “strascinare” con il dito l'impasto, per ottenere dei pezzi allungati e appiattiti. Una specialità condivisa fra Campania, Basilicata, Calabria e Puglia (dove vengono spesso preparati con grano arso), e che cambia nome a seconda della preparazione. Possono essere più o meno ampi, con bordi più o meno sollevati, tirati a mano o con strumenti particolari, purché non manchino sulla tavola nelle grandi occasioni.
Tortelli
Il nome deriva dal latino turta e indica una preparazione farcita: inizialmente, infatti, la turta era una sorta di torta rustica composta da due strati di pasta e ripiena di verdure. Preparazione di origini remote, i tortelli sono presenti già nei primi ricettari in volgare, seppur con formati diversi, e oggi sono consumati un po' in tutto il territorio. Quelli preparati in occasione della vigilia, solitamente, sono farciti con ricotta oppure spinaci o zucca.
Tortelli di zucca
Mezzelune o ravioli rettangolari di pasta all'uovo ripieni di zucca mantovana, amaretti, mostarda di Cremona, parmigiano e noce moscata. Molto diffusi anche nelle zone di Cremona e Brescia, i tortelli di Mantova venivano preparati un tempo in occasione della vigilia di Natale, conditi con abbondante burro e parmigiano. Oggi, sono consumati anche durante il resto dell'anno, ma restano comunque un classico intramontabile delle Feste. A rendere speciale la ricetta, l'utilizzo della zucca del territorio, caratterizzata dalla dolcezza pronunciata, tanto da essere impiegata per tempo come dolcificante in mancanza dello zucchero.
Tortellini
Un antico racconto popolare narra che, nel corso del Duecento, una marchesa giunse a Castelfranco Emilia e si fermò in una locanda chiamata Corona. L'oste, affascinato dalla giovane donna, dopo averla accompagnata in camera, rimase a spiarla dal buco della serratura, restando colpito dal suo ombelico. Tornato in cucina, decise di ispirarsi alla marchesa per dare una nuova forma alla pasta. È questa una delle leggende più amate circa la nascita del tortellino, solitamente consumato il giorno di Santo Stefano a Roma e il giorno di Natale in Emilia. Nel tempo, poi, storie e aneddoti diversi sono andati a sovrapporsi fino a creare un vero mito attorno a questa pasta. Qui trovate origine e storia dei tortellini e dell'accoppiata vincente con il brodo.
A ogni modo, si tratta di una delle paste ripiene più diffuse in tutta la regione, e come spesso accade, non esiste una ricetta unica per la farcia, che cambia di famiglia in famiglia. Per il condimento, spazio alla fantasia: dal ragù di carne al classico sugo di pomodoro, dal brodo alla panna (quella buona!).
Trofie
Dei pezzetti di impasto acqua e farine sfregati fra le mani fino a ottenere la tipica forma a fusillo, un po' più chiuso e allungato. In origine nate per soddisfare le esigenze delle famiglie meno abbienti, le trofie sono preparate con farina di grano arricchita con crusca o patate, o pane, oppure ancora farina di castagne e acqua. Oltre al condimento con fagiolini, pesto e patate, vengono spesso consumate anche solo con pesto, oppure pesto e fave a Recco, anche se il formato oggi viene impiegato per tanti tipi di sughi diversi. Due le teorie all'origine del nome: la derivazione greca trophè, che significa nutrimento, oppure il dialetto genovese strogissià, strofinare. Fra le preparazioni storiche delle trofie, quella a base di formaggella fusa di latte vaccino tipico della Valbrevenna.
Volarelle
Nella provincia dell'Aquila, nei mesi più freddi, non c'è niente di meglio della zuppa di volarelle, dei quadretti di acqua e farina fritti in olio di oliva e serviti in brodo al posto del pane tostato. Un piatto tipico delle feste di Natale, periodo perfetto per il brodo di cardi e volarelle. A Capestrano, invece, vengono preparate in minestra, con i fagioli del territorio o altri legumi. Per il brodo natalizio, si utilizzano rigaglie, carne e polpettine piccole, delle dimensioni di un pisello, oltre al cardo aquilano. L'usanza di friggere la pasta e completare poi la cottura nel brodo è molto antica e risale al tempo dei romani, che friggevano un particolare tipo di sfoglia chiamata catillus ornatus.
Ziti
In diverse regioni, specialmente quelle del Sud Italia, gli ziti sono la pasta tipica dei giorni di festa, preparata in particolar modo in occasione dell'Epifania. In Sicilia, un tempo i maccarune di zita erano il piatto simbolo dei matrimoni, conditi con stufato di maiale e portati in dono a tutti i vicini di casa, come segno di buon augurio. Oggi, vengono consumati soprattutto nella versione timballo, riservata alle grandi occasioni.
La ricetta: Tortellini
Ingredienti
Per la pasta
- 350 g. di farina
- 4 uova
- Per il ripieno
- 250 g. di lombo di maiale
- 150 g. di prosciutto di Parma affettato
- 200 g. di mortadella affettata
- 80 g. di parmigiano grattugiato
- olio extravergine di oliva q.b.
- 1 uovo
- Sale q.b.
- Pepe q.b.
- Noce moscata q.b.
Tagliate il lombo di maiale a fette. Scaldate un filo d'olio in una padella e rosolate la carne a fuoco vivace pochi minuti per parte. Quando ha preso un colore deciso, insaporitela con sale (poco) e pepe, ritiratela dal fuoco e lasciate raffreddare quindi tagliatela a pezzi e raccoglietela nel bicchiere del mixer con il prosciutto e la mortadella. Frullate fino ad ottenere un composto non troppo sottile perché i tortellini sono molto più buoni se, masticando, si riesce a sentire la carne. Travasate il tutto in una terrina e unitevi l'uovo intero, una grattatina di noce moscata e il parmigiano. Mescolate, impastando con le mani, fino ad ottenere un amalgama consistente. È consigliabile, ma non necessario, far riposare l'impasto per una notte.
Preparate la pasta con uova e farina lavorandola a lungo, quindi tirate la sfoglia sottilissima (se utilizzate la macchinetta, effettuate l'ultimo passaggio nell'ultimo spessore) e ricavatene dei quadrati di circa 3 cm di lato. Disponete al centro una piccola nocciola di composto, ripiegate a triangolo e premete un poco tutto intorno per sigillare quindi avvolgete il triangolo (punta in alto) attorno alla sommità dell'indice e fate combaciare le estremità stringendole. Lasciate riposare i tortellini anche per un giorno e fateli cuocere per non più di due-tre minuti. Per apprezzarli in pieno, i tortellini si mangiano in brodo, meglio se di manzo e cappone.
a cura di Michela Becchi