A me piacciono molto gli spaghetti all’assassina, che ho conosciuto anni fa in un ristorante di Bari, conversando a fine cena con un produttore di pasta che insistette per farcela provare in questo modo strano. Era prima che i maledetti food influencer la scoprissero e pensassero, dopo la carbonara, di codificare a capocchia pure questa tradizione.
Dopo aver capito cosa fosse quella pasta bruciacchiata e deliziosa (adoro il pomodoro, l’aglio e il peperoncino), l’ho rifatta più volte, seguendo indicazioni fintamente tassative di quelli che per darsi un tono devono dire agli altri come si fa. Finché, qualche giorno fa, mi è caduta in testa la mela di Newton: avevo avanzato degli spaghetti al pomodoro e il giorno dopo li ho saltati senza pietà con altro aglio e tanto peperoncino. Senza risottare da crudo (perché?), senza il patetico brodo di concentrato di pomodoro (riperché?). Erano buonissimi, in quel modo semplice e – non ci sono sottintesi politici sovranisti – italiano di cucinare e mangiare, con attenzione tutta contadina al recuperare, non sprecare e riscaldare.
Le inutili complicazioni
Proprio perché tutto tende violentemente all’inutile complicazione, con il contorno di talebani delle tradizioni inventate, perché la qualità dell’alimentazione famigliare declina con il passare del tempo e a ogni passaggio di generazione, perché anche quello che non dovrebbe costa sempre assurdamente di più, bisogna tornare a giocarla semplice e a mangiare semplice, soprattutto nel quotidiano.
Resistenza, a partire dal cibo
Che vuol dire anche praticare un po’ di sana resistenza, anche profondamente politica, al nonsenso che ha invaso troppe dimensioni delle nostre vite, a partire dall’alimentazione. Praticando un sano “e sticazzi?” di fronte a complicazioni inutili, recuperando il senso (che in città come Milano si tende a perdere) “igienico” del costo delle materie prime e dei prodotti (riusciranno le colombe pasquali “griffate” a superare in esosità i panettoni?), applicando un occhio molto più critico ai troppi spacciatori di scemenze sulla piazza dell’informazione. Tornando, noi e i nostri figli, consumatori così consapevoli da potersi anche divertire con le scemenze dei vari chef Ruffi, dall’originale a quelli che si prendono assai sul serio e sono meno divertenti, ma quando si tratta di una cosa seria come mangiare lo sanno fare da italiani, con lo straordinario della semplicità.
Gli scagnetti e le lucciole di Pasolini
Straordinario che oggi è in dubbio, direi in pericolo, con lo sparire di quella società e di quella biodiversità, culturale (e agricola), che l’hanno sorretta e tramandata, ovviamente modernizzandola come tutte le tradizioni che si rispettano. Biodiversità per cui in Molise, nei freddi giorni d’inverno, mangi lo “scattone”, una zuppa di acqua della pasta – qualche (poche) Scagnetti acqua e farina e vino rosso – che si trova solo lì ed è buonissima. Speriamo che lo scattone non faccia la fine delle lucciole di Pasolini e sparisca o, peggio, finisca nelle grinfie di qualche pirla di soi-disant chef digitale che lo codificherà per farsi bello in qualche modo per cui la nonna molisana media gliele avrebbe suonate con la cucchiarella di legno. Intanto provatelo così, lo scattone, finché è libero: è più buono di quanto la descrizione faccia pensare.
KISS. Keep It Simple, Stupid
Se febbraio non è tardi per i buoni propositi per il 2024, vorrei formulare questo: che contro il casino del mondo, anche a tavola quest’anno fosse l’anno del KISS. Non solo baci, che servono sempre, ma il principio dei buoni progettisti di qualunque cosa che recita “Keep It Simple, Stupid” (tienilo semplice, stupido). Con il ben di Dio che ci circonda, noi italiani abbiamo solo da guadagnare dal giocare semplice.