Ogni estate c'è un tormentone estivo ma ce ne è stato uno in particolare che ha fatto canticchiare più o meno tutti, è “Vamos a la playa” dei Righeira. Il duo composto da Johnson Righeira e Michael Righeira sono gli autori anche di “No tengo dinero” e “L'estate sta finendo”. Ora, Johnson (nella vita Stefano Righi) si è messo a produrre vino in anfora.
Intervista a Stefano Righi, in arte Johnson Righeira
Sappiamo che il 14 settembre, alla Douja d'Or di Asti, sarai al centro di un talk in cui presenterai il tuo progetto vitivinicolo.
Sì: da quando vivo nel Canavesee produco un Erbaluce in anfora. Per ora si tratta di una produzione assai piccola, visto che fra poco uscirò con 600 bottiglie, ma il prossimo anno - se non ci saranno problemi con il clima - saliremo a 1500 bottiglie. Così dice il mio enologo Vittorio Garda, un produttore giovane e preparato che ha quel tocco di coraggiosa follia che serviva a me per uscire dai soliti schemi dell'Erbaluce.
Con tutti i concerti che tieni, chi te l'ha fatto fare d'imbarcarti in un'attività così difficile?
Io sono nato e cresciuto in città, come i miei genitori, la scoperta della campagna caratterizza questa fase della mia vita. Una volta trasferitomi, cimentarmi nella produzione del vino è stata una cosa naturale: avevo della terra e delle vigne, e amo i vini: perché non provarci? Io poi sono un amante della tavola a tutto tondo: figuratevi che nei miei contratti c'è sempre una postilla che impegna il manager, quando sono in tournée, a portarmi a mangiare nelle trattorie tipiche: è l'unico momento a disposizione per conoscere il luogo in cui mi esibisco, è il mio modo di fare il turista.
Eppure tanti tuoi colleghi sono perennemente a dieta...
Oppercarità, non sono come quelli che mangiano sempre le stesse cose: che noia! Proprio a Marotta ho scoperto che ad aprile si svolge la sagra dei garagoi, dei molluschi marini che in cucina necessitano una preparazione assai lunga: il racconto mi ha così affascinato che il prossimo anno ci andrò apposta! Del resto quelli sono dei posti speciali, è lì che Enrico Ruggeri ha scritto “Il mare d'inverno”.
Come si chiama il tuo vino?
Kutu: in piemontese la parola "cutu" significa stupido, e Kottolengo è la mia attuale etichetta discografica. Si tratta di un progetto artistico "adulto": la mia vita è stata tutta un "cottolengo", e poi Kutu suona punk, un pò alla Schiantos.
Decisamente poco politically correct, non si è offeso nessuno?
Ho avuto anch'io questo dubbio, ma quando due anni fa ho conosciuto delle suore che si trovavano nel wine bar di un amico per un aperitivo, a San Giorgio Canavese, ho esposto loro il mio progetto: lo hanno trovato così divertente da chiedermi di farsi fotografare insieme a me e a una bottiglia di Kutu! Insomma, questa approvazione dai "piani alti" mi ha confortato e fatto capire che era evidente l'obiettivo ironico e goliardico del nome.
Che distribuzione ha il tuo Kutu?
Vista la piccolissima produzione, per ora mi limito a farlo girare in pochi ristoranti e in negozi selezionati, ma dal prossimo anno conterei di distribuirlo in modo tradizionale.
Il vino aiuta a suonare?
Dipende dai quantitativi! Se sei troppo bevuto, non riesci a fare un cazzo in tutte le cose della vita: anni fa, in un concerto a Torino, sono salito sul palco dopo aver alzato un po' il gomito. Il giorno dopo, rivedendomi in un filmato, quasi non mi riconoscevo per come ballavo. Un po' di euforia rende le performance più divertenti, certo, ma solo se non si superano i limiti.
Qualche tua canzone è stata ispirata dal vino? Si diceva che L'estate sta finendo sia stata scritta in riva al mare, davanti a un tramonto e un calice di vino...
Si tratta di una fake news. L'estate sta finendo l'ho scritta quando avevo 25 anni e ancora non bevevo. È però vero che condivido la passione dei vini con diversi artisti: ad esempio Gazebo, l'autore di I like Chopin, e Omar Pedrini, l'ex leader dei Timoria che fra parentesi è appena uscito con un disco, bellissimo. Ma il più grande esperto che io conosca è il comico Gianluca Impastato, lui è un conoscitore dei Barbareschi.
Cosa pensi dei vini naturali?
Penso siano in buona parte una moda, un po' come anni fa faceva figo parlare di vini barriccati. Credo che il fenomeno si ridimensionerà con il tempo, sopravviveranno solo i prodotti di qualità: tanto per fare un esempio, di recente ho assaggiato degli orange wine del tutto imbevibili, mentre altri sono notevoli. Ciò detto, la mia produzione è biologica: trattare la terra in modo sano è un dovere.
Farai altri vini?
Sto pensando un rosso... io sono un barberista, quindi penserei a un uvaggio di Barbera e Nebbiolo, ma come in tutte le cose che ho fatto nella vita, lascerò che sia lei a decidere per me. Una cosa nuova, però sta per uscire: lo scorso anno mi sono concesso il lusso di mettere da parte un pò di Erbaluce per provare a fare una bolla col metodo classico: stiamo a vedere.
a cura di Marco Lombardi