Oggi, nove anni fa, si spegneva prematuramente Stefano Bonilli, il fondatore del Gambero Rosso. Dopo un’importante carriera giornalistica che lo aveva portato ad occuparsi di politica, esteri, economia e terrorismo negli anni Settanta e Ottanta, Stefano approda al Manifesto, dove nel 1986, tra l’altro, dà vita ad una piccola rubrica settimanale dal nome Gambero Rosso.
Chi è Stefano Bonilli
Nato in provincia di Verona, ma bolognese di adozione, folgorato sulla via di Damasco da una cena preparata da Mirella e Peppino Cantarelli nell’omonima locanda a Samboseto di Busseto (PR), intuì che l’enogastronomia non era solo una questione da ghiottoni, ma un settore della nostra cultura materiale che interessava migliaia e migliaia di consumatori curiosi e golosi in un momento di grande rilancio della nostra cucina e della nostra enologia. La rubrica diventa un supplemento di interesse nazionale, che fa il suo esordio con il famoso editoriale I neoforchettoni. Il Gambero Rosso all’inizio degli anni Novanta è una casa editrice indipendente, e la rivista - come la Guida dei Vini d’Italia (prima edizione 1988) e la guida Ristoranti d’Italia (prima edizione 1991), l’Almanacco dei Golosi diventano i libri di testo di una generazione di appassionati e incontrano un successo travolgente.
La nave pirata
Lo spirito? Parlare al consumatore con parole semplici, raccontando senza orpelli le mille esperienze enologiche e gastronomiche – italiane e internazionali - sue e della squadra di appassionati specialisti che aveva assemblato. Gambero Rosso Channel, - forte delle esperienze di “Di Tasca nostra”, “Mi manda Lubrano” e “Mi manda Rai3” di cui era autore - la Città del Gusto, l’Academy che forma i professionisti del settore, le centinaia di eventi internazionali che hanno per protagonista il vino italiano sono tutti sviluppi delle sue geniali intuizioni. E della passione di un gruppo di collaboratori che ha sempre gettato il cuore oltre l’ostacolo.
“Siamo una piccola nave pirata” amava ripetere. Il nostro spirito, ancora oggi, nel mondo della globalizzazione, è questo. Grazie Stefano.