La Liste. Come funziona
La stagione delle classifiche volge al termine, ma poco ci vorrà prima di ricominciare a ballare. E sarà proprio la Michelin a riaprire le danze, all’inizio del 2018, con una nuova edizione della sua guida di punta, quella dedicata alla Francia (mentre all’orizzonte si profila l’esordio di un nuovo progetto che mette in fila l’alta ristorazione, i World Restaurant Awards, con la complicità di Andrea Petrini, a maggio 2018). Prima però, puntuali come da 3 anni a questa parte, arrivano i risultati de La Liste, graduatoria internazionale di ristoranti blasonati fondata sul meccanismo tortuoso – se non addirittura controverso – ideato da Jorg Zipprick. Alla base della compilazione, che premia 1000 ristoranti tenendo conto del giudizio di 550 (un numero in crescita costante, fino all’anno scorso erano 400, per una copertura di 165 Paesi) tra guide gastronomiche, giornali, riviste del settore e siti web, un algoritmo “infallibile” avallato dall’ente del turismo francese che per primo, nel 2015, sposò il progetto, con il sostegno del Ministero degli Esteri, per valorizzare la ristorazione di qualità nel mondo. Un atto di mecenatismo gastronomico tacciato sin dall’inizio di favoritismi nei confronti delle insegne francesi, espedito – sostengono sin dalla prima edizione i più scettici – come risarcimento per la scarsa considerazione che la ristorazione nazionale ottiene nella World’s 50 Best Restaurant (ma ricordiamo che l’ultima cerimonia di premiazione, dall’Australia, ha celebrato il quarto posto di Mauro Colagreco, italo argentino di stanza a Menton, Costa Azzurra).
Guy Savoy in testa
Senza troppe sorprese, anche La Liste 2018, resa nota appena qualche giorno fa, vede saldamente in testa, per il secondo anno consecutivo, Guy Savoy (neanche a dirlo, uno chef francese). L’elegante tavola parigina del VI arrondissement mantiene anche il punteggio lusinghiero del 2017, piazzandosi al primo posto con 99.75/100. Seguono, al secondo piazzamento pari merito con 99.50, Kyubey in Giappone e (ancora) la cucina francese di Le Bernardin a New York. Terzo gradino del podio per Plaza Athenée di Alain Ducasse a Parigi, il ristorante dell’Hotel Ville de Crissier in Svizzera e Eleven Madison Park a New York. Tutti premiati a quota 99.25. A 99 punti, invece, si attesta un gruppo nutrito di indirizzi blasonati, da El Celler de Can Roca a Martin Berasategui– entrambi spagnoli - al The French Laundry in California.
Gli italiani in lista
Seguono, a 98.75, tante dele tavole più apprezzate dai gourmet internazionali, Osteria Francescana e Le Calandre comprese: le insegne di Massimo Bottura e dei fratelli Alajmo ottengono così il quinto punteggio utile (l'anno scorso, però Bottura saliva sul podio, con il punteggio di 99.25), e guidano lo schieramento degli italiani, che pure è numeroso, con il Reale di Niko Romito e La Pergola di Heinz Beck a 97.75, Dal Pescatore a 97.50, Uliassi a 97.25. Più giù, con 95.25, Villa Crespi e la cucina di Antonino Cannavacciuolo, poi, a 94.50, Da Vittorio dei fratelli Cerea. Sopra i 90 anche Don Alfonso e La Peca (94.25), La Madia (93.75), Taverna Estia (93.50), il Duomo di Ragusa (93.25), Danì Maison (92.75), Enrico Bartolini al Mudec (91.75), Il Luogo di Aimo e Nadia, Piazza Duomo, Seta e il Piccolo Lago (91.25), Vissani (91), Enoteca Pinchiorri (90.75), Al Sorriso (90.50).
La rivincita della Cina
Ma è la Cina a confermarsi meta gastronomica in grande spolvero, rivendicando la presenza in lista di ben 123 insegne, contro le 118 della Francia, che la segue da vicino. La corona della classifica per nazioni, però, spetta anche quest’anno al Giappone, con 134 indirizzi, a sottolineare il predominio dell’Estremo Oriente. Quarto piazzamento per gli Stati Uniti, con 188 insegne. Stasera la cerimonia di premiazione al Quai d’Orsay, officiata come di consueto dal ministro degli Esteri Jean Yves Le Drian.
a cura di Livia Montagnoli