Il pandoro Melegatti. Le origini
Il Pandoro Originale dal 1894, recita lo slogan di casa Melegatti. E le foto d'epoca dell'album di famiglia non fanno che confermare la longevità di un'attività che ha attraversato la storia dell'industria dolciaria italiana, dal primo brevetto ricevuto da Domenico Melegatti per aver inventato il nome, la forma e la ricetta del pandoro (era il 14 ottobre 1894) all'internazionalizzazione della produzione. Di fatto, il guizzo del fondatore del laboratorio veneto, all'epoca, fu quello di reinventare una tradizione veronese legata alla vigilia di Natale, quando le donne si riunivano per impastare insieme il cosiddetto “levà”: farina, latte e lievito, che l'intuizione di Melegatti arricchiva con burro e uova. Dieci ore di lievitazione, ed ecco pronto “il pan de oro”, come la leggenda vuole fosse additato con sorpresa da un garzone di bottega, davanti alla prima fetta illuminata da un raggio di sole. Licenze poetiche sfumate dal tempo, e molto marginali nei giorni in cui, sui due stabilimenti di Verona imperversa la tempesta; la crisi aziendale, per dir la verità, è affare ben più prolungato nel tempo, ma nell'ultimo anno la situazione si è ulteriormente aggravata, fino all'allarme lanciato dagli operai di Melegatti qualche giorno fa, dopo molte settimane senza stipendio.
La crisi dell'azienda
Il bilancio delle “vittime” parla di 90 lavoratori in cassa integrazione dallo scorso 5 ottobre, e il rischio che la produzione si interrompa proprio nel periodo più importante dell'anno per un'azienda che produce pandori è alto. Ecco spiegati i titoli allarmanti degli ultimi giorni, che paventano un Natale senza pandoro Melegatti. Fuor di allarmismo, comunque, la situazione resta preoccupante. Specie considerando la storicità del marchio. Solo all'inizio del 2017 Melegatti inaugurava un nuovo stabilimento a San Martino Buon Albergo, deputato alla produzione di croissant, eppure all'inizio dell'autunno il bilancio della ditta dolciaria parla chiaro: arretrati non pagati, bollette inevase, stop forzato della produzione, lavoratori stagionali (quasi trecento) lasciati a casa. E dipendenti costretti a ritrovarsi in prefettura, per reclamare quanto gli spetta. Proprio l'apertura del nuovo stabilimento, affrontata forse con leggerezza, potrebbe essere causa della situazione attuale: per saldare i debiti (10 milioni di investimento, a fronte di un fatturato annuale di 70 milioni), infatti, la proprietà è stata costretta, negli ultimi mesi, a rinviare i pagamenti di dipendenti e fornitori delle materie prime. Il passo verso la chiusura per fallimento potrebbe essere brevissimo.
Scontro ai vertici. Come salvare Melegatti?
E i sindacati già auspicano l'arrivo di un nuovo acquirente, o di un finanziatore, che risollevi le sorti aziendali. Mentre l'assenza al tavolo delle trattative dell'attuale presidente di Melegatti, Emanuela Perazzoli, fa propendere per l'approdo della vicenda in Parlamento, perché il governo possa intervenire su una questione di rilievo nazionale: nella provincia di Verona, anche grazie a Melegatti, il settore dei dolci da ricorrenza vale quasi un miliardo di euro, e dà lavoro a molte famiglie. Una soluzione, però, potrebbe esistere già all'interno dell'azienda: Michele Turco, azionista di minoranza di Melegatti, si è detto pronto a un aumento di capitale, che salverebbe la ditta, la produzione e i lavoratori. Ora si attende il consenso degli azionisti di maggioranza - la famiglia Ronca - finora ostili, pure per incomprensioni che oppongono le due famiglie da decenni. Lo scontro definitivo, in occasione del prossimo consiglio d'amministrazione, è fissato per il 30 ottobre. Poi, forse, sapremo se il pandoro Melegatti arriverà in tavola il prossimo Natale.
a cura di Livia Montagnoli