Il progetto
Fornire spazi commerciali a prezzi accessibili, assistenza tecnica e accesso alle opportunità di mercato a tutte le aspiranti imprenditrici con difficoltà economiche. È questa la missione, semplice e chiara, de La Cocina, progetto nato nel 2005 a San Francisco fra le strade multietniche del Mission District, dove il cibo è da sempre l'elemento di principale condivisione fra le tante comunità presenti. Un'iniziativa nata per formalizzare un'attività già esistente, quella degli home restaurant del quartiere, oggi divenuti forme di business a tutti gli effetti grazie al lavoro di organizzazioni come Arriba Juntos, The Women's Initiative e The Women's Foundation of California, che insieme a un benefattore anonimo hanno dato vita a un incubatore pensato per sostenere le imprenditrice del mondo alimentare, soprattutto quelle provenienti dalle comunità di immigrati. L'obiettivo? Dare loro la sicurezza finanziaria necessaria per proseguire il proprio percorso nel settore del cibo. La Cocina, dunque, si occupa di sostenere i costi di start-up per l'apertura di ristoranti, quelli per ottenere spazio sugli scaffali dei negozi specializzati e dei rivenditori. Una piattaforma che si propone di aiutare le donne ad affinare le proprie capacità e inserirsi con successo nell'industria alimentare, con tutte le carte in regola, seguendo le norme vigenti e i controlli del settore.
Come funziona
Attualmente, sono 33 le imprese emergenti all'interno del progetto, realtà che hanno contribuito a generare nuovi posti di lavoro per le comunità del distretto, e che si occupano oggi di vendere prodotti a livello nazionale e internazionale. “C'erano tante donne che vendevano cibo illegalmente, in strada o nelle loro case, e c'era un grande bisogno di creare per loro un percorso di crescita”, ha dichiarato Jessica Mataka, socia per lo sviluppo e la comunicazione de La Cocina a Eater, sito americano specializzato. A guidare l'incubatore oggi è Calbe Zigas, fin dall'inizio coinvolto nel progetto. “In questo modo, le donne non hanno solo l'opportunità di avere un lavoro retribuito, ma anche di creare un'attività propria, qualcosa di personale che le rappresenti”. Sovvenzionate da La Cocina per cinque anni, periodo di tempo sufficiente per avviare al meglio un'impresa e acquisire tecniche e conoscenze necessarie per continuare da sole. Naturalmente, i posti sono limitati: sei volte l'anno, l'incubatore organizza delle giornate di orientamento per le aspiranti imprenditrici, alla fine delle quali solamente tre donne vengono inserite nel programma. “Valutiamo le aziende in base al loro spirito imprenditoriale e alla fattibilità del prodotto”, spiega Mataka, “dobbiamo capire se si tratta o meno di un progetto che potrà avere successo in un mercato molto competitivo come quello attuale”.
Le protagoniste
Storie di donne, di madri, di cuoche con un sogno e una passione in comune: quella per la buona tavola. Donne come Alicia Villanueva, ideatrice di Alicias Tamales Los Mayas, servizio di catering di tamales, involtini ripieni di carne e verdure tipici della cucina messicana, fatti a mano con ingredienti in arrivo direttamente dal Messico, serviti a oltre 80 compagnie e presenti anche durante festival ed eventi gastronomici. Dopo aver finito il suo percorso con La Cocina nel 2010, Alicia ha deciso di mettersi in proprio insieme a 14 impiegati in uno spazio ad Hayward. E poi Reem Assil, con le sue Oakland bakery e Reem's California, basata sullo street food arabo, e un nuovo progetto in arrivo circa un ristorante in collaborazione con lo chef Daniel Patterson. E tante altre imprenditrici che hanno poi creato una rete di contatti, contribuendo alla crescita del progetto: Alicia, per esempio, ha incoraggiato le sue impiegate ad applicare per il programma dell'incubatore, e una di queste, Guadalupe Guerrero, è stata accettata e aprirà presto un locale a suo nome, El Pípila, nel quartiere di SoMa a San Francisco. Una realtà che non smette di sorprendere, creando progetti sempre nuovi e originali. Nei piani futuri, l'apertura di una food hall gestita interamente da donne nella zona di Tenderloin, ghetto della città e rifugio di immigrati e senzatetto.
a cura di Michela Becchi