Qualcuno ricorderà l’espressione di disgusto dipinta sul volto dei parigini quando qualche mese fa in Place Vendome, elegante scorcio cittadino grondante storia e patriottismo, comparve da un giorno all’altro il grande albero gonfiabile ideato da Paul McCarthy, provocatorio artista statunitense – ormai settantenne - impegnato a più riprese nella disamina di un mondo dominato dal consumismo. Più volte vandalizzato e poi smantellato per volere dello stesso artista, gli scatti di The Tree fecero il giro del mondo scatenando il sarcasmo della rete. Oggi quell’opera è confluita nell’installazione (Trees) che accoglie i visitatori davanti allo scalone d’onore del Museo Monnaie che fino al prossimo 4 gennaio ospiterà la Chocolate Factory di McCarthy, inaugurando una nuova stagione culturale sotto la guida di Chiara Parisi.
L’idea è nata sette anni fa a New York, come critica alle derive del consumismo che impongono una produzione massiva e standardizzata, messa in scena attraverso la realizzazione di una sorta di set cinematografico che replica le dinamiche di una fabbrica di cioccolato. Come un novello Willy Wonka, McCarthy replica in trasferta (all’interno della Sala Duprè) la sua “factory” che non sembra aver paura di scadere nel kitsch – come le inservienti in parrucca bionda e giacca d’ordinanza che si muovono tra Santa Claus e alberi in cioccolato – e pur nella sua dimensione artistica produce a ciclo continuo – saranno 15mila pezzi entro il termine dell’esposizione - vero cioccolato (nero carupano al 70% dal Venezuela, selezionato da Guy Savoy). Una rappresentazione di serialità che sembra ben accordarsi con il ruolo dell’edificio, Zecca adibita al conio di monete.
Disponibile in due forme da 300 grammi ciascuna – Santa e Tree – le sculture in cioccolato vengono vendute a 50 euro l’una direttamente alla Monnaie, ma anche da Colette e alle Galeries Lafayette.