Carne di maiale italiana in Cina
È cominciato all'inizio di febbraio l'anno del Maiale, l'ultimo segno zodiacale dell'oroscopo cinese, che scandisce l'andamento ciclico del calendario tradizionale all'ombra della Grande Muraglia. E stando agli ultimi protocolli siglati in occasione dell'incontro tra Italia e delegazione cinese a Villa Madama, il 2019 della Cina potrebbe rivelarsi per davvero l'anno del maiale. Meglio, della carne suina. Nelle ultime settimane, per l'urgenza di arginare un'epidemia di peste suina africana - che ha ridotto del 15% il numero di scrofe d'allevamento nel Paese, determinando un aumento significativo del prezzo della carne di maiale, prodotto largamente consumato dalla popolazione - la Cina si è mossa per semplificare e aumentare il volume delle importazioni di carne suina dall'estero. Facendo registrare, per esempio, un grande acquisto sul mercato statunitense, nonostante tra i due Paesi viga una guerra commerciale che ha innalzato le tariffe di oltre il 60%. Ma il patto ratificato con il nostro Paese prescinde da questa contingenza, e sancisce il lieto fine per un affaire ultradecennale, per l'importazione di carne di maiale in Cina.
L'accordo Italia-Cina per l'export di carne di maiale
Con l'Italia, infatti, la Cina ha appena stretto un accordo sull'import di carne di maiale ben duraturo e articolato. Il protocollo, firmato dal ministro della Salute Giulia Grillo con l'ambasciatore cinese Li Ruiyu per stabilire l'accordo tra Ministero e Amministrazione Generale delle dogane cinese, prevede per l'Italia la possibilità di esportare in Cina carne di suino congelata, con la promessa di fornire anche tutte le informazioni e le procedure che regolano la macellazione dei maiali e la lavorazione della carne (dalla sezione allo stoccaggio, al congelamento) nel nostro Paese, così che la filiera sia totalmente tracciabile al momento dell'esportazione. Per la serie, meglio prevenire che curare: il livello di allerta per la peste suina, infatti, giustifica le rassicurazioni richieste all'Italia, che dovrà fornire relazioni annuali sulla situazione epidemica dei suini e certificati veterinari per l'esportazione. Pechino, dal canto suo, si riserva la possibilità di effettuare controlli e ispezioni in loco, inviando i propri esperti in Italia. Inoltre, gli stabilimenti di produzione non registrati non potranno esportare in Cina, e la carne dovrà provenire da suini nati, allevati e macellati nel nostro Paese. Prescrizioni altrettanto severe regoleranno il trasporto e l'etichettatura (redatta in cinese) della merce.
Un successo per il made in Italy
Misure determinate nel dettaglio per superare oltre 15 anni di trattative, e accolte con soddisfazione dal comparto, che parla di “uno straordinario risultato per il nostro Paese”, per dirla con le parole di Nicola Levoni, presidente di Assica, l'Associazione Industriali della carne e dei salumi. Ma perché il raggiungimento di questo traguardo è tanto importante? Finora la filiera suinicola italiana poteva importare in Cina solo prosciutto crudo e prodotti cotti. Ora, invece, un mercato dalle grande potenzialità com'è quello cinese potrà acquistare tutti i prodotti derivati dal maiale. E il risultato è tanto più positivo dati alla mano: tra il 2005 e il 2016, nei Paesi occidentali si è verificata una stagnazione del consumo di carne suina, mentre la domanda è aumentata in Paesi come la Russia, il Vietnam, la Corea del Sud, nonostante la media procapite più significativa sia comunque appannaggio dell'Europa. Ma la Cina è il primo Paese non europeo nella classifica del consumo procapite di carne suina, con 39 chili all'anno, e assorbe oltre il 20% dell'export per il prodotto specifico dell'Ue, nonostante finora abbia importato solo il 7% del suo fabbisogno complessivo. Proprio la prossima estate, a luglio 2019, Pechino ospiterà l'appuntamento annuale con le Pig Conference 2019, prendendo idealmente il testimone dall'Italia, che l'ha ospitata a Reggio Emilia nel 2018.
E in Cina arrivano anche le arance
L'accordo si inserisce nelle operazioni che hanno portato a stipulare con la Cina una serie di intese, “per un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro”, sostiene il ministro Di Maio. E anche gli agricoltori del Sud Italia hanno qualcosa da festeggiare: da oggi le arance italiane potranno volare per raggiungere la Cina, dove finora l'export era vincolato al trasporto in treno o via mare. Un'opportunità per abbattere i costi e ridurre i tempi di spedizione, a vantaggio della freschezza del prodotto.