I personaggi famosi che hanno avuto modo di gustare i tipici biscotti della città monferrina sono ovviamente molti di più. Come sono numerosi i riconoscimenti ricevuti, a cominciare dalla medaglia all’Esposizione Universale di Torino nel 1884, cui seguì il diploma di “Provveditore della Casa di Sua Altezza il Duca d’Aosta” e poi della Real Casa quando regnava Umberto I. Perché la storia dei Krumiri di Casale comincia nel 1870 quando Domenico Rossi, pasticcere casalese, mise a punto la ricetta poi ufficialmente datata 1878.
I Krumiri Rossi
Per arrivare al laboratorio dove ancora oggi vengono sfornati i biscotti che hanno reso famosa Casale nel mondo, si può dimenticare Google Maps e affidarsi solo all’olfatto. La loro fragranza pervade le vie del centro storico e ci conduce in via Lanza 17, dove spesso si potranno trovare clienti in coda, nell’attesa di entrare in negozio. La ricetta e i modi di produzione, artigianali, sono sempre quelli e, esaurita la produzione giornaliera, non resta che rassegnarsi a tornare il giorno dopo.
La storia dei Krumiri
Anna Portinaro è la nipote di Ettore che nel 1953 rilevò l’attività e con essa la ricetta originale e il brevetto dei Krumiri che già negli anni Venti del Novecento erano passati da Domenico Rossi ad Angelo Ariotti. “Il prossimo anno la mia famiglia festeggerà i 70 anni in compagnia dei Krumiri Rossi. E sarà l’occasione per raccontare dei tanti personaggi che sono passati in negozio e hanno apprezzato i nostri biscotti, da Dario Fo a Pippo Baudo, da Aroldo Tieri a Gino Bramieri. La storia più bella è però legata a Piero Angela, al pianoforte, Enzo Tortora, Gigi Marsico e Mario Pogliotti, all’epoca giovani dipendenti della RAI, che hanno composto un’Operina gioiosa ispirata da una delle poesie contenute nelle scatole dei krumiri, di cui conservo la registrazione”, racconta Anna.
La produzione e la ricetta
Fare ingresso nel negozio-laboratorio di via Lanza è un’esperienza simile a quella di Charlie che entra nella fabbrica del cioccolato. Si ritorna un po’ bambini, come nel racconto di Roald Dahl: ci sono le signore che inscatolano uno a uno i biscotti nelle scatole di latta rosse, i signori che infornano, altri che impastano, altri che estrudono e sono alle prese con macchinari dall’aria un po’ antica. Tutto avvolto in una bolla inebriante di dolcezze appena sfornate. La ricetta è sempre quella: farina di grano tenero, uova fresche (rotte a mano per preservare l’integrità del tuorlo), burro, zucchero, vanillina. Non si usa acqua, sono le uova e il burro ad ammorbidire l’impasto che viene lasciato riposare a temperatura fresca per un giorno prima di utilizzarlo per la preparazione dei biscotti.
“Da settembre a gennaio, il periodo di maggior produzione, utilizziamo entrambi i nostri due forni, ma più in là non ci spingiamo: passare a una produzione industriale sarebbe un’altra storia”, racconta Anna Portinaro che tiene a precisare che “anche le scatole usate per le spedizioni vengono preparate al massimo due giorni prima della partenza e consigliamo di gustare il prodotto entro i sette mesi dalla produzione”.
Casale era una città con una importante comunità ebraica, ora molto ridotta. Ma le attività che ruotano attorno alla splendida Sinagoga, una delle più belle d’Italia, sono ancora molte e i biscotti certificati Kosher sono presenti in alcune iniziative che tengono viva questa lunga tradizione cittadina. Nel negozio c’è sempre un bel via vai di clienti: i krumiri si possono anche acquistare sfusi e una parte significativa della produzione viene ancora venduta in città. Le commesse attingono da un cassettone in legno e vendono a peso.
Da dove derivano il nome e la forma
Rimane da chiedersi quale sia l’abbinamento migliore: con il tè del pomeriggio, con lo zabaione, con un passito, con un liquore al cioccolato? Non c’è evidentemente la risposta esatta, ognuno è libero di seguire il proprio gusto. Ma l’abbinamento con un liquore ha la suggestione di un ritorno alle origini. Perché sembra che il nome Krumiro derivi da un liquore in voga all’epoca di Domenico Rossi, a sua volta ispirato da quello di una tribù berbera dell’attuale Tunisia. Khoumir o kroumir, questo il nome della popolazione poi usato per indicare in termini spregiativi gli immigrati nordafricani che in Francia venivano usati dal padronato per sostituire gli operai in sciopero. Ma di questa consequenzialità non c’è assoluta certezza. Più sicuro il fatto che la forma arcuata del biscotto casalese sia stato un omaggio di Domenico Rossi a Vittorio Emanuele II, morto proprio nel 1878. Il Padre degli Italiani era famoso anche per i suoi baffi a manubrio che avrebbero ispirato il pasticcere. E dopo quasi 150 anni dalla loro nascita, non si può che essere d’accordo con Bill Clinton che per ringraziare di un dono di prodotti italiani scrisse: “Wonderful krumiri”.
a cura di Dario Bragaglia