La kombucha è come il Brasile, se la conosci devi mettere in conto il rischio di non tornare più indietro. Il percorso di João Penariol Junior, però, è inverso: lascia lo stato di San Paolo per trasferirsi a vivere in Italia, a Montebelluna, provincia di Treviso. Proprio da lì era partito l'avventura del nonno, Giacomo Penariol, 80 anni fa. Nel secondo dopoguerra si trasferisce in Brasile, mette su una trattoria vicino San Paolo, con tanto di cappella dedicata a Sant’Antonio. «Il sogno di nonno Giacomo era quello di produrre birra e altri prodotti fermentati, così chiese l’aiuto di un amico esperto di Montebelluna che però fu colpito dalla peste durante il viaggio. Morì in mare. Mi piace pensare che il mio progetto sia il prolungamento di quel suo sogno», esordisce João mentre mette a punto la fermentazione di una kombucha fiori di rosa e ibisco nel suo laboratorio di Camisano Vicentino.
«Sono nato in Brasile dove ho aperto un negozio di dolci, vendo solo brigadeiro, tipici panini al cioccolato, con tantissime varianti. È andata bene e ne ho aperti diversi in franchising, ma volevo altro. Avevo bisogno di qualcosa che sentissi mio». La passione per il tè fermentato, anche in questo caso, è presa dal Nord America. «Mi sono innamorato della kombucha durante una vacanza negli Stati Uniti, ho fatto dei corsi e ho iniziato a produrla in Brasile nel 2015, ero tra i primissimi. Oggi il Paese è tra i più grossi produttori di kombucha al mondo, dopo gli Stati Uniti. I brasiliani sono fissati con i prodotti salubri, che fanno dimagrire, ne consumano tantissima». Nel 2017 Joao ritorna in Veneto e mentre attende la trafila burocratica per ottenere il passaporto riprende l'attività. «La facevo a casa di un fermentatore di Treviso, ma non riuscivo a stare dietro alle richieste. Inizialmente dovevo stare tre mesi ma ho sentito un richiamo particolare in Italia. D’altronde non sono un brasiliano tipico, non mi piace il calcio e il carnevale, preferisco andare a cercare vecchie poltrone in un negozio d’antiquariato. Qui per me è casa».
Sapori italo-brasiliani
Nel 2017 parte l’avventura con il marchio BOAZ che raccoglie un’ampia raccolta di kombuche dove s’incontrano sapori italiani e frutti brasiliani. «Oggi vendiamo circa 12mila bottiglie al mese, la richiesta è molto forte. In Italia non c’è un disciplinare di produzione io mi attengo a quello diffuso in Brasile, quindi la gradazione alcolica è inferiore a 0.5 (in Italia può arrivare fino a 1,2%). Parto da una miscela di tè verde e nero, bassi contenuti di zuccheri e una tecnica fermentativa messa a punto nel tempo che mi consente di stabilizzare il prodotto, che non è microfiltrato o pastorizzato, per mantenersi anche fuori dal frigo». Durante la fermentazione utilizza la cromoterapia e la musica, con frequenze acustiche a 432 hz. «Quando sono arrivati gli ispettori dell’Asl mi hanno preso per un pazzo, ma io credo che l’energia che sprigiona la musica arrivi in qualche modo nel prodotto finale». Joao beve due litri al giorno di kombucha: «mi bastano due giorni di astinenza e sento venire meno la mia energia, vedo gli effetti sulla pelle. La kombucha non è una moda, ma una scelta consapevole ed è in piena linea con tutti gli spostamenti che stiamo vivendo dalla cucina al vino dove si cercano etichette più naturali possibili. È la risposta alla coca cola, al tè pieno di zuccheri e conservanti».
Come sulla spiaggia di Rio
«Su qualsiasi spiaggia di Rio sentirete dei ragazzi dire "olha o mate" ovvero guardate il mate. Quello è un mate con foglie appena tostate, con un gusto che assomiglia al caramello. Lo beviamo così a Rio e a San Paolo. Ho deciso di iniziare a produrlo in Italia quando un amico mi ha fatto assaggiare un mate che era prodotto in Germania. No, era davvero troppo. Non uso zuccheri ma solo foglie di stevia per bilanciare, è una bevanda energizzante, la caffeina è circa un terzo quella di un caffè ma si sente». Il prodotto che ne viene fuori è molto interessante, tra note amare e dolci in perfetto equilibrio e un finale secco e ravvivante.
Tra i prodotti che Joao importa direttamente dal Brasile c'è anche la jabuticaba, frutto scuro che usa insieme a more e mirtilli. Un'esplosione di frutti rossi, molto aromatica. «Voglio portare in Europa prodotti che non sono conosciuti, mischiare le mie radici italo-brasiliane, così mischio anche maracuja e lemongrass». Se la versione fiori di rosa e ibisco ci sembra eccessivamente aromatica, abbiamo apprezzato tantissimo la kombucha menta, rosmarino e zenzero: freschissima, vivida, con sensazioni di menta travolgenti. «Provatela anche con un gin e a avrete belle sorprese", suggerisce João. Ci ha sorpreso anche il carattere della versione Cacao e nocciole con scorza d'arancio, secca e sferzante con note tostate e amare suggestive e orginali, non per tutti. «Infatti è la più difficile da vendere, anche perché le persone sono abituate a provare quelle sensazioni su bevande calde e non fredde»
La chiusura del cerchio
In cantiere ci sono anche altri prodotti sempre sulla stessa filosofia, a partire da guaranà e acaì. «Certo, la sento la mancanza del Brasile e l'energia delle persone che sanno metterti a tuo agio in una maniera speciale. Ma la ritrovo nella kombucha. E ho un'idea ben precisa: riacquistare la casa di mio nonno che sta cadendo a pezzi a Montebelluna. Ristrutturarla e trasferire lì il mio laboratorio».