Storia della pizza in America
Frutto di un’arte antica e tramandata, simbolo della globalizzazione, popolare e democratica, la pizza piace proprio a tutti. Arrivata con i primi immigrati italiani di fine ‘800 e inizio ‘900 e mai scomparsa, è diventata un’icona della cucina a “stelle e strisce”. È infatti l’America il paese con il numero maggiore di pizzerie al mondo: secondo una ricerca condotta da BoldData sarebbero oltre 90 mila, contro le 42 mila italiane (al secondo posto), anche se, data l’estensione del paese, non stupisce più di tanto. La California vanta il primato, a seguire NY City che con la sua “Little Italy” ha contribuito fortemente alla crescita della celebrità e dell’apprezzamento del cibo italiano. La storia della pizza americana inizia nel 1905, quando nella Grande Mela apre Lombardi’s, seguito da Grimald’s e Totonno’s: insegne iconiche della pizza degli italiani emigranti che hanno realizzato il loro “sogno americano”. Questo tipo di pizza però, si adattò subito allo stile alimentare del Nuovo Continente, a partire dagli ingredienti americani: una generica e indefinita mozzarella cheese, usata al posto del fior di latte o della mozzarella di bufala, salsa di pomodoro dal sapore molto più dolce rispetto all’originale e ovviamente il condimento, primo fra tutti il salame americano piccante usato per l’amatissima “pepperoni”, la più classica farcitura della cultura statunitense.
La vera pizza napoletana si mangia (anche) a New York
Negli ultimi anni c’è stata una rivoluzione nel mondo della pizza americana, dovuta all’arrivo di professionisti e maestri napoletani, e con loro questa volta anche di prodotti made in Italy. Oggi negli Stati Uniti, c'è chi vuole fare sul serio con la pizza. Per questo i pizzaioli si fanno certificare sull'autenticità della pizza napoletana, realizzata con metodo tradizionale. Tra questi Roberto Caporuscio, cresciuto a Pontinia ha mosso i suoi primi passi all’interno di un caseificio, appassionandosi al mondo culinario si trasferisce a Napoli per imparare l’arte della pizza dai migliori maestri locali del calibro di Antonio Starita (Tre Spicchi per la guida Pizzerie d'Italia con la sua pizzeria Starita a Materdei), con il quale collaborerà anche in seguito. Nel ’99 arriva in America con un unico obiettivo: esportare la vera pizza napoletana fatta con ingredienti 100% italiani certificati Oltreoceano. Nel 2001 apre due pizzerie di successo a Pittsburgh e poi nel New Jersey. Nel 2009 arriva a New York City, dove apre Kesté Pizza & Vino in Bleecker Street (poi ha cambiato indirizzo a 66 Gold St ma i Due Spicchi per la guida Top Italian Restaurants sono rimasti): un successo tale che nel 2012 inaugura Don Antonio a Midtown con Starita. Roberto è Presidente degli Stati Uniti dell'Associazione dei Pizzaiuoli Napoletani (APN – Association of Napoletano Pizzaioli), con sede a Napoli ma riconosciuta nel mondo, che si occupa di tutelare, valorizzare e diffondere nel mondo l’antica Arte del Pizzaiuolo Napoletano. Ha formato centinaia di pizzaioli nella sua scuola di New York e continua a insegnare il suo mestiere in giro per gli Stati Uniti, cercando di trasmettere la sua passione partendo dall’educazione alimentare e dalla conoscenza delle materie prime. Per Caporuscio la pizza napoletana deve essere accessibile a tutti, per questo ha sempre puntato sull’accoppiata (vincente, si direbbe) di materie prime eccellenti e prezzi pop; infatti, nel menù di Kestè, fino a prima della pandemia, erano presenti in carta tre pizze al prezzo di 5$, purtroppo a seguito del periodo critico che stiamo vivendo è aumentato a 9$.
Kestè Pizza Go: un nuovo servizio di delivery che porta le pizze in tutto il territorio americano
Roberto Caporuscio dopo essere diventato ambasciatore della pizza napoletana in America torna a far parlare di sé con un nuovo progetto. Si chiama Kestè Pizza Go, il nuovo delivery studiato dal pizzaiolo. Le pizze sono proprio le stesse che vengono servite quotidianamente nel famoso ristorante Kestè Pizza & Vino a Manhattan, già vincitore di vari premi, per dirne uno Miglior Pizza di New York per NY Magazine. Grazie al nuovo servizio, le sue pizze possono essere mangiate in tutti gli States, direttamente a casa. Vengono preparate dalla sua squadra di pizzaioli italiani nel ristorante di New York, cotte nel forno a legna e surgelate con un’apposita macchina. Poi durante la notte (o consegna in 48 ore, a seconda dell’indirizzo) vengono spedite in una scatola coibentata con ghiaccio secco che ne garantisce una perfetta conservazione. Una volta ricevuta la pizza, il cliente non deve fare altro che tirarla fuori dalla scatola, togliere la pellicola trasparente dalla pizza e metterla in forno. Non una novità, pensiamo ad esempio al servizio delivery di Simone Padoan lanciato allo scadere del primo lockdown, ma pur sempre una notizia notevole considerata la grandezza degli USA.
Intervista a Roberto Caporuscio
La vera pizza napoletana è davvero apprezzata in America?
Adesso sì, ci abbiamo lavorato tanto ma adesso è molto apprezzata, e soprattutto la richiesta continua a crescere. Tanti pensavano che sarebbe stato un trend che sarebbe finito in breve tempo perché non compresa dal popolo americano, in realtà è stato un successo che continua a crescere.
Che accorgimenti ha dovuto prendere per farla apprezzare? E quali sono le principali differenze tra gusto italiano e gusto americano?
Io ho cercato di educare le persone a questo nuovo gusto, spiegando loro che cosa fosse la vera pizza napoletana, un prodotto nuovo per la maggioranza. Ho insegnato letteralmente a mangiare un nuovo tipo di pizza con delle caratteristiche diverse rispetto a quello di cui erano abituati: diverso impasto e lievitazione, ingredienti importati dall’Italia e cottura nel forno a legna.
Da dove nasce l’idea di un delivery di pizze surgelate con consegne in tutti gli Stati Uniti?
L’idea nasce da mia figlia, Giorgia Caporuscio, che ha seguito le mie orme e adesso guida la pizzeria Don Antonio a Manhattan. Inizialmente avevamo pensato di produrre pizze surgelate per la GDO da comprare al supermercato. Con lo scoppio della pandemia c’è stato un boom di aziende che si occupavano di certi tipi di delivery continentali e così ci siamo buttati in questa avventura. Avendo visto che la cosa funzionava e i clienti erano soddisfatti, da dicembre abbiamo iniziato a gestire tutto noi con spedizione diretta, staccandoci dall’azienda che faceva da tramite. Questo perché preferiamo avere il nostro lavoro nelle nostre mani, garantendo una maggiore e costante attenzione al cliente, siamo subito pronti a rispondere a qualsiasi necessità senza avere intermediari. Siamo rimasti molto sorpresi dalla risposta positiva dei clienti, che si sono dimostrati soddisfatti dal nostro servizio e continuano a ordinare le nostre pizze.
Come si mantiene la qualità, perfino durante un volo aereo?
Se congeli una buona pizza, quando la scongeli rimane una buona pizza. Per garantire la qualità e il mantenimento della pizza impacchettiamo le pizze con una macchina apposita e utilizziamo un packaging molto resistente con il ghiaccio secco all’interno. La pizza arriva ancora congelata, si conserva in freezer e al momento del consumo basta metterla in forno a circa 260 gradi per 4 minuti. Durante l’estate utilizziamo voli notturni per trasportare le pizze quando le temperature sono un po' più basse per assicurare gli stessi standard.
Quali sono gli stati in cui vengono realizzati più ordini? Quali sono le pizze più ordinate?
In questo momento gli stati con il numero maggiore di ordini sono: California, Texas e Florida. Le pizze in assoluto più ordinate sono: Margherita, Pistacchio e Salsiccia, Diavola e la Margherita gluten free.
Quanti ordini ricevete a settimana? Quante pizze spedite?
Ogni settimana riceviamo una media di 110 ordini, per un totale di circa 500 pizze surgelate da spedire in tutto il continente.
In questo periodo, soprattutto in seguito alla recente crisi internazionale, stiamo assistendo a rincari legati all’importazione delle materie prime, come stai affrontando questa situazione?
Abbiamo aumentato un po' i prezzi per necessità, cercando di non esagerare, poiché avendo tutte materie prime provenienti dall’Italia i costi di produzione sono aumentati molto, circa del 30%, ma non possiamo farne a meno se vogliamo mantenere certi standard di qualità. Per compensare a questo leggero aumento di prezzi ci impegniamo ancora di più per garantire un servizio di un certo tipo, cerchiamo di essere in generale ancora più efficienti nell’organizzazione del ristorante. Il mio obiettivo con Kestè è continuare a far apprezzare - agli americani e agli italiani in viaggio in America - la vera pizza napoletana a prezzi contenuti, mantenendo inalterata la qualità.
È difficile trovare personale?
In generale si fa davvero molto fatica, dopo il periodo che abbiamo attraversato, a trovare il personale. Noi siamo stati fortunati perché anche durante la pandemia abbiamo mantenuto tutti i dipendenti, diminuendo le ore ma assicurando a tutti lo stipendio. Grazie a questa scelta abbiamo preservato la forza lavoro che avevamo.
C’è una differenza di prezzo evidente fra la pizza nel menù del ristorante e quella del delivery (es: Margherita 14$ vs 27$). Perché?
Ci sono diverse spese extra per questo servizio che al ristorante non abbiamo, a partire dal packaging che è molto caro, il trasporto che è gratuito dopo una certa soglia di prezzo (81$, più o meno il costo di tre pizze) ma che comunque incide molto, senza dimenticare i costi di gestione.
a cura di Vivian Petrini