Obesità infantile. Un problema da non sottovalutare
Ancora una volta in difesa di un'alimentazione consapevole, a sostegno di stili di vita alimentari che non facciano abuso del cibo spazzatura, specie quando in gioco c'è il futuro dei più piccoli. E non certo per assecondare la causa del salutismo a tutti i costi, cavalcata a più riprese dalle tendenze gastronomiche degli ultimi anni. Piuttosto per stroncare un dato (fornito dalla Public Health England) preoccupante, quel 37% di bambini londinesi tra i 10 e gli 11 anni in sovrappeso, o peggio affetti da obesità infantile, che fanno guadagnare alla capitale inglese un primato nazionale ben poco invidiabile. Con margini di crescita ancor più allarmanti, considerando che, dal 2007 a oggi, il numero di bambini interessati è cresciuto di un terzo. Alterne vicende hanno guidato le politiche alimentari contro l'obesità infantile nel Regno Unito di Theresa May: appena eletta, la premier della Brexit si guadagnò le ire dei sostenitori di una svolta salutista – in prima linea lo chef Jamie Oliver, che non ha mai rinunciato a promuovere i suoi programmi di educazione alimentare nelle scuole del Paese - annunciando un dietrofront rispetto alle misure restrittive promesse dal governo contro il cibo spazzatura. Era l'estate 2016. La May - si disse allora - sceglieva di privilegiare l'industria alimentare britannica in un momento di transizione mai vissuto prima (quell'uscita dall'Unione Europea che si sta concretizzando proprio in questi giorni), a scapito del pacchetto legislativo anti junk food proposto dal ministro della Sanità Jeremy Hunt. Oggetto del contendere, le restrizioni alla pubblicità sul cibo spazzatura, che ora tornano nuovamente all'ordine del giorno. E per merito di chi, al contrario, sin dalle elezioni che l'hanno portato alla guida della città di Londra, si è sempre speso nella lotta all'obesità infantile.
La battaglia del sindaco Khan
Lui è Sadiq Khan, sindaco anti junk food che in passato non ha indugiato a definire il problema alimentare che affligge tanti ragazzi inglesi una “bomba a orologeria” (non a torto, considerando che l'obesità costa al sistema sanitario inglese 6 miliardi di sterline l'anno). Preoccupato per la situazione, alla fine del 2017 il sindaco di Londra proponeva di istituire aree protette no-burger nelle vicinanze degli istituti scolastici, vietando di fatto l'apertura di nuovi fast food in molte zone della città. Per la difficoltà di conciliare gli interessi di tutti gli attori coinvolti, infatti, il provvedimento è stato temporaneamente accantonato, e aspetta di risolversi con una soluzione che metta tutti d'accordo. Intanto, però, è legge da poche ora il regolamento contro l'affissione di pubblicità che promuovono il cibo spazzatura in metropolitana e sui mezzi del trasporto pubblico.
Stop alle pubblicità in metropolitana
Il divieto entrerà in vigore dal 25 febbraio 2019, quando non sarà più possibile pubblicizzare bevande zuccherate, hamburger, patatitne e snack spazzatura su convogli e binari della metro. Unico lasciapassare, la possibilità per le catene di fast food di promuovere il proprio brand attraverso prodotti “sani”, come frutta secca e bevande non zuccherate. Mentre saranno vietati anche spot e manifesti che si limitino a promuovere il marchio. Così, sul piede di guerra accanto alle più celebri catene di fast food si schiera pure l'industria pubblicitaria, che teme una drastica diminuzione delle entrate, tale da mettere il settore in ginocchio. Ma il sindaco va avanti, motivato a far rientrare l'allarme obesità entro il 2028.
La proposta italiana
E in Italia, come stanno le cose? A dispetto della Dieta Mediterranea, le ultime ricerche hanno dimostrato che i bambini italiani sono tra i più grassi d'Europa, con tassi di obesità infantile che sfiorano il 20%, sebbene in netta diminuzione rispetto alla media degli altri Paesi affacciati sul Mar Mediterraneo, accomunati da questo paradosso in controtendenza rispetto alla fama dell'alimentazione sul Mare Nostrum. Anche per questo, proprio alla fine di ottobre scorso, la Commissione Affari Sociali della Camera ha votato una risoluzione ant junk food indirizzata al Governo. La richiesta? Bandire pubblicità, diretta e indiretta, di alimenti con elevata percentuale di zuccheri, grassi saturi, acidi grassi e sali liberi dai luoghi di aggregazione frequentati da bambini: scuole, asili, parchi giochi, campi sportivi, oratori. E di più, con restrizioni che anche in Italia hanno suscitato il malcontento dell'industria pubblicitaria, ridurre i messaggi pubblicitari inadeguati di cui le aziende infarciscono i videogiochi destinati ai ragazzi. Tra le misure costruttive dello stesso pacchetto l'incentivo alle aziende alimentari che propongono nuovi metodi di porzionatura degli alimenti per l'infanzia e l'adolescenza. E l'inserimento di percorsi didattici tematici nel percorso scolastico delle scuole primarie.
a cura di Livia Montagnoli