La campagna vaccinale in Israele. Cos’è il Green Pass
Nel giorno in cui la Gran Bretagna dà inizio al suo piano per tappe di ritorno alla normalità, riaprendo le scuole, in Israele tornano ad alzarsi le serrande di bar, ristoranti, attività commerciali, mentre ripartono teatri, attrazioni turistiche, eventi culturali. È la vittoria - tutta da confermare nelle prossime settimane – delle campagne vaccinali di massa, che nei due Paesi stanno funzionando molto meglio che altrove. Israele ha già somministrato almeno una dose di vaccino a quasi 5 milioni di abitanti (su un totale di appena 9 milioni), mentre sono 3 milioni e 800mila le persone che finora hanno ricevuto anche la seconda. E forte di un calo drastico dei contagi, dei ricoveri e della mortalità, passa ora alla fase di ripartenza vera e propria, subordinandola al famigerato Green pass, un passaporto vaccinale rilasciato a seguito della somministrazione della seconda dose di vaccino da almeno una settimana o di guarigione dal virus. Il documento consiste in un Qr code, che può essere esibito in formato digitale o cartaceo, insieme alla carta di identità. Dunque il Paese riparte, consentendo persino un parziale ripristino del trasporto aereo, con l’aeroporto Ben Gurion pronto ad accogliere il rientro di tremila israeliani al giorno (con quarantena in casa), ma la circolazione delle persone e la frequentazione dei principali luoghi pubblici sarà regolata dal documento che garantisce a chi lo possiede di accedere a un maggior numero di servizi. I detentori di Green Pass, per esempio, possono già tornare a pranzare al chiuso in un ristorante o partecipare a un evento. Questo non significa che tutto è risolto.
La difficile ripartenza della ristorazione
La ripresa sarà lenta, e non solo per le precauzioni che il governo chiede ancora di osservare (per la festa della Pasqua ebraica, alla fine di marzo, non a caso, dovrebbero scattare restrizioni mirate, per non vanificare gli sforzi). Le associazioni di categoria della ristorazione, infatti, parlano di una riapertura che per molte attività non si concretizzerà prima di un paio di settimane, soprattutto per la difficoltà di trovare personale da impiegare, che al momento preferisce non tornare sul posto di lavoro, continuando a percepire il sussidio di disoccupazione garantito fino al mese di giugno. E tra i ristoratori, duramente provati dall’ultimo anno di una pandemia che ha colpito Israele in modo feroce, c’è anche la paura di rimettere in corsa una macchina dispendiosa e complessa che rischia di fermarsi ancora una volta se la situazione dovesse tornare a peggiorare. Finora, e ormai da sei mesi, infatti, bar e ristoranti erano autorizzati a operare solo per asporto e delivery. Così, delle 14mila attività di ristorazione censite nel Paese, circa 4mila sono state costrette a chiudere per sempre dall’inizio della pandemia.
Al ristorante solo col Green Pass
D’altro canto, in una Paese che ha voglia di tornare a vivere, uscire e ritrovarsi, non si sono fatte attendere le proteste di chi – nella schiera dei no vax - contesta il ruolo discriminatorio attribuito al passaporto vaccinale, invitando a boicottare le attività che rispettano la legge: caffè e ristoranti, secondo le regole appena entrate in vigore, possono accogliere al chiuso fino a cento persone solo se munite di Green Pass, comunque fino a un massimo del 75% della capienza standard. Mentre solo in dehors e spazi all’aperto può accomodarsi chi non possiede il passaporto, sempre fino a un massimo di cento persone per locale, e con distanziamento tra i tavoli di due metri. Unica deroga per i bambini che non hanno ancora compiuto un anno, che possono accedere agli spazi chiusi con i genitori, anche se non vaccinati. Anche i ristoranti in hotel riaprono le porte al pubblico, solo fino al 50% della capienza e per non più di trecento persone: in questo caso, però, l’accesso non è subordinato alla detenzione del passaporto vaccinale, che invece è necessario per visitare le attrazioni turistiche del Paese.
Il regolamento sancito dal governo di Netanyahu - che non ha mancato di ribadire l’efficacia del piano vaccinale di Israele, indicando il Paese che dirige come il primo al mondo capace di lasciarsi alle spalle il virus - sarà vigore fino al 21 marzo, quando le autorità sanitarie stabiliranno se confermare o meno le direttive, proseguendo col piano di ripresa. Negli stessi giorni, il 23 marzo, nel Paese si terranno le elezioni. E l’ottimismo instillato dalla ripartenza potrebbe giocare a favore del Likud, il partito del premier in carica ormai da undici anni.
a cura di Livia Montagnoli