La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Marzia Varvaglione.
Intervista a Marzia Varvaglione
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ci sono stati - gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Gli ostacoli ci sono sempre, forse anche per quello ci innamoriamo delle imprese impossibili. Vino, imprenditoria e sud Italia sono 3 motivi per non mollare, 3 motivi per cambiare lo status quo di un mercato e un Paese ancora ancorati a un sistema a maggiore presenza maschile, alla cultura pugliese dello sfuso e a un approccio poco inclusivo più che alla valorizzazione della diversità. Da piccola guardavo con ammirazione Corinne Mentzelopoulos, che ha trasformato tanti anni fa una cantina con un nome antico in un brand del vino fra i migliori al mondo (Château Margaux), oggi lavoro con la stessa visione e con gli stessi obiettivi per Varvaglione1921.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Le donne non hanno bisogno di facilitazioni ma di empowerment, di flessibilità in alcuni momenti della vita e di percorsi dedicati alla crescita. La nostra azienda è una realtà privata con obiettivi sfidanti e in quanto tale prevale la meritocrazia. Il nostro obiettivo è mettere le nostre risorse in condizione di fare il massimo e dare il loro meglio sempre, mantenendo un sano bilanciamento personale e professionale.
Ci faccia un esempio.
Per quanto riguarda me, la nostra è un’azienda di famiglia e in quanto tale affianco mio padre nella governance aziendale che ci consente di programmare assunzioni e politiche per la crescita dei nostri talenti. Negli ultimi anni le donne hanno sicuramente ricoperto un ruolo di primo piano, dal commerciale al marketing, dall’hospitality al business development. In azienda, circa il 40% dei nostri collaboratori sono donne e non abbiamo mai avuto quote rosa o kpi di gender parity.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Non credo che la soluzione vada cercata nel pubblico e nelle agevolazioni per il raggiungimento della parità delle aziende incentivate dal governo. Mi spiego meglio, nel settore del fashion, più del 65% delle risorse sono donne ma solo il 10-15% hanno potere decisionale. Lo stesso vale nei cda della maggior parte delle aziende italiane. Pertanto, l’unica strada davvero perseguibile è quella della meritocrazia e dell’inclusione. Investire nella formazione, nel talento anche negli “anta” - come qualcuno li ha definiti - potrebbe essere la strada giusta, un po’ come lo è stato per il rientro dei cervelli. Incentivare le aziende che fanno crescere una donna manager può cambiare un paradigma ancorato sulle quote rosa, in cui non mi ritrovo.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Più donne al vertice e la creazione di role model femminili possono cambiare sensibilmente il panorama mondiale e il modo di pensare comune. Angela Merkel, nella politica internazionale, è stata sicuramente fra le prime in grado di dimostrare il valore e l’influenza delle donne. Nel mondo imprenditoriale invece, non esiste un corrispettivo femminile di Elon Musk, Buffet o Bezos.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Quando sono arrivata in azienda ero da poco rientrata dall'estero dove avevo fatto diverse esperienze, ho subito sentito l’esigenza di dare discontinuità e creare una strategia a supporto del progetto di sviluppo per le bottiglie. La fashion edition è nata con la visione di unire un mondo molto tradizionale come il nostro con quello più rapido e innovativo del fashion, più femminile e vicino alle logiche D2C e quindi del consumatore finale. Ricordo molte critiche e tanto scetticismo invece poi ci hanno dato ragione, contribuendo a cambiare le regole del gioco e ad ascoltare sempre dì più il consumatore.