La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Claudia Palazzo del Caseificio Palazzo.
Intervista a Claudia Palazzo
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ce ne sono stati - gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
La storia di Caseificio Palazzo è anche la storia della famiglia Palazzo, iniziata nel 1957 con mio padre Vincenzo. Insieme a lui, mia madre: era lei a riscaldare il latte sul fuoco a legna per la cagliatura e a seguire tutte le altre fasi di lavorazione quando Palazzo Latticini era ancora un piccolo laboratorio specializzato nella produzione di formaggi a pasta filata destinati al mercato locale, quello della Murgia. Io sono l’ultima dei loro 4 figli; ho iniziato a lavorare in azienda fin da giovanissima, curando la contabilità al fianco di mio padre e di mio fratello Michele. È stato lui, soprattutto, a credere in me.
E dopo cosa è successo?
Quando, nel 2016, sono diventata Amministratore Delegato per me il primo ostacolo è stato conquistare la fiducia di chi era in azienda: per lo più uomini, abituati a lavorare sotto la direzione di una leadership maschile. Il più scettico, tra tutti, è stato mio padre che aveva sempre immaginato a capo dell’azienda uno dei due suoi figli maschi e mai me o mia sorella. In generale, poi, quello lattiero-caseario è tradizionalmente un settore a prevalenza maschile: gli imprenditori, gli allevatori e i casari sono tutti quasi esclusivamente uomini. È stato faticoso, ma oggi che godo della stima di tutti in azienda e sono un’interlocutrice anche per gli altri player del territorio la soddisfazione è doppia.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Credo che per raggiungere un’uguaglianza di genere si debba riservare alle donne le stesse opportunità degli uomini. Poi, saranno la preparazione, l’impegno e il duro lavoro a determinare la crescita professionale e il successo. Per questo, non ho messo a punto una vera e propria strategia ad hoc destinata all’inclusione femminile. Attualmente sono supportata da un team femminile, ma non è stata una scelta voluta: è successo perché erano le più preparate. Oggi ricoprono ruoli manageriali, dall’export al controllo qualità, dall’amministrazione al confezionamento, fino alla comunicazione: è accaduto e lavorare insieme a loro rappresenta ogni giorno un’avventura entusiasmante. C’è una grande intesa; il resto lo fa la loro professionalità.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Credo che il tema della parità di genere rappresenti una grande opportunità in questo momento storico: nel PNRR il tema del gender gap è stato riconosciuto come una delle leve fondamentali, insieme alla promozione dei giovani e alla valorizzazione dei territori del sud, per investire economicamente e culturalmente per il rilancio del Paese. Credo nella capacità tutta femminile di problem solving e “talento” di conciliare vita privata e lavorativa. Tuttavia, spesso a ostacolare la parità è l’assenza di servizi in grado di sostenere le famiglie nella gestione del percorso genitoriale.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Credo che nel nostro paese sia necessario partire dalla formazione nelle scuole per la diffusione di una cultura virtuosa, incentrata sulla parità di genere. Questa non è una battaglia soltanto delle donne, ma è un impegno civile di tutti, uomini e donne. La mia esperienza mi ha fatto capire che sensibilizzare gli uomini non è facile. Le donne devono lavorare sodo e dimostrare quello che sanno fare sul campo, a livello professionale. Davanti all’evidenza dei fatti, gli uomini non possono che riconoscere il valore del lavoro delle donne.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Una storia al femminile che mi piace raccontare è quella di una giovane ragazza di Castellana Grotte, nel barese, che ha perso il padre allevatore quando era ancora minorenne. Per continuare l’attività di famiglia ha iniziato occupandosi di una mucca, una sola; era una mucca di razza bruna, una delle migliori, e con lei ha anche partecipato a molte esposizioni. Con determinazione, è andata avanti un passo alla volta e io ho voluto credere nella sua tenacia. Quando ha iniziato io l’ho sostenuta inviando al suo allevamento, ogni giorno, un autista a ritirare il latte prodotto da quella mucca, anche se si trattava di una piccolissima quantità per la nostra produzione. Oggi ha un allevamento che sta crescendo; credo che questo sia un esempio felice di solidarietà tra donne e della loro professionalità, sempre bello da ricordare.