La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Chiara Lungarotti, produttrice di vino e AD della Lungarotti a Torgiano
Intervista a Chiara Lungarotti
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ce ne sono stati - gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Il vero ostacolo che noi donne ci troviamo quotidianamente ad affrontare è quello di riuscire a portare avanti il difficile compito di conciliare gli impegni familiari con il lavoro. Io ho cresciuto mio figlio, che oggi è un adolescente, cercando di essere sempre presente nella sua vita nonostante i numerosi impegni che spesso mi portano in giro per il mondo per promuovere i nostri prodotti.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Le donne che devono conciliare il doppio ruolo di madri e lavoratrici spesso non sono sufficientemente supportate e la pandemia lo ha reso ancora più evidente. In questi ultimi tre anni, infatti, quando la “scialuppa di salvataggio” dei nonni è venuta meno per il timore dei contagi - o durante i vari lockdown - sono state le donne a doversi occupare di casa e famiglia, spesso trovandosi costrette a rinunciare al lavoro, soprattutto le giovani mamme con bambini piccoli.
Come intervenite in questa situazione?
Nella nostra azienda lavorano tante donne. Per venire incontro alle esigenze di coloro che sono anche madri di figli piccoli, quando la mansione svolta lo ha permesso, abbiamo proseguito con il lavoro a distanza anche dopo la fine dei lockdown. Inoltre, per sostenerle nella difficile gestione del quotidiano cerchiamo, ove è possibile, di aiutarle con la flessibilità d’orario. Siamo una squadra affiatata e portiamo avanti le attività con passione e con quella sensibilità che spesso contraddistingue l’universo femminile.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Per raggiungere una sostanziale uguaglianza di genere bisogna riservare alle donne le stesse opportunità di partenza degli uomini. Poi, saranno la preparazione, l’impegno e il duro lavoro a determinare la crescita professionale e il successo. Molto spesso accade che a ostacolare la parità ai nastri di partenza sia l’assenza di servizi in grado di sostenere concretamente le donne nella gestione degli impegni familiari.
Ci faccia un esempio.
Un esempio classico è la scuola: soprattutto nei piccoli centri, spesso mancano le infrastrutture scolastiche e/o il personale per organizzare attività sportive, ludiche o di formazione pomeridiane all’interno degli stessi istituti. Servizi del genere sono di grande aiuto perché consentono una più efficace gestione degli impegni alle madri lavoratrici che spesso si trovano a correre da una parte all’altra per accompagnare i propri figli alle varie attività, fondamentali per la loro crescita. All’estero, per esempio, su questo fronte sono molto più organizzati di noi.
Ci racconti un aneddoto delle sue esperienze sul tema.
Circa 20 anni fa, quando avevo 28 anni, entrai nel CDA di Federvini: eravamo solo due donne. Un paio d’anni dopo entrai del CDA di Unione Italiana Vini, dove di donne non ce n’era nemmeno una. Ero giovane e in un mondo che è tradizionalmente appannaggio degli uomini e ho dovuto metterci il doppio dell’energia e dell’impegno per guadagnarmi la stima di tutti. Oggi alla guida di Federvini ci sono due bravissime ed energiche donne, Micaela Pallini e Albiera Antinori, che ricoprono egregiamente il loro ruolo. Lo scorso aprile sono stata eletta vicepresidente dell’UIV, mi auguro non perché sia donna ma per il contributo che sono riuscita a dare all’associazione. In qualsiasi campo, infatti, la differenza non la fa il genere ma le competenze e la professionalità. Per fortuna, ormai, siamo in tante a ricoprire ruoli decisionali e non siamo lì perché siamo donne ma perché ce lo meritiamo.