L'alberghiero, 10 anni nei grandi hotel di mezza Europa, ultimo in ordine di tempo, l'Hassler di Roma con la creazione della Wine Academy. Poi la ristorazione su strada nella Capitale con Anacleto Bleve prima e Settembrini poi. Infine l'incontro con Umberto Montano e la nuova avventura al Mercato Centrale, stavolta da imprenditore con la sua Selezione Boccoli. Complessivamente più 20 anni di esperienza. Anni voraci di viaggi, vini e ricerca. Poi lo stop forzato per un terribile incidente, esattamente un anno fa. Quasi 10 giorni di coma, la terapia intensiva e il risveglio, al buio però. Con un danno al nervo ottico e una disabilità al 100%. La storia di Luca Boccoli è fatta di vino, passione e grandi progetti. Che non sono cambiati.
Certo, la fatica c'è perché ora, nel nero più completo, le cose sono molto più complicate, allacciarsi le scarpe a occhi chiusi o mangiare in un piatto che non vedi è complicato. Ma si impara. “4 mesi al Sant'Alessio mi hanno rimesso letteralmente in piedi, ho reimparato a fare tutto” racconta Luca. Il Sant'Alessio è un centro specializzato per l'assistenza e la riabilitazione di persone con disabilità visive. “Anche solo portare un bicchiere alle labbra e bere può diventare complicato. Non sai le volte che mi sono preso il naso”.
Il Mercato Centrale di Torino
Quando esce dal Sant'Alessio, circa 6 mesi fa, il Mercato Centrale nella sede di Torino è al taglio del nastro. “Ho aperto il Mercato a occhi chiusi”. 80 metri quadrati disegnati lui, quasi un anno prima: il bancone circolare, la cantina a vista con il vetro, lo spazio per le bottiglie. “Ero lì senza poterlo vedere. L'ho toccato con attenzione: era esattamente come lo volevo”. È il 18 aprile: “è partito il primo progetto al buio. Da lì è stata una rinascita”. Allora è ripreso tutto: degustazioni, incontri con i produttori, visite in cantina, serate e il lavoro per le due botteghe dei Mercati.
Luca Boccoli e il suono del vino
“Tutti mi dicevano: ora gli altri sensi si svilupperanno di più. Sciocchezze. Gli altri sensi rimangono uguali, solo che adesso sei obbligato a farci caso. Il 91% delle informazioni generalmente derivano dalla vista. Ora devo fare affidamento al restante 9%”. Quattro sensi che devono valere cinque. Tatto, gusto, olfatto, e anche udito. “Il vino va ascoltato” afferma “me l'ha insegnato Salvo Foti tanti anni fa. Diceva: senti il suono che fa il vino quando scende nel bicchiere e hai già l'impressione di come può essere quel vino”. Ora quell'insegnamento si rivela prezioso.
Le degustazioni al buio
Senza l'analisi visiva, la degustazione può nascondere delle insidie “Bere vino senza occhi è molto diverso. Delle cantonate si prendono, inutile negarlo: basta abbassare un po' la temperatura e ti confondi”. Un bianco per un rosso o viceversa? “Qualche volta capita, soprattutto con certi vini, certi rossi poco tannici esempio, o alcuni grechetto o ansonica con una parte tannica che confonde. Ma” riflette “questo in una certa misura poteva succedere anche prima. Bisogna sempre sapere la conformazione del vino che si va a bere. Ho sempre detto che non sono un veggente e non voglio fare l'indovino. Il vino mi piace conoscerlo, capirlo e berlo, non è una crescita indovinare”. E allora le degustazioni alla cieca? “Quelle ti aiutano a imparare un po' di più, però alla fine quando scopri la bottiglia la cosa finisce lì”. Un po' come fare le parole crociate avendo la soluzione a portata di mano. “Invece nella mia condizione non c'è l'effetto scoperta, in un certo senso continuo a cercare ancora”. In quella che Luca Boccoli chiama “la bellezza che c'è nel bicchiere”.
La ricerca per la Selezione Boccoli
Degustazioni e assaggi oggi proseguono a ritmo sostenuto anche perché al Mercato la proposta cambia quasi completamente ogni mese e lo scouting per la sua selezione non si ferma. “Non posso vivere mica del ricordo di quel che ho degustato. Dico sempre che il vino più buono devo ancora berlo”. E continua la ricerca “cerco di proporre cose che le persone non conoscono, me le vado a cercare, le trovo e le provo, magari ora arrivo secondo, ma sono sicuro che la mia è una scelta originale”. Il chiosco di Roma fa 40-50 bottiglie al giorno, “nei momenti belli, nel fine settimana, arriviamo anche a 60-70, tanti turisti, tanto vino al bicchiere”. A Torino, è diverso: meno turisti e più locali. E i Torinesi bevono piemontese: “sono persone che sanno bere e sanno spendere, sono più abituati, e hanno un attaccamento assoluto al territorio. Se non hai 7-8 etichette di lì non va bene”. Così è andato in giro a cercare produttori bravi “che fanno un grande lavoro su vitigni autoctoni e ho riscoperto freisa, grignolino, erbaluce”.
Luca Boccoli e la formazione del gruppo di lavoro
Assaggia i vini, incontra i produttori, visita vigne e cantine “Voglio vedere chi c'è dietro a una bottiglia” racconta “giro tantissimo: quest'anno Champagne, Borgogna e poi il Piemonte. Dopo tanti anni ho riscoperto il Piemonte”. Effetto Mercato Centrale: “salgo a Torino due volte al mese e ogni volta ne approfitto per fare un giro con i ragazzi che sono lì e scoprire cose nuove”. Fa parte della formazione: la visita in azienda, l'incontro con il viticoltore, il tasting ma soprattutto il confronto: “cerco di dire loro le cose più interessanti che trovo e cerco di trasmettergli lo stesso mio approccio. Dovrebbero parlare di vino un po' come ne parlo io”. Ma solo dopo averlo bevuto e non il contrario “nella leggerezza più assoluta, in questo sono un po' calviniano. Il vino prima va bevuto, deglutito, arriva in pancia e poi parliamo del resto. Insomma, va bevuto senza paranoie”.
La memoria e il servizio
“Vado spesso in Langa, e anche se non posso più vederla, almeno posso dire che l'ho conosciuta bene prima: ho un archivio di immagini, ricordo le cose più importanti e poi le sviluppo con l'immaginazione secondo un mio schema mentale”. La memoria è fondamentale: “Avevo una memoria fotografica pazzesca: associavo ogni viso a quel che aveva bevuto”. Con le voci non è altrettanto semplice. E poi ci sono i vini da ricordare: “prima memorizzavo l'etichetta, ora sto usando altri sistemi, ma è ancora una sperimentazione”. Nomi dei vini, delle cantine, dei produttori, degli appezzamenti e le annate, moltiplicato per decine di vini che cambiano quasi ogni mese “la fatica maggiore è con i francesi, che sono meno familiari. Registro i nomi e li ascolto fino a memorizzarli”. Come orientarsi nella disposizione delle bottiglie? “Un po' come per i barman con le loro bottigliere. Do delle direttive precise ai ragazzi, ogni tanto gli faccio anche delle domande a trabocchetto per vedere se è tutto sistemato secondo la logica che ho indicato, anche se poi non sarò io a prendere le bottiglie”. A servire il vino oggi pensa il suo staff, “sarei in grado: se c'è silenzio riesco a fare bicchieri perfetti, tutti identici, se c'è rumore uso il metodo imparato al Sant'Alessio, toccando con la bottiglia il bicchiere”.
Cosa è cambiato dopo l'incidente?
“Sono un fautore dei rossi tutto l'anno, serviti freddi se fuori ci sono 40 gradi. Pensavo che avrei continuato a bere rosso sempre e per sempre”. Invece no: “dopo l'incidente sono tornato un bianchista come tanti anni fa e sono tornato anche alle bollicine che un po' avevo abbandonato”; un paradosso, per uno come che aveva fatto dello Champagne la sua vita: “forse avevo superato il limite, ma ormai mi era difficile berlo”. Complici anche problemi di reflusso e digestione che molti addetti ai lavori conoscono bene, che ora sono scomparsi. Ma questo cambiamento nel gusto? “Potrebbe essere perché nell'incidente ho avuto anche un trauma al palato”. Quindi il ritorno a bianchi, “quelli dell'ultima generazione”, con macerazioni, permanenza sulle bucce e via così. “Mi appagano molto, se ben fatti. E poi” aggiunge “si è amplificata molto la mia sensibilità ai legni, non solo al naso ma anche in bocca. Mi accorgo subito se un vino è stato aiutato, e sento se non c'è solo uva dentro quella complessità”.
Continua a insistere, invece, sui vini artigianali, quelli che ha conosciuto anni fa in giro per il mondo con Anacleto Bleve: “lui mi ha mi ha portato e mandato in qualsiasi posto in cui si produca vino. In quel periodo, era il 2003-2004, è nata la mia passione per la Francia, lo Champagne e la Borgogna”. E aggiunge “In Francia ho imparato anche che la civiltà sta nella terra”. Così, quando ha lasciato Settembrini per concentrarsi sul Mercato, tanti produttori lo hanno seguito. “I contadini, soprattutto”. E molti produttori di vini cosiddetti naturali “con Anacleto ci scontravamo, li trovava imbevibili e in effetti all'epoca spesso lo erano”.
Ci sono difficoltà maggiori oggi?
“Sulle questioni burocratiche, tra moduli da compilare e firme da apporre, interviene Sabrina, mia moglie. Per il resto il telefono e i nuovi strumenti tecnologici (Voice Over, per esempio, o la tastiera in Braille, ndr) sono un ausilio fondamentale”. Un paio di ore ogni mattina passano tra telefonate con commercialista, fornitori, banche e con i gruppo per sviluppare progetti e seguire il lavoro. Poi c'è l'autonomia: “Mi sono dato due anni. Ancora non sono pronto perché ho pensato a fare altro, a mandare avanti una piccola impresa”. Nove dipendenti tra Roma e Torino, due realtà differenti. Ed è facile trovarlo ai Mercato, da bravo front man. “Ogni tanto capita qualche episodio imbarazzante a volte anche comico con qualcuno che non sa che non ci vedo. Le persone spesso non se ne accorgono anche perché faccio ogni giorno esercizi per mantenere la postura corretta: se non vedi la testa naturalmente tende ad abbassarsi perché non hai la profondità di campo che ti spinge a stare dritto” spiega. Ma quando parla con uno sconosciuto qualche volta gli chiede di descriversi. “So che può mettere in difficoltà. Questa ora è la cosa più complicata da gestire, ma ho bisogno di capire chi ho davanti i miei occhi sono diventati le mie mani o la voce degli altri”.
I miei occhi sono la voce degli altri
La voce degli altri è anche un strumento di lavoro, oggi. Per capire un ristorante, per esempio, prima si faceva un'idea al primo sguardo, ora si deve affidare al racconto degli altri, “ma ognuno vede e racconta cose diverse, quindi metto insieme le informazioni e poi cerco di decifrarle con un mio punto di vista”. È un modo diverso di indagare. “Forse ora sono ancora più curioso perché cerco più informazioni possibili facendo domande che prima forse non mi ponevo neanche. Bastava guardare il locale o la carta dei vini, per intuirne le ambizioni o l'entità dell'investimento. Adesso parlando capisco dove vuole arrivare l'imprenditore e quanto ne sa. Oggi” conclude “sviluppo dei concetti diversi in modo diverso”.
Torna Selezione Boccoli Tour
Per esempio per la Selezione Boccoli Tour: “Sono stato il primo cameriere a fare cene in giro per l'Italia come fanno oggi gli chef” scherza “è un modo divertente per valorizzare questo lavoro: ho sempre creduto fortemente nella sala, non a caso sono stato tra i fondatori di Noi di Sala” riprende. In queste serate ha giocato a cercare nuove sinergie con altre cucine e altre squadre di sala, proponendo abbinamenti inediti, con vini, cocktail o altri drink di tradizioni diverse.
A breve quegli eventi riprenderanno, con qualche differenza: “sarà un tour diverso da come era prima, fatto di un sacco di altre cose, basato sulle emozioni e sulla percezione; uno stimolo dei sensi per me che un senso l'ho perso e per gli altri che lo vedranno molto valorizzato”. Bicchieri neri? “Probabilmente sì. E poi cercherò dei posti giusti in cui non ci sia la luce, meglio delle mascherine perché mi dicono che molti non resistono e dopo un po' la tolgono per sbirciare”. A quando il calendario? “Sto già facendo un po' di prove, appena ho affinato bene tutto, parto”. Occhio alle date quindi. Selezione Boccoli in tour riprende. Da non mancare.
a cura di Antonella De Santis
foto di copertina: Mercato Centrale