Immergendosi nella splendida zona vinicola della Vipava Valley, a pochi km dal confine nord-est dell'Italia, in mezzo ai vigneti si può sperimentare una delle migliori esperienze gastronomiche che la Slovenia possa offrire: Il ristorante Pri Lojzetu Dvorec Zemono, dello chef Tomaž Kavčič. Fresco di stella nella nuova guida Michelin slovena, questo estroso artista dei fornelli è anche capace di creare e sorprendere in altri ambiti.
Abbiamo varcato di poco la frontiera per incontrarlo e farci raccontare com’è cambiato il suo lavoro dopo questo riconoscimento e anche del suo più recente progetto, il Gin Monologue.
Tomaž, partiamo dalla grande novità di quest’anno: cosa ne pensi della prima guida Michelin Slovena?
A prescindere dalla stella personale, per me è stata una grande soddisfazione vedere finalmente riconosciuta la cucina del mio paese. Sono stato uno dei primi ad avere il desiderio di portare Michelin in Slovenia, sono almeno quindici anni che a ogni occasione di confronto con i vari responsabili della Rossa il discorso veniva fuori. Fausto Arrighi ai tempi in cui era direttore venne da noi almeno tre volte, ma all’epoca i tempi non erano ancora maturi. L’emozione è stata molto forte anche a livello personale, la notte prima della premiazione (inizialmente ad aprile, poi spostata a giugno causa Covid n.d.r) non ho chiuso occhio. Per me era un grande desiderio, un omaggio al nostro lavoro.
Cosa è cambiato per voi dopo il conseguimento della stella?
A livello di clientela, non molto. Per nostra fortuna eravamo già pieni prima, quindi parlando della mia realtà è stato più un bisogno di riconoscimento che un incentivo alla clientela. Chi percepisce la differenza paradossalmente sono i clienti fissi, arrivano e mi dicono “ora che avete la stella cambierete i prezzi”. La nostra risposta è no, non cambiamo niente. Non serve alzar i prezzi, e anzi, va contro la mia idea di cucina.
Dunque quale è la tua visione?
Nonostante sia favorevole alle Michelin Star sono contrario agli Star Chef. Siamo solo cuochi, non voglio che chi viene a cena senta che il ristorante gli stia facendo un favore, al contrario. Ogni esperienza è un piccolo contratto verbale tra il consumatore e il ristoratore, da quando arrivi e ordini a quando paghi. Sono molto contento quando qualcuno entra come cliente e si alza dal tavolo come amico. Ma è fondamentale che si alzi con l’impressione di aver dato il giusto valore a quello che ha pagato.
Non è sempre così?
Girando il mondo mi rendo conto che in molti ristoranti i prezzi sono andati alle stelle, e spesso lo trovo immorale. Non diventerò mai ricco ma penso che sia giusto continuare così.
E invece riguardo la cucina, qual è la tua filosofia?
In cucina per me è fondamentale la materia prima territoriale, ma attenzione: con questo termine intendo una zona Alpe-Adriatica molto vasta, che va dall’Austria all’Istria, dal mare alla montagna. Non voglio chiudermi. Riassumendolo in uno slogan direi “non Km Zero ma Km Vero”.
Quanto incide il luogo in cui ti trovi in questa visione?
In una terra come questa che è per ragioni storiche crocevia di scambi ed incontri, mi pare naturale che sia così. Vi basti pensare che mio nonno è vissuto tutta la vita nella stessa casa, ed è nato in Austria-Ungheria, per poi trovarsi a essere in Italia, in Jugoslavia e ora Slovenia. In 87 anni ha cambiato 4 nazioni. In questo avvicendarsi di stati, le cose migliori di ogni tradizione culinaria sono rimaste qua. Ovviamente credo moltissimo anche nella stagionalità nei miei menù, e vedo come un dovere non sciupare la materia prima.
Recentemente hai creato un tuo gin, Monologue. Come sei passato dalla cucina alla distilleria?
Tutto nasce da un dolce, anzi a essere ancora più precisi un da un pre-dessert. Nel nostro menù l’80% dei piatti varia con il passare del tempo, e solo un 20% della proposta resta immutata, per motivi iconici o affettivi (come ad esempio il kren preparato con la ricetta di famiglia tramandata da generazioni, servito insieme al pane spezzato a mano, oppure il pesce su piastra di sale, piatto che lo ha reso celebre in tutto il mondo n.d.r). Una decina d’anni fa inserii in carta il già citato pre-dessert, un sorbetto che in realtà è un un gin tonic al cucchiaio, ovviamente dealcolizzato. Nella solita rotazione dei piatti, dopo qualche tempo decisi di toglierlo per il normale avvicendarsi della proposta.
Poi cosa è accaduto?
Un giorno venne a cena una famiglia, erano già stati da noi qualche anno prima, e al bambino era rimasto impresso quel dolce in maniera così forte che quando gli dissi che non era più disponibile vidi i suoi occhi inumidirsi. La cosa mi colpi molto, e tornato in cucina, dopo un rapido check, radunai il necessario e lo preparammo espresso per lui. Da quel giorno ho deciso di tenerlo fisso in carta e proporlo sempre. Proprio da questo piccolo dolce è nata in me l’esigenza di una riflessione più approfondita sulla materia prima, il gin, che mi ha portato a intraprendere la strada che porta a Monologue.
Com’è stato progettare un distillato così complesso?
La base di partenza è stata la materia prima, che qui in Slovenia è naturalmente ricca e disponibile, partendo dalla bacca fondamentale, il ginepro: il Carso è una zona ricca di cespugli che crescono rigogliosi in maniera spontanea. Una pianta di cui noi sloveni andiamo molto orgogliosi, e che da secoli utilizziamo in distillazione, come ad esempio nel Brinjevec, la grappa di ginepro tipica di queste parti, molto impegnativa da bere visto la gradazione alcolica elevata, tradizionalmente tra i 47 ed i 51 gradi.
Quanto tempo ci è voluto per metterlo a punto?
Quando abbiamo cominciato a concepire il progetto, mi ero dato tempo un anno, ma alla fine ce ne sono voluti 3, durante i quali abbiamo compiuto 72 diverse distillazioni.
Come avete capito di aver trovato la ricetta definitiva dopo tutti questi esperimenti?
Verso la fine di questo processo abbiamo inserito in distillazione l'estratto foglie d’olivo, uno dei più forti anti ossidanti presenti in natura, e da lì tutto è cambiato. Abbiamo individuato una nota unica, che ci ha conquistato, e da lì abbiamo deciso di tornare indietro, togliendo botaniche, fino a lasciarne solo sette. Il risultato è sorprendente, un gin premium ispirato al mediterraneo ma anche alle montagne, da bere da solo, oppure con una tonica estremamente dry.
Un gin sloveno in ogni suo aspetto…
Esattamente. Lo distilliamo a Lubiana, nella più vecchia distilleria della Slovenia. Anche nella scelta del vetro ci siamo affidati ad artigiani locali. La bottiglia ha un ruolo importante nel progetto, per questo abbiamo voluto il vetro più pregiato e pulito, 100% puro. Il risultato è stato un successo su tutta la linea: attualmente Monologue è il gin sloveno più bevuto in patria, ed è stato premiato all’estero sia per il suo gusto che per il suo design.
In conclusione: come vedi l’evoluzione della Slovenia ristorativa nei prossimi anni?
Sono molto positivo, i margini di crescita sono ampi. Le stelle sono sempre un’incognita, nessuno sa mai se le prenderà o no, ma a mio modesto parere già quest’anno ci sarebbero stati 2 o 3 colleghi che meritavano di riceverla. Sono sicuro che l’anno prossimo vedremo una crescita del riconoscimento internazionale.
E per quanto riguarda il futuro di Monologue?
Il nuovo progetto sono le toniche Dialogue, che ovviamente trasformano il "monologo" in una conversazione a due. Un progetto che è solo all’inizio: sono già uscite due referenze, firmate da me e dalla celebre cantante croata Danijela Martinović... come già detto, credo sempre molto nelle sinergie. È un progetto in divenire, che verrà ancora sviluppato in futuro. Per Monologue invece, spero di uscire al più presto dei confini sloveni, e di portare un po' della mia terra nei bicchieri di tutti gli appassionati del mondo.
Pri Lojzetu – Slovenia - Vipavska - Dvorec Zemono – +38.(0)5.3687007 - https://www.prilojzetu.com
a cura di Federico Silvio Bellanca