È stata l'esperienza come aiuto cuoco su una barca a convincere Marco Mattana che il suo futuro fosse nella ristorazione. Per questo ha bussato alla porta del Gambero Rosso dove ha frequentato il corso Professione Cuoco. Da lì in poi ci sono stati gli anni alla corte di Giulio Terrinoni e quelli da Epiro, a Roma, dove è stato chef e socio insieme ad Alessandra Viscardi, Matteo Baldi e Marco Pucciotti. Oggi lo troviamo ancora da Epiro, ma a Nizza, dove con Alessandra Viscardi guida la seconda insegna aperta insieme ai soci. Ecco tutta la storia.
Marco Mattana, quale corso hai frequentato?
Professione cuoco, nel 2007-2008
Avevi già esperienza di cucina?
No, avevo avuto delle esperienze nella ristorazione, come cameriere, barman o in gastronomie, sul litorale romano, da dove vengo. Poi ho fatto un paio di anni su una barca privata come aiuto cuoco. È quello che mi ha fatto venire la voglia di approfondire la cucina, così sono arrivato al corso del Gambero Rosso.
Quale è stato l'insegnamento più importante in quel corso?
Ho gettato le fondamenta del mestiere: venivo da zero, lì ho acquisito le nozioni di base e le tecniche. E poi ho conosciuto tanti chef già affermati. È stato il modo migliore per inserirsi nel mondo del lavoro e della ristorazione di alto livello. Poi, è ovvio, un corso è un corso, dopo di quello ti serve l'esperienza sul campo.
E tu dove l'hai acquisita?
Nella cucina di Giulio Terrinoni, ci sono stato 3 anni: sono entrato da stagista e uscito come sous chef. Un bella crescita.
Quindi se ti chiediamo chi è stato il tuo primo maestro?
È lui, Giulio. Da lui ho anche stretto molti legami con persone che oggi sono nelle cucine di mezza Italia e anche fuori.
Dopo essere andato via da Terrinoni cosa hai fatto?
Ho fatto un po' di altre esperienze in giro per ristoranti, per fare un po' di gavetta, e poi ho aperto Epiro nel 2013, con Marco Pucciotti, Alessandra Viscardi e Matteo Baldi.
E adesso dove sei?
A Nizza, dove abbiamo aperto con gli stessi soci un altro Epiro. Io e Alessandra ci siamo spostati nell'estate 2019.
Quali sono le differenze maggiori tra Roma e Nizza?
Per quanto posso vedere le persone sono molto curiose, hanno voglia di scoprire. E in un posto piccolo, molte cose sono ancora da fare. È una città che vale la pena vivere, lavorarci.
Sulla cucina, invece?
Sono legati alla cucina italiana, e quando ne trovano una originale, fatta da italiani, la vedono come una cosa esotica.
Quali sono state le difficoltà come imprenditore?
In questo momento la situazione è difficile ma ci sentiamo abbastanza tranquilli: abbiamo fatto un'ottima stagione, nonostante tutto. Ora siamo chiusi e pare che lo saremo fino al 6 aprile, ma i ristori arrivano, e per le aziende piccole come la nostra, vanno bene. Abbiamo fatto dei lavori e la settimana prossima apriremo come epicerie, e per il delivery e take away, l'idea è fare anche la pasta secca. Abbiamo potuto prenderci il tempo per riflettere su quel che dobbiamo fare e sulla nuova stagione.
E riguardo alla tua cucina, è cambiata a Nizza?
La radice dei piatti, la ricerca è quella, però qualcosa è diverso: adesso forse faccio una cucina più semplice, centrata sulla sostanza e sul prodotto. Cerchiamo il meglio anche come materia prima, questo è un territorio stupendo, ci sono produttori molto interessanti.
A Roma facevi una cucina con richiami francesi e a Nizza è più italiana?
Questo è vero, mi piace questa tradizione rinnovata e mi piace che i piatti abbiano una radice. In fondo mi sono voluto dare la possibilità di ricominciare, sempre mantenendo le basi, ma senza portarmi per forza dietro quel che avevo ricostruito a Roma.
Chi è, oggi, il tuo punto di riferimento e perché?
Il legame con Giulio è rimasto e poi nel corso del tempo ci sono state altre cucine che mi hanno ispirato. Sono legato alla cucina del Nordafrica perché i miei nonni avevano vissuto lì e a loro devo molto del mio amore per la cucina: e sono legato a quei sapori che spesso mi piace ricreare. C'è sempre tantissimo da imparare, apprendere e condividere, credo però che devi cercare di seguire un modello originale che deve essere solo il tuo. Bisogna guardarsi dentro.
E allora quale è, secondo te, la cucina del futuro?
Siamo in un momento di transizione, ci stiamo liberando di molti fronzoli e cose inutili, il vero lusso da qualche tempo è avere un prodotto che sia veramente originale. Già da tanto tempo ci sono le farm e molti ristoranti producono le loro materie prime, come abbiamo fatto anche noi a Roma e come ci piacerebbe fare anche qui, quando avremo un po' più di stabilità. Sarà ancora di più quello il futuro, e la crisi sta dando una spinta.
Per quanto riguarda lo stile di cucina?
Credo si stia tornando verso la tradizione, anche rielaborata, a dei sapori morbidi da un punto di vista emotivo: la gente ha voglia di farsi cullare, tornare in una dimensione domestica e confortevole.
La tecnica non conta più?
È importante, ma da usare in modo giusto ed etico, senza abusarne. Abbiamo consumato e inquinato con tanta di quella plastica per inseguire un vezzo.
Un piatto di cui sei orgoglioso?
In questo momento abbiamo delle pappardelle al ragù alla bolognese che sono uno spettacolo. E poi un dessert cui mi sono molto dedicato, a Roma: Limone e fragole, un Paris brest con una boule di zucchero soffiato, molto scenografico.
E uno che avresti voluto fare tu?
Tantissimi, magari stai lì, pensi a un piatto e poi vedi che l'ha già fatto qualcun altro, dai più tradizionali ai più innovativi.
Quale è la cena o il pranzo che ti ha colpito di più?
Una da Massimo Bottura. Andare alla Francescana è come visitare un museo gustativo, o vivere una performance. Trovi i grandi classici, puoi vedere il tipo di approccio e i risultati che ha raggiunto. È tutto molto bello, è stata una grande emozione, aumentata anche dal fatto che in cucina c'era un mio amico con cui ho lavorato da Giulio.
Una qualità che deve avere un cuoco, oggi?
Avere sempre voglia di imparare, se ti senti arrivato è finito. Bisogna avere fame di imparare, confrontarsi e condividere. Poi devi amare il prossimo, avere voglia di farlo stare bene.
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a cura di Antonella De Santis