«Pensatela un po' come un roner o un microonde»: Eneko Atxa vede così l'Intelligenza artificiale, come uno strumento che all'inizio può lasciare perplessi, ma che può migliorare le performance di un ristorante. Lo chef basco - Tre Stelle Michelin e Stella Verde con il suo Azurmendi – ha un approccio laico rispetto agli strumenti che la tecnologia mette in campo. Non antagonisti della creatività dello chef ma alleati che possono essere impiegati per ottimizzare le risorse e migliorare l'efficienza del proprio lavoro. Non è una novità, si potrebbe replicare, perché c'è già chi fa elaborare ricette dall'AI, con piatti che rispondono a particolari esigenze (come una ricetta senza glutine con pollo, o una zuppa invernale) o impiegano degli ingredienti specifici, come nel caso della pizzeria di San Paolo che ha fornito all'AI i dati raccolti in 10 anni di lavoro per intercettare i gusti dei clienti.
La differenza, in questo caso, è che si vuole trovare il modo di inserire l'AI nella routine lavorativa di un ristorante d'autore, non tanto per fare un esperimento ma per capire come sfruttare le possibilità che la tecnologia mette a disposizione. Ci ha pensato Atxa, folletto dall'anima green che dal suo locale a Larrabetzu – un cubo trasparente immerso nel verde a un passo da Bilbao – ha cominciato a lavorare per capire in che modo sfruttare questo strumento, raccontando tutto sul palco di Madrid Fusion, quest'anno molto attenta agli scenari della gastronomia del futuro.
Il cuoco esecutore o creatore?
Tutto nasce dall'incontro con Eneko Axpe, fisico basco residente nella Silicon Valley che si è chiesto cosa sarebbe successo portando l'AI nel contesto dell'alta ristorazione. La sfida lanciata a Eneko Atxa è stata di diventare non il creatore, ma l'esecutore delle ricette virtuali generate completamente da Chat GPT 4.0 in diversi passaggi. Ecco come è andata.
Prima è stato chiesto di inventare il nome di un piatto di alta cucina. Risposta: spuma di cavolfiore e mela con caviale di balsamico. Il secondo passaggio è stato di sviluppare una foto realistica di quel piatto, in ultimo di scrivere la ricetta a partire da quell'immagine con l'elenco degli ingredienti e tutti i passaggi. A questo punto il fisico ha passato la palla allo chef perché la realizzasse, trasformando bytes in bites. Tutto bene? No, il risultato è stato deludente: «Le consistenze non erano come previsto, i sapori non erano appetitosi, le grammature sbagliate e i colori non corrispondevano a quelli della foto. Insomma: era sfasato». Nulla che convincesse lo chef, riluttante prima di capire che il lavoro da fare era interagire con l'IA, formulando e riformulando le richieste fino a ottenere il risultato soddisfacente. Qualcosa di simile, insomma, a quando egli stesso sviluppa i piatti, sostituendo ingredienti, aggiustando grammature, modulando alcuni passaggi delle preparazioni. Allora si sono aperti gli effettivi scenari che la tecnologia offre, e l'interesse di Atxa si è animato.
Gli usi dell'Intelligenza artificiale
Con l'IA si possono trovare velocemente delle soluzioni a particolari esigenze, per esempio sostituire degli ingredienti con altri, per motivi di allergie, di sostenibilità, di particolari regimi alimentari o di mancanza di prodotti, ma anche sviluppar versioni più sostenibili, o leggere, o più sane di un piatto. Non solo: un esempio concreto di come questo strumento per facilitare il lavoro sta nel chiedere all'IA di “verbalizzare l'idea” dello chef, traducendola in un bozzetto realistico. Adesso, dopo aver esaminato gli ingredienti che ha a disposizione, chef Atxa lavora sull'idea e poi la disegna su un quaderno per illustrarla al team con il quale farà dei test per “scolpire” la ricetta definitiva, prova dopo prova fino ad arrivare alla versione finale.
La vera rivoluzione potrebbe annidarsi proprio in questa parte del lavoro, velocizzando alcune fasi, dalla creazione dell'immagine alle modifiche della ricetta: «l'IA è solo un altro strumento con cui lavorare, che ci aiuta a essere più efficienti, senza paura di perdere l'essenza di ciò che siamo». Dare indicazioni precise al Chat GPT equivale a usare correttamente un roner o un qualsiasi altro macchinario, dando i comandi giusti per arrivare al risultato desiderato, «l'IA non sostituirà gli esseri umani, ma con l'IA noi esseri umani saremo in grado di offrire qualcosa in più. Non sostituisce l'uomo: è la maniera in cui lo usi che fa la differenza».
La conferma di questo è data da un'altra prova: Atxa e Axpe hanno chiesto all'AI di rinnovare la carolina, un dolce tipico dei paesi baschi, una specie di crostatina con una spirale di meringa montata all'italiana e due strisce di cioccolato fondente e tuorlo d'uovo. Introdotte le informazioni e confrontata la foto del piatto di Azurmendi con l'immagine proposta dall'AI sono emerse molte differenze: «significa che l'interpretazione dell'IA è totalmente distinta dalla nostra».
Senza contare che Chat GPT non è esente da errori sia nei testi che nelle immagini, chiamate abitualmente "allucinazioni" dell'Intelligenza Artificiale. Ed è lo stesso con le ricette: «per questo occorre avere uno scambio costante e continuare a elaborare le risposte che dà, chiedere variazioni di ricette, ingredienti, passaggi». Insomma: non basta dare un comando e via. «Non voglio che faccia le nostre ricette ma solo che trovi soluzioni alle difficoltà che sono nel processo creativo di Azurmendi». E come la mettiamo con la creatività? «Sredo che chi lavora ne mondo dell'alta cucina non sarà sostituito perché la tua anima e il tuo spirito non si sostituiscono. È quello che fa un grande ristorante: l'anima».