"La Grappa è come l’Italia, unita di nome ma divisa nelle sue infinite sfaccettature regionali, provinciali, comunali, individuali. A seconda dei casi può essere contadina o aristocratica, orientata al futuro o al passato, ma certamente non è mai banale, perché in tutte le sue espressioni rappresenta perfettamente l’unicità dello spirito italiano". È questa la storia raccontata dal libro Grappa Spirito Italiano di Jacopo Poli (produttore e curatore del Museo della Grappa), che partendo dalle origini traccia la storia del “più italiano” dei distillati anche attraverso le immagini delle bottiglie prodotte dagli inizi degli anni ’30. Una meticolosa raccolta di 371 rare grappe da collezione provenienti da 181 distillerie (di cui 122 ormai scomparse) a prova di intenditore e a dimensione di amatore. Frutto della collezione custodita nelle due sedi vicentine del Muse Poli: a Bassano del Grappa e a Schiavon. "Oggi il salto di qualità nella produzione è di grappa è stato fatto" dice lo stesso Poli "tuttavia, soprattutto fuori confine soffriamo ancora questo retaggio negativo ed è difficile far passare il concetto che la grappa italiana è diventata un'ottima grappa. Forse bisognerebbe sviluppare una strategia a lungo termine, come hanno fatto i produttori di whiskey o di cognac, che rimedi all'assenza di comunicazione, di marketing e alla conseguente bassa competitività". E anche raccontare la grappa dalle sue origini può essere una di queste strategie per far capire di cosa si sta parlando esattamente e per fare finalmente breccia nei mercati.
Grappa Spirito Italiano | Jacopo Poli | Rizzoli | pp 200 | euro 32