«Che poi, formaggio è solo una preparazione… la ricotta si chiama così perché cotta due volte, noi la facciamo con le mandorle: qual è il problema?». Valentina de Matteis di Romeow Cat Bistrot (ristorante di cucina vegetale di Roma) e della pasticceria Julietta Pastry and Lab, non ha gradito molto le dichiarazioni del ministro dell'Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida. E come lei, anche altri colleghi. Per valorizzare di più il comparto caseario, il ministro ha detto di voler obbligare i ristoratori a servire più formaggi. Ma nel 2024, per gli chef vegani, è un po’ anacronistico.
Sì ai formaggi (ma quelli vegetali)
«Vorrei imporre un piatto dedicato al formaggio nei menu degli esercizi di ristorazione» ha detto Lollobrigida durante il Vinitaly (salvo poi inviare una nota di smentita alla stampa). Obiettivo: promuovere l’arte casearia italiana. I formaggi, però, proprio come la carne comportano uno sfruttamento animale, «consiglierei al Ministro – e un po’ a tutti – la visione del documentario Food for profit di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi, che svela in maniera precisa e schietta quello che accade a vitelli e mucche da latte» continua Valentina.
E soprattutto, chi l’ha detto che i formaggi debbano essere solo da latte animale? «Ogni volta la stessa storia, il meat sounding fa infuriare tutti, ma i metodi utilizzati dai casari possono essere riprodotti anche in forma vegetale: da Julietta, per esempio, abbiamo un gorgonzola di nostra produzione fatto con muffa nobile inoculata in una bevanda vegetale». Il procedimento è lo stesso, cambia la materia prima: «Sarebbe un piacere avere il Ministro da Julietta, magari si ricrederà assaggiando la nostra torta della nonna».
Non esistono solo i ristoranti italiani
È d’accordo anche Luca Andrè del ristorante Soul Kitchen a Torino: «Fa sorridere che considerino il termine latte o formaggio fuorviante per i consumatori… ma se c’è scritto vegetale in etichetta, come ci si può confendere?». Lui il progetto di fare un carrello dei formaggi (vegani) lo ha da tempo, «sto raccogliendo diversi prodotti per mettere insieme una selezione di qualità» e trova illogico imporre la presenza di prodotti animali in menu «non dimentichiamo che in Italia non esistono solo locali di tradizione, ci sono anche cucine straniere, diverse, perché mai dovrebbero adeguarsi a questa volontà?».
Il peso dell'industria della carne
Insomma, voler a tutti i costi dare risalto al formaggio oggi risulta un po' antiquato. «Fermo restando che in tanti ristoranti italiani e francesi è già ampliamente valorizzato» continua Luca «serve un po’ più di pensiero critico. È chiaro che l’industria della carne e del latte esercita una grande influenza, e sicuramente non mancheranno delle pressioni dall’alto per spingere di più i prodotti». Un’idea condivisa anche da Stefania Piazzolla di Pesto di Pistacchio, ristorante di cucina vegetale aperto dal 2017 a Trani: «Mi sembra ci siano dei fini perlopiù economici dietro, sostenere grandi aziende è fondamentale… triste, ma è la realtà».
Per lei puntare sull’alimentazione vegana non è stato facile, «la clientela qui è molto legata alla tradizione, cerchiamo di fare dei piatti che raccontino comunque un po’ del territorio, con ingredienti locali e preparazioni casalinghe». Dopo aver faticato tanto per solidificare la sua realtà, non è di certo disposta a scendere a compromessi: «Insistere sul formaggio oggi significa rifiutarsi di guardare avanti: l’alimentazione vegetale è il futuro, dobbiamo proseguire, non tornare indietro».