I primi passi nella ristorazione. Gli anni Ottanta
Due ristoranti e tre osterie di mare, un centinaio di dipendenti e un'attività imprenditoriale che è cresciuta senza strappi, in ascesa costante, dal 1985 a oggi. Più di trent'anni nella ristorazione romagnola senza perdere di vista il valore della famiglia, che a ben guardare forse è il vero segreto di una macchina dagli ingranaggi perfetti che gira al ritmo di un battito del cuore. Quello di nonno Marcello, in primis, che La Buca di Cesenatico ha fatto in tempo a vederla nascere, alla metà degli anni Ottanta, un avvio difficile per chi voleva fare ristorazione con un piglio nuovo, e lui era lì, a incoraggiare il cambio vita di suo figlio Stefano, laureato in economia (con tesi sui mercati ittici d'Italia) e un posto di lavoro sicuro alla Lega delle cooperative, lasciato alle spalle. Ai tempi il ristorante affacciato sul Porto Canale della cittadina romagnola era diventato la casa della famiglia Bartolini, in cucina c'era già Gregorio (Grippo, che non ha mai abbandonato la nave, e oggi è ben saldo al timone della Buca), tutta la giornata trascorreva lì: “Ricordo il nonno, seduto al tavolo, giocava a carte con Gregorio”, racconta oggi Andrea rievocando un'immagine che porta repentinamente indietro nel tempo.
Lui, classe 1983, piccolino si aggirava già padrone della situazione per la Buca, quasi nel destino fosse scritto che un giorno l'azienda sarebbe dipesa anche, e soprattutto, dalle sue decisioni. Ma nulla succede per caso, e le dinastie che hanno fatto la storia della ristorazione italiana lo insegnano: oggi la dimensione in cui si muovono Stefano e Andrea Bartolini (che insieme alla mamma, entrata in società per ultima, sono gli unici titolari dell'azienda, “ci piace muoverci senza investitori esterni”) è quella di una realtà che si muove coerente verso il futuro, ma non ha dimenticato le origini, le ricette di famiglia e l'incredibile passione per il mare di Marcello, pescatore e poi ristoratore nella Romagna del boom economico.
Valorizzare il mare
Il filo conduttore è proprio il mare, e la grande conoscenza del prodotto, che insieme assicura sensibilità per la materia prima e lucida impostazione della logistica, in una storia che intreccia senza soluzione di continuità cuore (e ci risiamo) e spirito pratico. Andrea la prima idea del mare l'ha respirata a contatto col nonno, quasi una figura mitologica: “Mi portava con lui al mercato del pesce, nel portapacchi della bici. Lì conosceva tutti, 'rubava' qualche suasino (il suaso è una sorta di rombo, più magro e delicato, ndr), poi rientravamo a casa e li cucinava per me sulla griglia. Quand'è mancato avevo 6 anni, ho smesso di mangiare pesce per tre anni. Passato il trauma ho ripreso, e non ho più smesso!”. Poi l'adolescenza e l'università a Ferrara, i weekend trascorsi a servire ai tavoli, con il pensiero sempre rivolto al ristorante. La laurea in architettura, “che è stata la mia apertura mentale”, e la passione di una vita che bussa insistente alla porta: “Il giorno dopo la laurea, ero già in cucina. Mio padre mi diceva 'esci da quelle cucine Andrea, che non c'è bisogno di te'. C'ho messo un mese a capire che il mio posto in azienda non era al pass, il mio babbo mi ha dato spazio: i primi due anni ha fatto in modo che non facessi fallire l'azienda, poi quando ha capito che poteva fidarsi abbiamo cominciato a pensare all'unisono. Lavoriamo su moodboard che definiscono l'umore e lo stile del progetto, che sia un piatto o un nuovo locale da aprire. Così facciamo circolare spunti: ci capiamo perché abbiamo imparato a condividere le idee”. Nel vero senso del termine, per gestire un'attività che nel frattempo è diventata un tesoretto da gestire con parsimonia ed entusiasmo, dosati in giusta misura: nei primi anni Novanta La Buca ha cominciato a rifiatare, superato il periodo di ostilità della piazza romagnola di allora, più abituata alla mangiata abbondante e senza grandi ambizioni che alla ricerca sul prodotto che è sempre stato il cardine del ristorante, pur molto cambiato nel tempo, e oggi meta gastronomica in grado di attirare clienti da tutta Italia, “in percentuale maggiore ai romagnoli, ancora un po' restii, mentre tanti sono gli abituèe da Bologna e Modena”.
Il sistema Bartolini. L'Osteria
Nel '99, proprio accanto alla Buca nasceva la prima Osteria del Gran Fritto: “L'idea era nata anni prima, per necessità, quando con la Buca rischiavamo di fare la fame” ricorda Stefano “Al ristorante andavano bene il fritto e il risotto che faceva il mio babbo, sarebbero stati le colonne dell'osteria. Poi l'attività ha cominciato a ingranare, ma io mi ero messo in testa di realizzare il mio progetto. Ho ripreso un vecchio testo dell'università, Il mondo alla Mc Donald's, che analizzava il fenomeno sociale e imprenditoriale: 'Se si possono fare schifezze a livello planetario' mi sono detto ' non è forse possibile fare cose buone per grandi numeri?'”. L'Osteria ha dimostrato di sì: “Avrebbe dovuto accontentare molte persone restando ferma sui nostri standard di qualità, la scommessa l'abbiamo vinta. Nei primi anni ho subito l'ostracismo di molti colleghi, ora invece il format è sdoganato”. Così nel 2004 è arrivato il raddoppio dell'Osteria a Milano Marittima, nel 2008 la Terrazza Bartolini (secondo indirizzo gourmet della casa, sempre a Milano Marittima), nel 2010 la Buca si è trasferita nel nuovo spazio (su progetto di Andrea).
E a settembre 2016 l'ultima scommessa, la più ambiziosa, a Bologna, nel bellissimo spazio con giardino (e platano secolare) di piazza Malpighi: “Abbiamo cercato di aprire a Bologna per anni, i clienti delle Osterie al mare ce lo chiedevano. Poi l'occasione giusta, Gino Fabbri ci ha segnalato un locale troppo grande per lui, ci è piaciuto subito, anche se l'investimento è stato molto importante. E siamo felici di aver comprato le mura qualche mese fa: è il nostro primo locale di proprietà, una bella soddisfazione”.
Il debutto a Bologna
Del resto a Bologna, l'Osteria, attesissima alla vigilia, ha portato grande scompiglio: “Un vero assalto, le prime settimane facevamo 400 coperti al giorno. Abbiamo dovuto convogliare il personale del mare, a Cesenatico pulivano il pesce per portarlo qui. Sapevamo di poter fare bene, ma non così”. Il momento critico si è protratto almeno per 4 mesi, poi la situazione si è normalizzata, ma oggi i flussi sono comunque molto soddisfacenti, a pranzo e cena, con una clientela abituale che torna anche 2 o 3 volte alla settimana, facendo affidamento su un menu del giorno che quotidianamente affianca con 6 o 7 proposte inedite (secondo disponibilità del prodotto, perché è sempre il mare che comanda) la carta dei classici, risotto e gran fritto in prima linea. Tutto si regge su un'organizzazione ferrea: al mercato ittico la famiglia ha tre postazioni – per Cesenatico, Milano Marittima, Bologna – Gregorio segue personalmente l'asta 2 o 3 volte alla settimana: “Guarda il pesce negli occhi, lo seleziona con cura, si assicura di bloccare il prezzo migliore. E questo ci agevola: il pesce entra nelle cucine già ispezionato, seguiamo tutta la logistica con due camioncini refrigerati. Così manteniamo un rapporto qualità/prezzo ottimale, che nello specifico a Bologna non ha rivali”. L'altro punto di forza è la gestione del personale: “Crediamo molto nella formazione, vogliamo persone preparate e motivate, che partecipino attivamente ai progetti. Ci piacerebbe essere lungimiranti per crescere ancora, è importante creare uno staff entusiasta, soddisfatto dal punto di vista economico e del lavoro che fa. Per questo stiamo lavorando con un fondo che ci aiuta con incentivi per sviluppare la formazione, per creare sistema che ci porterà ad accogliere formatori professionisti in squadra, per formare anche sul concetto di leadership e accoglienza.” Di circa 100 dipendenti, 48 sono in organico a Bologna: “Investiamo molto sulle persone per lavorare sulla materia prima grezza, e questo facilita anche il servizio”.
Le ricette di famiglia
Gli chef di cucina dei diversi locali comunicano tra loro costantemente, attenti a passarsi informazioni sul prodotto. Condividono anche le ricette, che di concerto con Andrea e Stefano vengono concepite secondo disponibilità del mercato e umore del momento, purché fedeli alla cucina di mare semplice, ben fatta e della memoria che fa brillare le Osterie: “Molte arrivano dal ricettario del nonno, cerchiamo sempre di proporre pesci poco conosciuti dell'Adriatico, ma non facciamo cose strane. Qui è il comfort food a giocare da protagonista: piatti confortevoli e golosi, non ho ancora capito se nell'era contemporanea questo sia un limite”. Quindi gli spaghetti con le poverazze (grandi vongole locali, un tempo vendute dalle mogli dei pescatori come merce di scambio ai contadini dell'entroterra, “a piedi o in bici, con sacchi di juta pesantissimi”), la crema di patate con lumachine di mare di sabbia, ingentilite da una preparazione più adatta al gusto contemporaneo, “anche se in casa era tradizione cuocerle nel guscio, col sugo, e poi 'sculettarle', succhiandole per farle uscire... Quanti pomeriggi passati così!” ricorda Stefano, che è una miniera di aneddoti per ogni piatto in menu. E ancora la baraccola (una sorta di razza, ma più gelatinosa) fritta e ripassata al pomodoro, perfetta da mangiare il giorno dopo. Piatti di recupero, come la zuppa di monfettini in brodo rosso di seppioline - “ma solo gli scarti, come si usava nelle case di un tempo” - e ingredienti sconosciuti ai più, il granchio melograno, la vongola turbo, la saraghina: “Mio padre non ha mai visto un salmone, e se trovasse uno spada sulla nostra tavola...!”.
Il prodotto, le lavorazioni
Dietro ci sono anche i fornitori – molti del territorio, come i produttori che forniscono il vino, anche se la carta si avvale pure della grande passione di Andrea per bollicine e Champagne - perché non di solo pesce si vive: “Cerchiamo prodotti che siano funzionali alle lavorazioni, ma ci piace anche seguire le storie di chi li produce”. La patate da friggere, per esempio, arrivano da un'azienda a conduzione familiare di Lugo, “abbiamo studiato con lui il prodotto, per avere un controllo sugli amidi costante, e un risultato in frittura che ci soddisfi tutto l'anno”. Del resto sulla frittura da queste parti non si scherza: quella che arriva in tavola è sontuosa, triglie, moletti, calamari, sardoncini. Moltissimi si siedono solo per questo, e infatti a Bologna 100 dei 200 kilowatt a disposizione sono impiegati per cinque macchine all'avanguardia, con vasche disegnate su misura per non avere problemi con la farina, e temperatura costante, sempre molto alta: “A Cesenatico invece le macchine elettriche non andrebbero perché abbiamo meno potenza e allora seguiamo il metodo dei tre salti, una vasca d'entrata, poi una seconda vasca con olio a 200-170 gradi e un'ultima per completare: scotti, cuoci e dai la croccantezza”, spiega Andrea sicuro, dopo anni di esperimenti sul campo.
Stessa attenzione per pane e pasta – realizzati al laboratorio di Cesenatico con maniacalità, carteggiando periodicamente i taglieri per tirare la sfoglia, rigorosamente al mattarello, perché la pasta sia sempre ruvida la punto giusto – e per i dolci, che trionfano, insolitamente abbondanti ed elaborati, sul menu delle Osterie: “Il dolce spesso è bistrattato, in Riviera trovi ancora il tartufo della Bindi! E invece pensa al costo della materia prima e al prezzo di vendita: c'è molto margine di guadagno, più lo fai buono, più è ordinabile, meglio è per tutti”. Il più ordinato? Un classico in arrivo dalla Buca d'antan: il gelato alla crema con scorza d'arancia e caramello, “non possiamo toglierlo dal menu”.
Il circuito gourmet. La continuità della Buca, il futuro della Terrazza
Intanto a Cesenatico la Buca procede sulla sua strada: merito della continuità che assicura Gregorio, della sua sensibilità per la materia prima, della capacità di valorizzarla senza ricorrere a inutili voli pindarici. “Sa il fatto suo, e per questo andiamo così d'accordo. Ormai è di famiglia”, ribadisce Stefano. Le soddisfazioni sono arrivate col tempo, l'indotto delle Osterie garantisce tranquillità, la carta racconta il mare in modo gentile, con tante suggestioni vegetali e accostamenti che non arrivano mai per per caso. C'è anche tanta Romagna - i crudi freschissimi, la pasta fresca - ma intepretata con piglio moderno, al meglio di come possa presentarsi: “I numeri non sono neanche lontanamente paragonabili alle Osterie, ma investiamo pesantemente, perché per noi è nato tutto dalla Buca. E il lavoro di nicchia ci piace”.
E allora perché non pensare in grande? Presto la Terrazza Bartolini di Milano Marittima, finora stagionale, potrebbe trasformarsi in un ristorante aperto tutto l'anno, “appena avremo i permessi per chiudere la terrazza affacciata sul mare”. L'idea? “Non una copia della Buca, ma un menu agile che giochi con piatti di materia prima presentata in forma essenziale. Servizio di sala curato, fresco, attento ai dettagli. Grande professionalità non ostentata, stoviglie classiche perché l'attenzione si concentri sul prodotto e sulla facilità di conversazione a tavola. Fascia di prezzo sui 65-70 euro. Vorremmo divertirci noi, e dare un approccio facile al cliente. Con grandi vini, tanti crudi e cotture espresse a fuoco vivo, sulla teppaniyaki di tre metri che abbiamo in dote in cucina”. Un sogno molto vicino a concretizzarsi, mentre il progetto Osteria cresce da sé: “Ci piace molto Torino, ma per ora mettiamo in sicurezza ciò che abbiamo”. Un passo alla volta.
La Buca - Cesenatico (RN) - corso Garibaldi, 45 - labucaristorante.com
Osteria del Gran Fritto - Cesenatico (RN) - Porto Canale - corso Garibaldi, 41 - osteriadelgranfritto.com
Osteria del Gran Fritto - Milano Marittima (RA) - via Arrigo Boito, 28 - osteriadelgranfrittomilanomarittima.com
Osteria del Gran Fritto - Bologna - piazza Malpighi, 16 - osteriabartolinibologna.com
Terrazza Bartolini - Milano Marittima (RA) - via Arrigo Boito, 28 - terrazzabartolini.com
a cura di Livia Montagnoli