Davide Musci. Da Satollo a Lanzarote
A Roma, qualcuno lo ricorderà con nostalgia dai tempi di Satollo, tavola garbata di cucina creativa ma solida, del quartiere Testaccio. Un progetto avviato nel 2008 da Davide Musci, torinese trapiantato in città, che le sue radici ha sempre cercato di portarle con sé. Prima al ristorante, con prodotti e ricette del territorio piemontese, oggi, che tutto è cambiato, sull’isola di Lanzarote, dove si è trasferito con la sua compagna qualche anno fa in cerca del classico cambio vita. Del resto di vite precedenti, nel passato di Davide, se ne contano diverse: dal mondo della televisione, primo amore, alla cucina, prima di optare per una delle isole più incontaminate dell’arcipelago delle Canarie, al largo della penisola iberica, in vista di un tranquillità che il caos cittadino non poteva più assicurare. Perché proprio laggiù? “Un colpo di fulmine, alla prima vacanza, poi 6/7 anni di ferie trascorse sull’isola, prima di decidere che la nostra vita sarebbe stata qui. Nostro figlio era appena nato, volevamo dargli un futuro diverso, in un posto a misura d’uomo. E a distanza di anni sono convinto di aver fatto la scelta giusta, nonostante lo spaesamento iniziale”. A Lanzarote Davide si è reinventato nel settore immobiliare, continuando però a coltivare una passione amatoriale per la produzione di distillati e liquori.
Il vermut di Davide, col vino di Lanzarote
E da circa un anno, insieme a Luca Fissolo e Alberto Sanino– anche loro piemontesi sull’isola, che a Lanzarote gestiscono da 10 anni un’attività di profumi e cosmetici naturali – ha avviato un progetto nato quasi per gioco, che alla fine dell’estate ha dato i primi frutti. Il Primo de Lanzarote, lo dice il nome, è il primo vermut prodotto nelle Canarie, aromatizzando il vino più caratteristico dell’isola, la Malvasia Volcanica. L’idea omaggia la tradizione torinese del vermut, e quindi racconta qualcosa della cultura piemontese di Davide e dei suoi soci, ma atterra su un terreno fertile come può essere il mercato spagnolo, perlomeno quello continentale, dove la produzione e il consumo di vermut sono decisamente in voga, “seppur il prodotto sia spesso ottenuto a partire da vino di scarsa qualità, come tra l’altro ci racconta la storia del passato, quando il vermut nacque anche con l’intenzione di migliorare vini non proprio potabili”. E però anche in Spagna, negli ultimi anni, qualche realtà di nicchia ha cominciato a lavorare su vermut realizzati con vini del territorio, valorizzando le specificità locali. Davide ha pensato di farlo con un vino che gli piace molto, particolarmente aromatico, a bassissima acidità: “Ho scelto quello della mia cantina preferita, Bodegas Reymar Los Perdomos, dove ci appoggiamo anche per la produzione. Abbiamo elaborato una ricetta che all’artemisia, alla china e alla cannella unisce molti profumi dell’isola, dalle arance di Lanzarote alla salvia Canaria, al cilantro. E poi santoreggia, sambuco, e il falso zafferano che cresce spontaneamente qui. E il prodotto finale è molto caratterizzato dalla qualità del vino”. Che però limita la produzione, essendo comunque disponibile in quantità limitate dall’estensione dell’isola, che pure è intensamente votata alla viticoltura.
Il Primo di Lanzarote
Dunque la prima produzione di vermut di Lanzarote, bianco, conta 3000 bottiglie, presentate sul mercato all’inizio di settembre, in occasione di una fiera locale: “Abbiamo avuto subito grande visibilità, probabilmente sollecitando anche l’orgoglio degli abitanti del luogo e di tutte le Canarie. Anche il nome conta. E infatti le richieste sono arrivate più numerose di quante potessimo accoglierne: per ora distribuiamo a una decina di realtà dell’arcipelago, tra Lanzarote e Tenerife. Ma sono interessati anche distributori importanti e presto qualche bottiglia arriverà a Madrid. Intanto abbiamo avviato la seconda produzione di vermut bianco, e presto saremo pronti con il rosso”. Entrambe le ricette partono dalla Malvasia, per la colorazione del vermut rosso Davide ha scelto ancora una volta di privilegiare ingredienti autoctoni: “Solitamente si usa il caramello, noi utilizziamo una sorta di fico d’India locale e il cosiddetto miele di palma, che si estrae dalle palme e poi viene cotto prima di essere utilizzato. Il prodotto finale è più amaro del bianco, ugualmente buono”. Risultati che incoraggiano a continuare su questa strada, che un giorno non troppo lontano potrebbe diventare una nuova professione: “Per ora resta una passione, ma non escludo nulla. È un modo diverso di approcciarmi di nuovo alla ristorazione: qui la scena gastronomica sta rapidamente evolvendo, sull’isola hanno capito con un po’ di ritardo che l’enogastronomia può essere un traino importante per il turismo. E ora investono in fiere, festival, comunicazione. Però non tornerei mai a fare il ristoratore, quei ritmi non mi appartengono più.” E allora Davide continua a sperimentare in cantina: “Ora sono alle prese con un vino da meditazione, come li chiamiamo noi in Italia. Un vino “chinato”, che però utilizza le carrube molto diffuse sull’isola”.
a cura di Livia Montagnoli