Sono stati vari gli episodi che ci hanno condotto a riprendere il discorso sul comparto di sala e le condizioni lavorative (pessime) dei camerieri. Soprattutto dopo la cena disastrosa al Bulgari Hotel di Niko Romito documentata da un nostro giornalista, in cui tutto è andato storto, soprattutto dal punto di vista del servizio; o l’episodio della cena di mille persone a San Benedetto del Tronto, di cui vi abbiamo ampiamente parlato. Ma potremmo sciorinare casi su casi, come la questione sollevata da Claudio Amendola, nella nostra intervista, sui giovani che “non vogliono lavorare nei ristoranti” e via discorrendo.
La crisi del comparto di sala della ristorazione italiana
La crisi che il settore sta subendo è nota: personale introvabile, gente che rivendica il suo diritto a lavorare in condizioni decenti, clienti insoddisfatti perché serviti male o non serviti proprio, con il risultato che il motore di questa macchina della sala s’inceppa e arriva a manomettere anche quello della cucina del ristorante, e viceversa.
E quali sono i problemi? Vi starete chiedendo. L’elenco è presto fatto: paghe inadeguate, formazione del personale carente, straordinari non pagati, orari che vanno oltre quelli stabiliti. Fatica, molta. Sia fisica che mentale.
Direte: l’abbiamo fatto tutti, i nostri genitori sono emigrati in Germania negli anni Settanta. Ecco. Appunto. Agli anni Settanta risale l’ultimo aggiornamento del contratto collettivo nazionale per il settore in questione, che ancora non viene aggiornato, come ci fa notare Matteo Zappile, General Manager del ristorante Il Pagliaccio di Anthony Genovese a Roma.
E, dopo che la cena da Bulgari è stato l’ennesimo spunto per accendere un faro sul comparto di sala, abbiamo cercato di fare chiarezza proprio con Zappile che, in una lettera pubblicata proprio da Gambero Rosso, aveva già denunciato le anomalie del sistema.
Ma quindi, secondo lei cosa è successo da Niko Romito l’altra sera? Dov’è stato il problema?
Ho letto l’articolo più volte. Se quella è l’evidenza, non metto bocca. A me dispiace molto, mi sembra strano sia stata una cena così disastrosa, però può succedere. Sono dinamiche interne loro e non mi permetto di commentare.
L’evidenza è che, se c’è un problema non è di Niko Romito al Bulgari, ma a tutti i livelli: come spiegavo nella mia lettera, c’è bisogno di rivedere tutto il comparto, non solo i camerieri anche cuochi e tutti quelli del settore Horeca.
Insomma, ci sta confermando che il personale di sala ha fatto fare una brutta figura allo chef?
Il cliente quando va da Bulgari, crede di andare da Niko Romito al Castel di Sangro (ristorante Reale, ndr.) perché il focus è quello, il Tre Stelle. O gli chef la smettono con le consulenze, oppure le proprietà paghino di più per formare il personale. Credo sia questo il punto.
Ci spieghi meglio.
Le grosse catene hanno fatto degli acquisti forse sbagliati, hanno trattato Roma come fossero tutte le altre città e ora si trovano in difficoltà. Roma è un paesotto e vive una realtà tutta sua.
In che senso? L’organizzazione del personale di sala è sbagliata?
La formazione non è adeguata. Un’organizzazione grande come quella delle catene che ha vari outlet come bistrot, bar, ristorante gourmet etc… ha bisogno di una lunga formazione. Se prendi un ragazzo dal bistrot e lo metti al gourmet e dal gourmet lo metti in terrazza, non ha la formazione tale per fare tutto questo. Bisogna fare anche una formazione differente in base al reparto in cui lavorano. C’è da dire anche che fare il cameriere non è per tutti. Si studia, si studiano le lingue, c’è un grande lavoro da fare.
E cosa succede nello specifico nelle grandi catene con lo staff?
Nelle grandi catene il manager deve sottostare alla direzione generale della proprietà che, se non ti mette nelle condizioni di stimolare il tuo staff, ti fa risultate il manager impotente, non puoi fare nulla.
E di qui il malcontento dei camerieri…
Il problema di oggi è che si punta tutto sulla customer satisfaction, e non sulla staff satisfaction. Bisognerebbe pensare di più al benessere dello staff. Se lo staff sta bene, stanno bene tutti: se lo massacri umiliandolo con degli alloggi non adeguati, la paga non adeguata, se non paghi straordinari (parlo in generale, non di Bulgari), hai uno staff che si lamenta dalla mattina alla sera, perché non ha le scarpe adatte, perché la divisa è calda in estate. Quindi se hai uno staff che lavora male, non avrai un servizio di lato livello. Per questo il problema non è di Niko Romito.
E quali sono le conseguenze?
Non esiste più lo staff che sposa la causa. Oggi i ragazzi, se trovano un bar che gli dà 50 euro in più se ne vanno, non esistono più i Niko Romito, gli Anthony Genovese, Massimo Bottura etc... C’è solo tempo, soldi, vita.
Cosa sta succedendo nel comparto di sala ai “bassi” livelli fra i camerieri?
I ragazzi di oggi vogliono lavorare il giusto. “Se su un contratto c’è scritto 8 ore di lavoro, non vedo perché devo farne 13”, questo dicono. “Se da contratto c’è scritto che posso prendermi dei permessi, non vedo perché devo supplicare il mio manager”.
E quindi che cosa chiedono?
Vogliono lavorare, ma vogliono essere formati: “Voglio lavorare bene, non voglio lavorare con il doppio petto a 40 gradi all’ombra d’estate facendo gli straordinari non pagati. Questo è il punto. O cambia tutto o andrà sempre peggio.
Ma perché queste cose vengono fuori solo adesso?
L’emergenza si è palesata dopo il Covid. La vecchia guardia ha capito che c’è una vita dopo il lavoro, i nuovi guardano il contratto: se c’è scritto 8 ore, fanno 8 ore. A 8 ore e un minuto cade la penna. Un ragazzo che dopo 8 ore se ne va, blocca il servizio.
Se hai un problema personale di emergenza grave, un cameriere non può chiedere un giorno di ferie?
Fai la richiesta al manager, se te l’approva sì.
Come in tutti i lavori…
Non tutti i lavori vengono svolti in stato di emergenza strutturata. In sala l’emergenza c’è da 15 anni. È ormai diventata consuetudine. E il ragionamento è automatico: consuetudine = standard, standard = lamentela, lamentela = problematica del cliente. Questo è il discorso. Chi ha il tempo di prendersi i permessi? Nessuno.
Perché, che cosa succede di così grave?
Se un commercialista oggi non si presenta, non succede nulla. Se un cameriere non viene al lavoro, si blocca il servizio. Si va in difficoltà. Ma i camerieri spesso sono ragazzi, con le loro esigenze, di cui dopo la pandemia avvertono sempre di più l’importanza. Per rispondere a questo, le grosse catene quando fanno recruitment offrono benefit: compleanno off, due giorni di risposo attaccati, domenica libera.
Tutte cose normali, no?
Forse fuori dalla ristorazione. In Sala non è detto: non è affatto scontato che tu il tuo giorno del compleanno possa essere libero. I miei compleanni da 13 anni a questa parte sono stati sempre a Via dei Banchi Vecchi (sede di Il Pagliaccio a Roma, ndr.), non vado a festeggiare in giro, non esiste.
E come si risolve la questione tra proprietà e lavoratori?
Io qui al Pagliaccio sono esattamente nel mezzo tra proprietà e staff. Io capisco entrambe le parti. Ovviamente, le proprietà fanno i conti, guardano i numeri: con la pressione fiscale del Governo non è possibile fare di meglio. Non è fattibile a livello psico-fisico, a livello economico. Dunque, da un lato ha ragione la proprietà che dice “non posso stare aperto solo a cena perché non rientro con i conti”, dall’altro lato lo staff risponde che “non sono problemi miei”.
E cosa si può fare, allora? Qual è il suo suggerimento?
In grande parte la colpa è vostra (giornalisti, ndr.) di questa situazione, che avete osannato gli chef da dieci anni a questa parte e tralasciato il comparto sala. Al posto di fare le copertine con gli chef, fatele con i restaurant manager, head sommelier, assistent manager, general manager e cominciate ad accendere una luce e dire: “Se Niko Romito ha Tre Stelle è grazie anche a Gianni Sinesi, se Anthony Genovese ha Due Stelle è grazie anche a Veronica Loachamin, e così via...”. Bisogna cominciare a dare alla Sala l’importanza che ha. E a rendere più attrattivo un mestiere che può essere bellissimo.