Il funerale del grano italiano nella Giornata Mondiale della Pasta. La protesta degli agricoltori in crisi

23 Ott 2016, 09:16 | a cura di

Il 25 ottobre a Mosca si festeggia il diciottesimo compleanno del World Pasta Day, che fa registrare numeri da record per il consumo di pasta nel mondo. Ma a Bettolle la giornata sarà segnata dalla protesta dei produttori di grano, che si riuniscono per denunciare la crisi del settore. Con tanto di funerale. 


Il funerale del grano italiano. Perché

Dopo lungo e penoso disinteresse della politica è venuto a mancare il grano italiano. Il necrologio è degno della più sentita affissione funebre per la perdita di un caro estinto. A “darne il triste annuncio” si riuniscono Confagricoltura, la Cia, l'A.P.I.M.A. e tutti gli agricoltori d'Italia, “mandanti” del funerale che avrà luogo martedì 25 ottobre al casello autostradale Valdichiana di Bettolle (uscita dell'A1 in provincia di Siena). Una cerimonia di raccoglimento e protesta che vede il fronte degli agricoltori compatto contro quella contrazione dei prezzi che sta mettendo in ginocchio il comparto cerealicolo nazionale. Ma cominciamo dall'inizio. Se è vero che l'Italia produce ogni anno 4 milioni di tonnellate di grano duro, al consumo interno stimato intorno ai 3 milioni di tonnellate risponde soprattutto il grano di importazione (principalmente dal Canada), quantificabile in 2 milioni e mezzo di tonnellate. Diverso il quadro relativo al grano tenero: qui la filiera interna non sarebbe comunque in grado di soddisfare il nostro fabbisogno, superiore ai 7 milioni di tonnellate, dal momento che la semina garantisce circa 3 milioni di tonnellate, di cui solo 200mila foraggiano l'export. E allora la questione ruota proprio intorno alla necessità di valorizzare una filiera di grande importanza alimentare - specie in un Paese che ha fatto della pasta la propria bandiera nel mondo – ma fin troppo bistrattata, preservando l'origine del grano duro con misure che ne tutelino la tracciabilità.

 

Valorizzazione della filiera e tracciabilità

Per dirla con le parole di Luca Ginestrini, vicedirettore di Confindustria Arezzo e promotore del funerale del grano, “il problema è quindi quello di fare in modo che l’attestazione dell’origine italiana attribuisca al grano duro più valore aggiunto mantenendolo nei vari passaggi all’interno della filiera e fino alla vendita al dettaglio”. Obiettivo che trova d'accordo gli agricoltori riuniti – com'è prevedibile – ma pure l'industria molitoria, che a più riprese si è detta disposta a valorizzare semola e farina di grano duro 100% italiane. Più complesso, invece, fare breccia tra i pastifici, nonostante la richiesta di chi protesta punti proprio all'adozione di un sistema certo dal campo allo scaffale. Fino ad avanzare la proposta di una norma che renda obbligatoria l'indicazione di origine del frumento duro sulle confezioni di pasta. Ecco perché nella mattinata del 25 ottobre un corteo di trattori si prepara a intonare canti funebri per piangere come merita il grano italiano: la messa in scena (con tanto di bara e banda musicale) nasconde un'urgenza ben più seria e si ripromette di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla crisi in cui versa il settore, pur arrecando inevitabili disagi alla viabilità locale, con un sit in che si protrarrà dalle 8.30 alle 14, riunendo i produttori di Umbria, Toscana, Abruzzo e Lazio. “Le aziende sono fortemente indebitate e minacciano lo stop delle semine” rincara la dose Ginestrini“Vogliamo misure urgenti e concrete”.

 

Agricoltori vs pastai. Perché il grano straniero è necessario

Solo tre mesi fa a rivendicare il diritto al giusto prezzo (crollato del 42% rispetto al 2015) ci avevano pensato i duemila agricoltori scesi in piazza a Roma (in concomitanza con la marcia dei trattori in molte città d’Italia), minacciando di interrompere la semina. Allora il ministro Maurizio Martina si era sentito di rassicurare i manifestanti con la promessa di un finanziamento di 10 milioni di euro per riqualificare la produzione cerealicola su base nazionale e favorire gli accordi con i trasformatori. Anche perché come più volte ribadito da Aidepi, la preferenza accordata dai pastai ai grani stranieri non mira certo a penalizzare il made in Italy, ma tiene conto di fattori oggettivi: il grande fabbisogno di grano duro per alimentare il primato di leader mondiale nella produzione di pasta dell’Italia, ma pure la qualità superiore – per via dell’alto contenuto di glutine -  di quei frumenti selezionati all’estero dai pastifici nazionali per realizzare pasta altrettanto pregiata. Tante voci in campo, dunque, ed esigenze difficili da conciliare – la guerra del grano, l’hanno ribattezzata -  che continuano ad agitare un settore che conta trentamila aziende agricole a rischio per la contrazione dei prezzi, frutto secondo Coldiretti di una strategia speculativa che tramite le importazioni mira a determinare un eccesso di offerta. La questione è annosa, la soluzione ancora troppo lontana. Ma gli agricoltori non sembrano intenzionati a desistere, e il funerale di Bettolle lo conferma.

 

Curioso che, in concomitanza con la protesta, nel resto d’Italia e del mondo si festeggerà la Giornata mondiale della pasta e in tanti sono pronti a celebrare un mercato mai così fiorente come negli ultimi tempi: in 18 anni – da quando si festeggia il World Pasta Day – la produzione mondiale è cresciuta del 57%. E l’Italia si conferma in testa, con quasi 2 milioni di tonnellate esportate. Ma per i produttori cerealicoli questo non è proprio il momento per esultare.

 

a cura di Livia Montagnoli

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