I debiti di Jamie Oliver
All'inizio del 2018, sommerso dai debiti, Jamie Oliver si trovava costretto a spiegare perché la sua catena di ristoranti più celebre, incentrata sulla divulgazione della cucina italiana, navigasse in acque così agitate dopo un passato tanto florido. All'apice della sua espansione, il piccolo impero costruito dallo chef inglese innamorato dell'Italia contava oltre 40 ristoranti in Gran Bretagna, e quasi altrettanti in giro per il mondo. Poi, specie sul versante inglese, il calo degli incassi, l'accumulo dei debiti (stimati dal Sun, all'inizio del 2018, in oltre 70 milioni di sterline) e la chiusura di alcune sedi della catena Jamie's Italian, col conseguente licenziamento di centinaia di dipendenti. Dunque la rassicurazioni di rito, con la società pronta a rincuorare clienti e fornitori - “abbiamo un marchio solido e siamo decisi a mantenere alti gli standard che ci identificano” - e Jamie Oliver che puntava il dito contro le difficoltà di importazione determinate dall'effetto Brexit (capro espiatorio perfetto), oltre a fare ammenda sulla fiducia accordata “a partner commerciali sbagliati”. Un anno fa, per far fronte alle difficoltà, lo chef arrivava anche a rifinanziare la società con 3 milioni di sterline dal suo patrimonio personale.
Fallimento per Jamie's Italian. 1300 posti a rischio
Oggi, le notizie che trapelano dal tribunale fallimentare, confermate sui social network da Jamie Oliver in persona, descrivono una situazione ancora più critica. Per non dire irreversibile. Troppo delineata la brutta china presa dal gruppo da qualche anno a questa parte, in aula finiscono i conti di 25 ristoranti che rispondono a tre diverse insegne, tutte gestite da Oliver: Jamie's Italian, Barbecoa e Fifteen. A rischio, se la procedura fallimentare dovesse andare a buon fine, 1300 lavoratori impiegati nelle attività, che comprendono diverse filiali di punta della catena, 8 solo a Londra (più il Jamie's Diner all'aeroporto di Gatwick), ma anche a Cambridge, Liverpool, Edimburgo, e in altre città inglesi di riferimento. “Sono sconvolto dal fatto che per i nostri ristoranti in Gran Bretagna si profili il fallimento. Ma voglio ringraziare tutte le persone che hanno messo impegno e cuore nella nostra attività per tutti questi anni”, scrive il cuoco e star televisiva su Twitter.
Il dispiacere di Jamie Oliver
E tutto fa pensare che il progetto Jamie's Italian, nato nel 2008, stavolta sia davvero arrivato al capolinea: “Abbiamo lanciato Jamie's Italian con l'intenzione di cambiare la ristorazione in Inghilterra, con ingredienti di qualità superiore, grazie a un team straordinario che ha condiviso la mia passione per l'ottimo cibo”, spiega ora Oliver, ribadendo la bontà delle sue intenzioni, che peraltro ha sempre applicato, in questi anni, a una militanza sul campo dell'educazione alimentare davvero lodevole. Con meno fortuna (e capacità), invece, sembra aver affrontato la gestione imprenditoriale delle sue attività di ristorazione. Anche se resta in piedi la società Jamie's Italian International Limited, che amministra in franchising le sedi all'estero dell'insegna. Intanto gli analisti di settore già stilano i primi requiem: l'errore di Oliver? Non comprendere l'importanza di rinnovarsi di fronte all'avvento di nuove tendenze e competitor.