La Bbc e gli spaghetti che crescono sugli alberi
Il più riuscito pesce d'aprile della storia enogastronomica? Gli spaghetti che crescono sugli alberi. È uno degli aneddoti raccontati dal food writer britannico Bill Knott nel libro sulla cucina italiana Con gusto: How Italian Food conquered Britain(Edizione Saclà Uk limited). Era il primo aprile 1957 quando la Bbc trasmetteva, all'interno del programma 'Panorama', un servizio di tre minuti su una famiglia impegnata a raccogliere spaghetti dagli alberi. A presentarlo un serissimo Richard Dimbleby, uno dei più autorevoli giornalisti del servizio radiotelevisivo pubblico inglese. Il giorno successivo alla messa in onda furono centinaia le telefonate arrivate alla redazione per chiedere informazioni e consigli su dove comprare e come coltivare questa pianta delle meraviglie. Alcuni arrivarono perfino a chiedere se gli spaghetti crescessero in verticale o in orizzontale. La risposta della Bbc è da miglior manuale di humor inglese: ''Mettete un pugno di spaghetti in un recipiente con della salsa di pomodoro e sperate nel meglio''.
Oggi tanta acqua è bollita in pentola e probabilmente nessuno abboccherebbe più alla storiella dell'albero degli spaghetti, ma questo piccolo episodio ci fa capire come, fino a mezzo secolo fa, il cibo italiano Oltremanica fosse considerato esotico e ben lontano dal diventare protagonista quotidiano della tavola. Ci vollero i favolosi anni '60 e tutto l'impegno degli immigrati italiani a Londra affinché le cose cambiassero e “quell'isola in mezzo all'Atlantico si innamorasse di pizza, pasta e Dolce Vita”.
Pizza, pasta e Dolce Vita
Come ci racconta Knott, uno degli eventi chiave fu, nel 1959, l'apertura a Soho della trattoria La Terrazza (o semplicemente The Trat) di Mario Cassandro e Franco Lagatolla. Un vero must del tempo per il cibo italiano e l'inizio di una storia d'amore fatta di spaghetti alle vongole, mozzarella in carrozza, saltimbocca alla romana. Per la prima volta la cucina italiana, fino ad allora surclassata da quella francese, divenne cool, aprendo le porte all'italian lifestyle. Mentre per le strade di Londra - ma soprattutto nei sobborghi - iniziavano a girare moderne utilitarie Bedford o Transit vans che promettevano tutto il gusto italiano in un semplice cono da passeggio. Memorabile la pubblicità degli anni' 70 “Just one Cornetto”, protagonista un gondoliere veneziano intento a cantare “O Sole Mio” e a gustarsi il suo cornetto Spica (marchio napoletano a cui è associata la nascita del primo cornetto italiano).
Invece, il vino italiano più conosciuto era e rimaneva il Chianti. Anzi il fiasco di Chianti, “a bottle in a basket”. “Non suona molto romantico” scrive Knott “ma divenne un accompagnatore unico per trascorrere la serata con una persona amata ... e con un buon piatto di pasta”. A mano a mano sbarcarono sull'Isola di Sua Maestà anche le conserve italiane - pomodori, olive, carciofi, pesto - ritagliandosi un posto di primo piano prima nei ristoranti, poi nelle case, sebbene inizialmente non “parlassero” inglese.
Made in Italy oggi
Oggi ad esempio il leader del pesto in barattolo in Uk è l'italianissima Saclà, ma quando i fondatori – i coniugi Ercole - vi misero per la prima volta piede nessuno di loro parlava inglese. “Questi prodotti dell'estate italiana” scrive il food writer “sono entrati, grazie alle nuove tecniche di conservazione, nelle cucine inglesi come un raggio di sole e non le hanno più lasciate. Oggi il made in Italy fa parte della“British diet”, grazie a chi negli anni '60 gli aprì le porte di questo Regno. “Niente di simile” Continua Knott “sarebbe potuto accadere in Francia, dove l'orgoglio nazionale può essere misurato dal numero di formaggi che produce o dal numero di stelle Michelin assegnate ai suoi ristoranti. La Gran Bretagna, al contrario, era una nazione ancora scossa dalle privazioni della Guerra che stava sperimentando gli Swinging Sixties, gli anni in cui i Beatles, i Kinks e gli Stones portavano la loro musica, la Francia provvedeva allo Champagne e l'Italia al cibo”. Ma adesso si è andato oltre. Non si parla più semplicemente di cucina italiana in Inghilterra, ma di cucina italiana inglese. Che vuol dire anche trovare in uno stesso menu sia risotto ai funghi siasausage and mash, poter ordinare burrata o 'nduja nelle più famose catene di ristoranti inglesi e poter acquistare il pesto al coriandolo (made in Italy, ma introvabile in Italia!) tra gli scaffali di Waitrose. Come scrive Knott: “We are all Italians now”. E di spaghetti sugli alberi non ne crescono più.
a cura di Loredana Sottile