Cucinare contro le barriere sociali
Questa storia comincia da una piccola sconfitta, anche se il lieto fine è sempre dietro l'angolo. E allora, il pretesto per scomodare l'incipit di rito c'è tutto. C'era una volta un gruppo di giovani donne che volevano fare qualcosa di buono per la propria comunità, uscire dal “ghetto” per svelare ciò che il pregiudizio rende invisibile agli occhi, riscoprire la voglia di condividere un obiettivo... Intorno a una tavola imbandita con i piatti della festa. Niente lasagne e pasta al ragù, piuttosto mici, sarmale e pita ripiena. Che poi sono le pietanze tradizionali della cultura rom. Quelle che le donne dal campo di via Candoni, zona Magliana alla periferia di Roma, hanno imparato a cucinare sin da bambine. Tradizioni confinate all'interno di un campo, come tanti ce ne sono in Italia, dove i rom rappresentano lo 0,25% della popolazione complessiva. E solo il 3% può considerarsi nomade, mentre circa la metà di loro detengono la cittadinanza italiana; a Roma, invece, il computo degli stanziali raggiunge le 4mila unità, di etnia e nazionalità diversa. Nel campo di Candoni, per esempio, sono due le comunità a confronto: quella rumena e quella bosniaca. Con quanto ne consegue in termini di abitudini ed esigenze non sempre allineate. A tavola, per dirne una, non tutti mangiano il maiale, per divergenze religiose.
Gipsy Queens. Dieci donne rom e il loro catering
Ma proprio la cucina e la voglia di condividere la tavola hanno portato alla nascita delle Gipsy Queens, come hanno scelto di chiamarsi con ironia le dieci ragazze dello street food in salsa rom. Il gruppo è nato qualche mese fa nell'ambito di un progetto più ampio sostenuto da Arci Solidarietà, che nel campo della Magliana ha avviato il Tavolo delle donne rom, in collaborazione con Felipe Goycoolea del coworking Millepiani. Un'iniziativa che si sviluppa su piani paralleli, per incentivare il processo di integrazione della comunità rom in città da un lato, rinsaldare l'autostima delle donne del campo dall'altro, nell'ambito di una cultura ancora legata a modelli patriarcali. E diventa piccola impresa, con l'ambizione di portare per le strade della città un cibo di strada che arriva da lontano, ma in fondo appartiene anche a Roma. Una food start up fuori dal comune, insomma, che per ora si è concretizzata in qualche catering qui e là in giro per i quartieri popolari, dove sul colorato banchetto delle Gypsy Queens fanno bella mostra di sé involtini di verza ripieni di riso e macinato (le sarmale, anche in versione vegetariana), verdure ripiene, pite con patate e cipolle, mici (le tipiche salsicce rumene) alla brace, biscotti e dolci tradizionali.
Aspettando il furgoncino
E in progetto c'è anche un furgoncino (al motto di “più furgoncini, meno Salvini”), per spostarsi più agilmente per la città. Occasione per ora sfumata, e qui veniamo alla recente battuta d'arresto, di cui sopra. Sì, perché le Gipsy, sempre più consapevoli delle proprie potenzialità e con il sostegno di tanti estimatori (tra loro anche Moni Ovadia), qualche tempo fa si erano candidate al concorso online di Aviva Community Fund, così da ottenere i soldi necessari per l'acquisto del veicolo. E invece, pur accedendo alla finale, sul filo di lana hanno dovuto far spazio ad altri. Nulla di definitivo però: al campo di via Candoni le ragazze sono già tornate ai fornelli, si scambiano consigli sulle ricette, vanno insieme a fare la spesa, allestiscono pranzi degni di un banchetto, con tanto di accompagnamento musicale d'ordinanza, e sono pronte a portare le proprie pietanze ovunque se ne faccia richiesta in città. Tanto che si sta già pensando di allargare l'offerta producendo birra artigianale, e a maggio potrebbe arrivare anche la tournee europea, da concludere in Provenza in occasione della festa gitana di Santa Sara.
Intanto procedono a piccoli passi, tra un aperitivo e una festa di piazza. Se siete a Roma, cercatele in città.
a cura di Livia Montagnoli
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