Il cappuccino. Le origini leggendarie tra Vienna e l'Italia
Che il nome del cappuccino sia stato ispirato dal colore della tonaca di un monaco dell'ordine omonimo l'avrete già sentito dire da molti. E del resto l'occhio non inganna: per citare Eduardo De Filippo (nella commedia Questi Fantasmi) la celebre bevanda calda a base di latte e caffè è indubbiamente “color del manto del monaco”, marrone chiaro, per essere precisi, come la divisa che identifica l'ordine dei Cappuccini. Più complicata è la questione quando si tratta di rintracciare le origini certe del cappuccino, probabilmente inventato nella Vienna degli Asburgo (con buona pace dei campanilisti più indomiti) e poi decisamente sdoganato dall'uso di casa nostra, tanto che presto il kapuzinerkaffe di lingua tedesca ha lasciato il posto all'italianissimo cappuccino in tutti i bar del mondo. Difficile invece dare credito alla leggenda che proprio in un frate cappuccino vissuto nella seconda metà del Seicento, tal Marco da Aviano (tra l'altro beatificato nel 2006 per il suo ruolo salvifico contro la minaccia turca), vedrebbe l'inventore della bevanda, peraltro per un rocambolesco scambio con il cameriere di un bar viennese, che all'insolita richiesta di aggiungere un po' di latte al caffè per addolcirne il gusto apostrofò il nuovo intruglio con un sonoro “Kapuziner!”, ispirato dal cliente che lo stava sorseggiando. E ancor più strampalata è la teoria che attribuisce l'invenzione a un soldato austriaco, che per primo avrebbe aperto una caffetteria a Vienna (il Fiasco blu si chiamava, e proprio qui sarebbe capitato un giorno il nostro Marco da Aviano: storie che si intrecciano nel mito) dopo aver scongiurato il pericolo turco nel 1683.
Dalla panna al latte. Ai giorni nostri
Leggende pittoresche certo, che non aggiungono molto a quella che è la realtà dei fatti; e cioè che in terra austriaca i primi cappuccini fossero frutto di un mix tra caffè e panna, sostituita dal latte solo a cavallo tra il XIX e il XX secolo, quando appunto il latte assunse una propria autonomia di consumo. E al 1901 risale l'invenzione della prima macchina espresso per il cappuccino, a opera di Luigi Brezzera. Un italiano stavolta, come italiano è lo stile di vita che ha fatto conoscere la bevanda nel mondo, marchiandola con l'appellativo del made in Italy. Più prosaicamente, l'ultima vicenda che rende il cappuccino “eroe” dei giorni nostri è ambientata a Roma. E della bevanda mette in luce soprattutto le qualità nutrizionali (è meno digeribile di un caffelatte, per esempio, ma più saziante, e per questo ottimo per spezzare la fame), e corroboranti, specie quando si tratta di far fronte all'ondata di gelo che ha sorpreso una Capitale sempre troppo impreparata ad affrontare l'emergenza. Caldo e nutriente – 25 millilitri di caffè e circa 150 millilitri tra latte vaccino intero (più saporito e più proteico, per favorire la cremosità) e schiuma in parti uguali, servito alla temperatura di 65/70 gradi, con cappello di schiuma alto fino a 1 cm e non di più, secondo le prescrizioni per realizzarne uno perfetto – il cappuccino è protagonista dell'ultima iniziativa romana dell'Esercito della Salvezza, il movimento internazionale evangelico protestante che nel quartiere di San Lorenzo gestisce tutto l'anno un centro di accoglienza per il ricovero e l'assistenza di oltre 300 senza tetto.
Il cappuccino sospeso a Roma
E da qualche giorno, per correre ai ripari di fronte alla morsa del freddo, l'EdS ha stretto un accordo con quattro bar del quartiere, che hanno deciso di sposare l'iniziativa solidale del Cappuccino sospeso. Ispirata alla più celebre tradizione del caffè sospeso partenopeo, l'idea offre l'opportunità di lasciare pagato un cappuccino caldo per chi non se lo può permettere, e ha raccolto l'appoggio del Comune di Roma, che promuove l'iniziativa tramite i suoi canali ufficiali. A San Lorenzo la tazza per le offerte (tramite scontrino e non in contanti, per non prestare il fianco all'evasione fiscale) dell'Esercito della Salvezza è già comparsa sul bancone del bar dei Sanniti, del bar Marani, di Sicilia Food&Chips e di Gente di San Lorenzo, al motto di “il calore di una comunità in una tazza”. Ma il movimento ha intenzione di estendere l'iniziativa anche al quartiere della Garbatella. E intanto anche in un'altra periferia popolare della città, a Tor Bella Monaca, ci si attrezza per replicare l'idea. Da un paio di giorni anche il Max bar di via Parasacchi offre il “servizio” del cappuccino sospeso. E mentre nella Capitale si diffonde la voce tra i senza fissa dimora in cerca di un po' di conforto, l'intenzione dell'EdS è quella di prolungare l'iniziativa (che ora potrebbe espandersi fino a Ostia) per tutto l'anno, anche quando il freddo sarà scongiurato, perché di un po' di calore, quello umano, c'è sempre bisogno. Solidarietà diffusa, la chiamano gli ideatori del progetto. E allora che la diffusione sia capillare, questo è l'auspicio.
a cura di Livia Montagnoli