Ventitré anni da panificatore e finalmente ricerca e sperimentazione in purezza. Giuliano Pediconi è un professionista del pane, tecnico, esperto e preparato come pochi altri in Italia. Forse oggi la figura più completa per visione e competenze. Quella giusta per riunire tutti i più grandi (e non solo) panificatori d’Italia attorno a un tavolo e dialogare sui temi caldi del pane oggi. Per una volta senza pregiudizi, passando per l’evidenza scientifica e l’evoluzione reale del mestiere del panettiere.
I migliori artigiani del pane riuniti da Giuliano Pediconi
Domenica 29 settembre Giuliano ha aperto la sua Casa del Fornaio presso il Molino Paolo Mariani (il primo di una serie di incontri che ancora si devono mettere a calendario) a professionisti del settore come David Bedu di Pank La Boulangeria (Firenze), Davide Longoni del forno Davide Longoni (Milano), Jonathan Trombini di ‘O Fiore Mio Hub (Faenza), Francesca Casci di Pandefrà (Senigallia), al mondo accademico e scientifico con il professore Rodolfo Santilocchi, Preside della facoltà di Agraria di Ancona, a operatori universitari del settore di comunicazione del turismo enogastronomico. Supportato da uno dei tecnici di mulino più preparati del paese, Danny Mariani, ha dato il via a un dibattito, forse tra i più costruttivi e visionari degli ultimi anni.
La macinatura del grano
“Iniziamo dalla macinatura del grano, voglio parlare di quella a pietra e vi voglio dire che per me non è il modo migliore per lavorare il grano. È un metodo che crea delle caratteristiche, che si possono apprezzare o meno, ma non è il migliore”, così Pediconi segna l’inizio dei lavori. In sala girano vaschette contenenti una sabbia secca e granulosa a valere come esempio di un prodotto molito a pietra chiaramente nel modo sbagliato. “Una farina da molitura a pietra ben fatta non è di certo così, è un piacevole velluto al tatto” interviene Longoni. Ed ecco che subito si iniziano a sciogliere i nodi.
Non basta molire a pietra per garantire qualità
Di molini a pietra in Italia ne esistono moltissimi, e deve essere chiaro che non basta coltivare grano e molirlo a pietra a garantire un prodotto di qualità. Occorre passare per le tecniche di coltivazione, per le varietà scelte sui terreni, per i trattamenti post mietitura (pulitura, bagnatura, asciugatura), per le modalità di conservazione del grano, per la dotazione tecnologica del molino, per il tipo di pietra e infine per la preparazione professionale del tecnico che in quel momento se ne occupa. E la chiave di lettura è proprio questa.
Cosa dice la normativa
L’Italia del grano e della farina (e la comunicazione annessa) non consente al consumatore e al professionista di elaborare opinioni e scale qualitative che prescindono dalle realtà specifiche di provenienza, dal campo al molino. E il prof. Santilocchi interviene severamente punto per punto, a ricordare la normativa che riguarda la classificazione delle farine (la più vecchia e rigida d’Europa), le condizioni degli agricoltori di oggi “non ci dobbiamo dimenticare che solo il 10% dei coltivatori italiani lavora attraverso accordi di filiera”, spiega ancora Santilocchi. Ribadisce che occorre iniziare a fare ordine e chiarezza anche quando si parla di grani e varietà antiche e moderne: “da che momento in poi decidiamo di definire un grano moderno e antico? E soprattutto, siamo sicuri che molte di quelle che oggi definiamo varietà non siano popolazioni eterogenee diffuse in un determinato territorio, vedi Gentil Rosso e Rieti?”
La farina integrale
“Qui al Molino Mariani noi riusciamo a ottenere con il molino a cilindri una integrale vera e propria, non un’integrale ricostruita come accade nella maggior parte dei casi, ma un prodotto che grazie alla tecnica e alla tecnologia può e deve essere considerato integrale a tutti gli effetti” aggiunge Danny Mariani, tecnico del mulino Mariani, precisamente Capo mugnaio (tecnico molitorio) diplomato alla Swiss School of Milling di San Gallo in Svizzera.
I metodi di coltivazione
Dalla macinatura ai metodi di coltivazione il passo è breve e agronomi, panificatori e mugnai si trovano presto a discorrere di diserbi, concimazioni e lotta integrata. Che per l’agronomo Giulia Borioni è l’unica strada percorribile oggi. “Eppure non si può non tenere conto del fatto che i giovani, tanti agricoltori illuminati, così come i panificatori stanno andando in un’unica direzione: quella del naturale, del biologico e del biodinamico”, commenta Davide Longoni.
Bisogna affidarsi a professionisti giusti e a sistemi tecnologici efficienti
“Anche noi, qui al Molino Paolo Mariani”, spiega l’agronomo Borioni, “quest’anno abbiamo sperimentato il miscuglio evolutivo, non è stato necessario alcun intervento e infine abbiamo macinato tutto insieme. È da qui che arriva la nostra Mazì e i risultati sono sorprendenti anche rispetto alle caratteristiche tecniche evidenziate in panificazione”. A rafforzare la tesi, Longoni racconta della sua esperienza di coltivazione diretta di circa 40 ettari in collaborazione con i ragazzi del Forno Brisa tra Lombardia e Abruzzo.
La conservazione a freddo del grano by Longoni
Un esempio valido che un panificatore può arrivare all’agricoltura se si affida ai professionisti giusti e a sistemi tecnologici efficienti, vedi la conservazione a freddo del grano prima della molitura che Longoni ha scelto conferendo una cifra non trascurabile per ogni quintale di grano conservato.
Parliamo di varietà autoctone
A questo punto Pediconi mette a fuoco il concetto, quello che abbraccia la sua visione, ma anche quella dei colleghi presenti, affinché si vada tutti nella stessa direzione: “Sì, è chiaro che tutto oggi ci dice che il futuro sarà quel tipo di agricoltura, che l’arte molitoria deve evolversi, farsi più tecnica, scientifica. E noi non dobbiamo dimenticare che abbiamo una storia, una ciabatta, un panettone e abbiamo bisogno di farine adatte anche a questo tipo di prodotti”. E qui il panificatore marchigiano esorta a un ulteriore passo avanti: “Dovremmo smetterla di parlare solo di forza e proteine del grano, ma piuttosto della varietà, non tanto antiche e moderne, ma autoctone, specifiche. È su questo che si gioca il futuro del grano italiano.”, insiste Pediconi, “Si deve lavorare su ogni varietà, cercare di tirare fuori il meglio di ciascuna attraverso i metodi di coltivazione, la tecnica molitoria e infine, il processo di panificazione”.
È ora che i panettieri si riapproprino della tecnica
È ora, quindi, che i panettieri si riapproprino della tecnica, che si lavori per superare gli ultimi 30 anni in cui il mugnaio ha fatto tutto per il panificatore, dai mix pronti all’uso, alle ricette, per una formula il più possibile chiavi in mano. Che il mugnaio ritorni a fare il meglio per quel grano e che il panificatore lo valorizzi con la tecnica. Ma soprattutto è ora che si sposti il dibattito su un altro piano, che si vada oltre una sterile contrapposizione tra illuminati e stregoni. Perché quello che sta emergendo è un mondo di professionisti, imprenditori, agronomi, artigiani che hanno intenzione di curare al meglio ogni anello della catena, guardando al buono e al naturale, alla tecnologia e all’evoluzione scientifica con lo stesso interesse e la medesima attenzione.
a cura di Sara Bonamini