La Legge Gadda. Iter rapido, provvedimento efficace
L'iter legislativo entrava nel vivo all'inizio della primavera scorsa, facendo seguito alla proposta di legge presentata circa un anno prima (in tempi non sospetti, precedendo pure la decantata legge francese antigaspillage) dalla deputata Pd Maria Chiara Gadda. E già all'inizio di agosto il pacchetto di provvedimenti antispreco alimentare trionfava sulle prime pagine dei giornali a seguito dell'approvazione pressoché unanime del Senato, che confermava senza riserve il parere positivo espresso dal Parlamento qualche mese prima. La vicenda l'abbiamo seguita dall'inizio, evidenziando i punti di forza di una legge all'avanguardia che non insiste sulla pena, ma si concentra sulla semplificazione burocratica (quanto mai necessaria) e sugli incentivi per i comportamenti virtuosi. E ci piace sottolineare che per una volta tutto sembra aver funzionato a dovere, sulla scorta di un'agilità – di tempi e pratiche burocratiche – più volte invocata nel nostro Paese, e altrettanto spesso disattesa.
Stavolta però la musica è diversa, e l'intenzione di far fronte comune contro lo spreco di cibo – una piaga che solo in Italia vale 12 miliardi di euro ogni anno – è reale: alla ratifica del 2 agosto ha fatto seguito la pubblicazione in Gazzetta e l'entrata in vigore della legge 166/2016 in data 14 settembre.
Gli incentivi per chi non spreca
A sole due settimane di distanza i benefici già sono evidenti: il testo parla chiaro, altrettanto semplice è applicarlo, e molti ristoratori e negozianti finora restii a cacciarsi in un ginepraio di cavilli e autorizzazioni per smaltire le eccedenze nella maniera più logica – donandole a qualcuno che possa farne tesoro – ora possono donare il cibo invenduto senza incappare in lungaggini e ostacoli. E anzi, si guadagnano anche un bonus che detrarranno dalle tasse. Peraltro con un sistema di autocontrollo molto razionale: d'ora in avanti l'associazione beneficiaria rilascerà al donatore un documento di trasporto con il quantitativo esatto di merce ricevuta, che si tradurrà in una detrazione sul computo totale della Tasi (la tassa locale sui rifiuti). E se finora sul totale di oltre 5 milioni di tonnellate di derrate alimentari commestibili sprecate, il Banco Alimentare è riuscito a recuperarne poco più di 30mila (mentre è sempre più alto il numero di persone che ricorre al sostegno alimentare, quasi 3 milioni nel 2015, e parliamo solo dei dati tracciabili), la speranza più grande è quella che qualcosa cambi con effetto immediato. Anche perché la legge Gadda incentiverà soprattutto i comportamenti virtuosi degli addetti ai lavori (le aziende della filiera), che secondo le ultime stime generano il 53% dello spreco alimentare nella Penisola.
Una piaga trasversale. E il fronte comune per limitarla
Il resto si deve alle cattive abitudini dei consumatori, ma anche su quel fronte si sta lavorando per sensibilizzare l'opinione pubblica. All'ultimo Salone del Gusto di Torino si è fatto portavoce del messaggio il presidente Mattarella in persona, definendo con forza lo spreco di cibo “un atto immorale, oltre che anti-sociale e anti-economico”, e appellandosi all'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per ricordare che “oggi lo sviluppo sostenibile è condizione vitale per l'umanità e per il pianeta”. Ma sono tante le voci che si uniscono al coro, prendendo concretamente in mano le redini; un valido esempio arriva da un grande gruppo industriale come Orogel, specializzato nella produzione di vegetali freschi surgelati, che da tempo applica pratiche antispreco in ogni fase della produzione, con particolare merito per la riduzione dei sottoprodotti di lavorazione grazie all'innovazione tecnologica. E per la collaborazione di lunga data con il Banco Alimentare di Cesena (dove ha sede l'azienda) e la Caritas. Ora, ha spiegato l'amministratore delegato Bruno Piraccini, “la Legge Gadda spinge il mondo delle imprese a farsi carico dei bisogni della collettività. L'obiettivo finale di aiutare chi ha bisogno necessitava di una regolamentazione anche per evitare che le donazioni venissero mal gestite, seppure in buona fede, o mal calibrate sulle reali necessità dei riceventi”.
Start up e progetti virtuosi
Mentre per citare solo gli ultimi casi emersi nel mare di iniziative che favoriscono la redistribuzione delle risorse alimentari, si può parlare del progetto fiorentino Food for Good, che da qualche giorno mira a recuperare tutti gli avanzi non utilizzati durante i catering allestiti negli spazi della Fortezza da Basso, del Palazzo dei Congressi e del Palazzo degli affari. A promuoverlo Firenze Fiera in collaborazione con Gerist Ricevimenti e Banco Alimentare, cui sarà donato il cibo recuperato. O, per altro verso, della start up padovana Food Sense: un'etichetta tecnologica che potrà monitorare lo stato di conservazione dei cibi, per rimpiazzare una data di scadenza non sempre infallibile. Per il lancio sul mercato serviranno ancora sei mesi di sviluppo, poi l'etichetta intelligente potrà essere d'aiuto alle aziende proprio per facilitare le donazioni previste dalla Legge Gadda. Lo stesso dicasi per gli imballaggi attivi brevettati recentemente da Bestack con il consorzio nazionale Comieco per allungare i tempi di commercializzazione e la shelf life dei prodotti freschi. Solo la punta di un iceberg che finalmente trova la legge dalla sua parte. E ancora Save Bag, vaschetta nata per portare via dal ristorante ciò che altrimenti rimarrebbe nel piatto e finirebbe nella spazzatura, uno strumento agile che permette a ciascuno di dare il proprio contributo alla lotta allo spreco. A realizzarla, Cuki, che dal 2011 è impegnato nel progetto Cuki Save the Food, che consiste nella donazione di vaschette di alluminio e contenitori thermobox che garantiscono la migliore conservazione del cibo recuperato. L'iniziativa è affiancata inoltre da Banco Alimentare, realtà italiana impegnata dal 1989 nel recupero degli alimenti.
a cura di Livia Montagnoli