L'attualità più stringente, dominata dal conflitto in Ucraina, ci porta indietro ai tempi della guerra fredda con il blocco sovietico contrapposto a quello occidentale. Un'epoca che immaginavamo passata per sempre, fatta di tensioni e condizioni di vita durissime. Le poche immagini che arrivavano in occidente, raccontavano di scaffali vuoti e un'autarchia alimentare che riduceva il paniere a pochi prodotti, senza possibilità di scelta, in cui l'aspetto edonistico del cibo era ridotto ai minimi termini. Nonostante questo, però, anche oltrecortina si è sviluppata una cucina capace di raccontare tradizioni, abitudini, ricette, quelle di quella nazione sconfinata.
I piatti caldi della guerra fredda. Come si mangiava nell’unione sovietica isolazionista?
Non ci sono molti riferimenti sulla cucina sovietica, che, ricordiamolo, raggruppava le cucine di tutto il blocco orientale sotto l'egida della Grande Madre Russia, una gastronomia che è diventata, oggi, terreno di affermazione dell'identità nazionale delle regioni un tempo annesse, Ucraina in primis che proprio qualche settimana fa ha definito un Manifesto della Cucina Ucraina in 10 punti proprio per rivendicare l’identità culturale che vede nel borsch il piatto simbolo. Un tempo, però, non era così: si era soliti considerare l'Urss come un blocco compatto, dominato da un modello di economia pianificata e monopoli statali che determinavano la quotidianità delle persone in un modo difficile da immaginare in Occidente. Un interessantissimo libro sul tema è uscito in Francia (e purtroppo ancora non tradotto) nel novembre del 2021, per le éditions Epure, con il titolo Les plats chauds de la guerre froide, traducibile con “i piatti caldi della guerra fredda”.
L’autrice è la giornalista francese di origini russe Guélia Pevzner che ci guida alla riscoperta dello storico volume di ricette governativo Libro del cibo buono e sano vero best-seller della cucina del blocco rosso, stampato in più di 8 milioni di copie. La Bibbia culinaria sovietica fu pubblicata per la prima volta nel 1939 in pieno regno stalinista, e da allora è diventato il testo di riferimento, regalo ideale per un matrimonio tanto quanto per un pensionamento in tutta l’URSS, oltre che punto di partenza per la cucina domestica di tante famiglie.
I piatti caldi della guerra fredda. Tra ricordi, racconti e ricette
Oggi, paradossalmente, questo libro è divenuto quasi introvabile, ed è proprio dall’averne rinvenuta una copia di metà anni ’60 che l’autrice inizia la propria opera narrativa, miscelando sapientemente i suoi ricordi personali e quelli dei suoi cari insieme al mondo idealizzato d’abbondanza che viene raccontato nel libro di cucina sovietico.
Inizia quindi la narrazione di un mondo paradossale, in cui le illustrazioni raffigurano tavole sontuose con bottiglie di champanskoyé (lo spumante sovietico), mentre nella quotidianità si faceva fatica a trovare il formaggio, oppure ricette di piatti quali “beccaccia, beccaccino, alzavola e quaglia fritta” mentre avere un pollo era già un'impresa.
Nel racconto della Pevzner non mancano note umoristiche. L’autrice riporta le battute comuni all’epoca, da quelle generiche come: “Dimmi cosa hai dato da mangiare al tuo pollo” - “che ti importa?” -“Anche io vorrei dimagrire” a quelle legate a determinati periodi storici come quelle degli anni di Breznev (1964-1982) che corrispondono al periodo di "stagnazione” (“zastoï”) del'URSS e ai sempre maggiori problemi d’approvvigionamento alimentare. In quegli anni passati alla storia con il nome “gli anni vegetariani” è ad esempio la barzelletta: “Ci è stato detto a scuola che viviamo sotto il socialismo sviluppato e stiamo avanzando rapidamente verso il comunismo. Allora perché non c'è carne?" "Perché le bestie non possono seguirci così in fretta."
Ma non è un libro semplicistico, che promuove un facile “eravamo poveri ma felici”. Nonostante l’autrice non abbia vissuto in prima persona alcune esperienze, infatti, non mancano i riferimenti a l'Holodomor, la carestia organizzata in Ucraina che spesso è stata definita come un genocidio a opera russa sui vicini, oppure alle privazioni della seconda guerra mondiale.
Libro di storia, sì, ma anche libro di cucina. All’interno del volume si trovano infatti più di 100 ricette tratte dal volume originale sovietico, tra cui le zakouski (le insalate: di cavoli fermentati, di granchi, di selvaggina...), le zuppe (di cavoli, di acetosa, di kholodets) la carne (per esempio costolette pozharsky, lingua guarnita, solyanka con carne) il pesce (dall'aringa guarnita alle ibrocode di gamberi in scatola con patate, al telnoe), kacha (sorta di porridge), pirogi (ravioloni), pasta... (chebourek, koulibiak di pasta lievitata, bliny express...) e dolci (carlotte russa - babka, pirogi di mele, involtino di semi di papavero): molti di questi piatti sono condivisi con altri paesi dell'ex blocco sovietico, e diventandone i cardini dell'identità nazionale.
Un racconto gastronomico completo e complesso, capace di unire l’illusione e la disillusione di un passato che credevamo tale e che oggi ha le ombre di futuro che nessuno si augura.
Les plats chauds de la guerre froide - Guélia Pevzner - éditions de l'Epure – 326 pp. - 20€
a cura di Federico Silvio Bellanca