Lo scorso fine settimana al Palazzo del Ghiaccio di Milano, che compie 100 anni ed è una struttura magnifica, è andata in scena l’undicesima edizione di Milano Golosa, una rassegna-festa (per il palato) della produzione enogastronomica italiana, con un centinaio di selezionatissimi produttori di food, con qualche incursione nel vino, nella birra e in altre bevande.
Il tema quest’anno è stato “Fermento”.
In fermento erano molti dei prodotti, su tutti la kombucha di Mia Kombucha azienda varesina di tre ragazzi nata durante la pandemia, che sperimenta fermentazioni innovative e accostamenti interessanti, tra cui lo zenzero italiano e i luppoli di Italian Hops Company di Modena e la fantastica colatura di alici che scende direttamente dalla botte nello stand di Acquapazza di Cetara (SA). Che è un ristorante e un marchio gourmet di grande classe e fantasia. Oltre alla colatura, con le alici straordinariamente carnose (del Golfo, niente Cantabrico almeno qui!) propongono uno straordinario abbinamento con un panettone made in Campania fatto con alghe di mare e burro di Normandia, che appena intiepidito si scioglie regalando un piacere intenso, elegante e lunghissimo (fanno anche un tonno rosso in conserva che merita una menzione).
Ma “in fermento”, ed è una splendida notizia, è tutto questo spaccato di un settore chiave del Made in Italy, il food, che riesce qui a non perdere l’anima, che è e deve restare chiaramente artigiana e contadina, dando del tu all’innovazione e alla creatività. La vecchia, noiosa contrapposizione tra tradizione e innovazione qui si scoglie in proposte che innovano l’identità del cibo italiano lavorando su processi, varietà, sostenibilità, con risultati di assoluto rilievo.
Cibo e agricoltura
“Mangiare è un atto agricolo” diceva il poeta-agricoltore americano Wendell Berry e dunque l’innovazione consapevole e sostenibile non può che partire dalla terra, vicina e molto lontana, come gli appezzamenti che Alessio Tessieri, un nome importante del cioccolato italiano, coltiva in Venezuela recuperando varietà desuete perché poco produttive, come lo straordinario Porcelana. Come il caffè, il cacao non è ancora abbastanza considerato nella sua componente agricola ed è troppo esposto alle logiche speculative delle borse merci. Noalya, Cioccolato coltivato di Ponsacco (PI) sin dal nome racconta di un approccio diverso, di una finca con 15 contadini in cui si presta attenzione a come il cioccolato è selezionato, coltivato, raccolto al giusto punto di maturazione e lavorato, con un’attenzione particolare alle condizioni di lavoro ed economiche. I risultati, dei monorigine (che vanno dal Sudamerica, all’Africa, al Vietnam) e dei blended danno ragione a questa pazienza contadina. La stessa pazienza contadina che anima nella più vicina Stigliano (MT) la Fattoria Donna Tina, azienda agricola biologica che produce cereali e olio e alleva asini e ovini. I primi danno il latte con cui producono, unici, un gustoso cioccolato al latte d’asina, i secondi brucano l’erba attorno al grano, permettendo alle piantine di crescere più forti con i freddi invernali e dunque di essere meno soggette alle malattie e bisognose di trattamenti.
Salumi d’autore
Un’attenzione alla terra che raggiunge livelli alchemici e rinascimentali nelle Follie di Carlo Giusti che a Lajatico (PI) ma messo le sue competenze di enologo al servizio di una bottega che crea salumi con tecniche (l’innovazione di processo qui è fortissima) mutuate proprio dal vino, a partire dalla macerazione carbonica delle carni che precede il loro incontro con il grasso nei salumi che si sciolgono letteralmente sul palato. Carlo Giusti rivendica a ragione di “far cantare la terra” e propone delizie come il Prosciutto di piccione allevato incrociando piccioni da carne e piccioni viaggiatori, la Mortadella di Gallo nero mandorla pepe nero, il Burro di guanciale (incredibile) e la schiena di Cintale, incrocio felice di cinta senese e cinghiale, il Prosciutto di vacca vecchia stagionato in osso, commoventi.
Commovente è anche la produzione di Grigio del Casentino (premio 3 salami Gambero) che pesca prodotti tradizionali del territorio trasformati per magia in delizie. Si fatica a distinguere per delicatezza e consistenza la loro arista da un ottimo prosciutto crudo, si gusta con gioia una porchetta resa straordinariamente decisa dalla presenza del fegato (che non piace a tutti ma regala incomparabile morbidezza) e si gode (non si può dire altrimenti, scusate) con la Capaccia di Suino Grigio del Casentino, testa di maiale bollito, lavorata a caldo con scorze di arancia limone, noce moscata e peperoncino, sublime.
Innovazione, vongole e pomodori
Si diceva innovazione e a Milano Golosa ce n’è stata letteralmente di tutti i gusti.
Lorenzo Bernardi, patron di Vongole Bernardi di Santarcangelo di Romagna (RN), azienda artigiana famigliare di pescatori di quarta generazione pesca con le sue barche le vongole tra Rimini e Cattolica, le seleziona ed è riuscito a inventare una tecnica per pastorizzare i mitili senza farli aprire e venderli abbattuti in confezioni di carta bio. Basterà cuocere le vongole, proposte anche sgusciate a mano nel loro succo, come se fossero fresche, il risultato, provato è straordinario.
Capobianco, azienda agricola biologica di Manfredonia (FG) l’innovazione l’ha concentrata innanzitutto sulla genetica dei semi, tanto dei tradizionali pomodori del territorio, di varietà antiche, quanto sulla generazione di nuove varietà più resistenti ai cambiamenti climatici, che danno vita a conserve piene di sole al palato.
Showcooking e Masterclass hanno raccontato questa tensione positiva a proiettare il meglio del nostro artigianato e dei prodotti della terra e del mare verso un futuro di attenzione alla sostenibilità e utilizzo intelligente dell’innovazione al servizio del gusto.
Siamo usciti rinfrancati, Milano Golosa ha raccontato un piccolo futuro che ci è molto piaciuto.