Venezia. Tra acqua alta e pandemia
Gli ultimi dodici mesi, per Venezia, non sono stati semplici. All’alluvione che ha sommerso la città sul finire del 2019, con ripetute ondate d’acqua alta tra le più drammatiche degli ultimi decenni (ora scongiurate dall’entrata in funzione del Mose, che però, di recente, ha “bucato” una delle ultime piene di marea, riportando piazza San Marco sotto 122 cm d’acqua), è seguita la crisi aperta dalla pandemia. Il susseguirsi degli eventi ha neutralizzato l’indotto del Carnevale, provvidenziale per le attività commerciali della Laguna. Venuti meno i visitatori stranieri – prima fin troppo numerosi nell’affollare calli e campi – la città lagunare ha provato a trascorrere un’estate tranquilla, puntando al turismo interno (il progetto Hostaria della Certosa, primo step di un processo di riqualificazione dell’isola della Certosa, è un bell’esempio di resistenza). Difficile, però, far tornare i conti quando il target internazionale ha sempre determinato la misura, gli standard (e i prezzi!) dell’offerta.
I Caffè storici di piazza San Marco
L’emblema di questo declino che non trova certezze di ripresa per il prossimo futuro sono i caffè storici di piazza San Marco, desolatamente chiusi. Insegne che hanno attraversato secoli di storia, simbolo della magnificenza della Serenissima, oggi accomunate dalla stessa sorte. Nel salotto di Venezia e sotto i portici che scandiscono la percorrenza della piazza, i tavolini un tempo gremiti di turisti (al 70% stranieri facoltosi) stanno accatastati in un angolo, in attesa di tempi migliori. L’Associazione Piazza San Marco, che tiene insieme i caffè storici, ha deciso di concertare una serrata collettiva, denunciando fatturati ridotti fino all’80% e il mancato rimborso dei danni subiti per l’alluvione di un anno fa: il Caffè Quadri (rinato sotto le cure della famiglia Alajmo) come il Gran Caffè Lavena, il Gran Caffè Chioggia, il Caffè gelateria Todaro e il Caffè Aurora da settimane restano chiusi. E così il Caffè Florian, che nel 2020 avrebbe dovuto festeggiare con tutti gli onori del caso un compleanno importante: i 300 anni di attività.
I 300 anni del Caffè Florian. Il francobollo
Un anniversario amaro, che non può far dimenticare l’importanza storica del celebre locale aperto per la prima volta il 29 dicembre del 1720 da Floriano Francesconi, sotto i portici delle Procuratie Nuove. Per commemorarne la longevità, Poste Italiane ha appena rilasciato un francobollo commemorativo valido per la posta ordinaria diretta in Italia (disponibile presso gli uffici postali con sportello filatelico e sul sito online delle Poste), che raffigura la vetrata esterna del caffè, su cui si riflette un particolare del Palazzo Ducale (su bozzetto di Rita Fantini). L’emissione della vignetta stampata in 400mila esemplari dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato è accompagnata da una motivazione che ribadisce il ruolo culturale del caffè storico, che “racchiude qualità, tradizioni e caratteristiche di uno stile di vita che sono perdurate nei secoli, tramandate da una generazione all'altra e diventate un'icona dello stile italiano”. Il Caffè Florian - pronunciato alla veneziana con l’accento sulla a, per ricordare il nome del suo fondatore – vanta numerosi primati, ed è oggi conosciuto in tutto il mondo. È il più antico Caffè italiano in attività e fu nel XVIII secolo bottega del caffè di qualità apprezzata e frequentata da molte personalità illustri, intellettuali e artisti dell’epoca, da Casanova a Canaletto, a Goldoni e Guardi.
La storia del Caffè Florian
Seduta sui suoi divani rosso porpora, la società veneziana ha attraversato momenti di crisi e cambiamento, dalla caduta della Serenissima alle agitazioni del 1848, quando in tutta Europa soffiava il vento delle rivoluzione. L’opulenza degli ambienti che oggi vengono conservati con cura, però, non corrisponde alla realtà degli inizi, quando il Florian debuttò con due sale modeste. Solo dopo la metà dell’Ottocento, gli spazi si popolarono degli arredi che conosciamo: era il 1858, quando il Caffè subì una profonda ristrutturazione, accompagnata da un’ambiziosa campagna di decorazione (il restauro che le ha reso giustizia data al 2012), da cui prendono il nome le diverse sale. Forme di ispirazione orientale nella Sala Cinese, caratterizzata dalla pittura di un uomo cinese in abiti sfarzosi; le quattro stagioni dipinte da Cesare Rota nella Sala delle Stagioni; una teoria di uomini illustri racchiusi in medaglioni dorati nella sala omonima. Mentre deve il suo nome a un avvenimento storico qui tenuto a battesimo nel 1893 la Sala del Senato, dove il sindaco dell’epoca Riccardo Selvatico concepì l’idea di organizzare una rassegna internazionale d’arte contemporanea a convegno con amici artisti e intellettuali. L’embrione della Biennale d’Arte. Ai giorni nostri, il Caffè Florian resta uno splendido esempio di caffè concerto, che a Carnevale fa rivivere le atmosfere del XVIII e XIX secolo.
Dopo l’ultima mancata attivazione del Mose, le porte del Florian e degli altri caffè storici di piazza San Marco si sono riaperte, ma solo per stilare l’ennesima conta dei danni. Il futuro della storia di Venezia dev’essere diverso (con questo auspicio è nato, di recente, il progetto lo Scrigno del Doge, che riunisce sette storiche realtà imprenditoriali della Laguna, Caffè Florian compreso).