Guida Michelin New York 2020. C’è anche Blue Hill at Stone Barns
È una vittoria annunciata quella che premia Blue Hill at Stone Barns e il suo chef – Dan Barber – con i primi due macaron nella storia del ristorante circondato dalle campagne della Westchester County. Quando una decina di giorni fa l’organizzazione della guida Michelin ha rivelato l’intenzione di includere tra i dintorni di New York censiti dalla pubblicazione dedicata alla città (finora estesi a comprendere 5 boroughs della Hudson Valley) anche la Westchester County, il desiderio di riscossa per uno dei ristoranti più celebrati degli States è diventato più che una speranza.
Perché con molta probabilità proprio il buon esito della visita a Stone Barns, sulle colline di Tarrytown, ha influenzato una decisione attesa da molti addetti ai lavori e critici americani. Fatto sta che, “particolarmente impressionati” dalla qualità degli assaggi sperimentati in zona, gli ispettori Michelin hanno ritenuto necessario ampliare il raggio d’azione dell’edizione New York 2020, presentata qualche ora fa dall’altra parte dell’Atlantico.
Le nuove stelle di New York. Due per Atomix, una per Crown Shy
E proprio il brillante esordio di Blue Hill at Stone Barns – due stelle pronti e via – ha finito per diventare il risultato di gran lunga più interessante di un’edizione altrimenti priva di guizzi particolari, ricordando comunque che dal 2012 in città non si festeggiano nuovi ristoranti a tre stelle. Inalterato a quota 5 il gotha delle insegne tristellate (Eleven Madison Park compreso, anche a seguito della rottura tra Humm e Guidara, che però è ancora troppo fresca per influenzare il giudizio), l’ascesa più gloriosa in città è quella di Atomix, tavola fine dining di ispirazione coreana dell’apprezzatissima coppia Junghyun e Ellia Park (convincenti anche con l’insegna b-side Atoboy), che passa da una a due stelle. Ed è l’unico ristorante neobistellato di New York City. Nella squadra delle prime stelle, invece, festeggia una giovane insegna come Crown Shy, inaugurata all’inizio della primavera 2019 al Financial District, da James Kent e Jeff Katz, entrambi in arrivo da esperienze importanti (executive chef del NoMad il primo, direttore di sala di Del Posto il secondo). Sorte comune a quella di Oxalis, che a Prospect Heights, dall’altra parte del ponte di Brooklyn, ha aperto alla fine del 2018, senza impressionare particolarmente la critica locale col suo menu centrato sulla cucina vegetale: il riscatto arriva con la Michelin, che assegna al ristorante la sua prima stella. Più sudate le prime stelle di Estela e Four Horsemen, finora favoriti dai pronostici e sempre rimasti a secco, finalmente ammessi nella squadra degli stellati.
Chi sale, chi scende
Per la quota italiana, invece, disilludono gli auspici della vigilia Lilia e Rezdora: il ristorante di Stefano Secchi, ex allievo di Massimo Bottura fa sempre il tutto esaurito, ma il tempo per dimostrare il proprio valore è stato decisamente poco. E però la cucina italiana strappa la prima stella di Benno, tavola elegante dell’Evelyn Hotel, mentre perde terreno Marea, da due a una stella. E cadono pure, perdendo ogni riconoscimento, Babbo – travolto dalla scandalo Batali – Cafè Boulud e Faro, ristorante italiano di Bushwick. Mentre neppure uno dei pretenziosi ristoranti del nuovo complesso di Hudson Yards ottiene premi di sorta.
Chi è Dan Barber
Dunque il vincitore morale della Michelin New York 2020 è certamente Dan Barber, già detentore di una stella per Blue Hill al Greenwich Village, e ora riconosciuto per quella che da molti anni è la sfida di una vita, a Stone Barns, dove i piatti che arrivano in tavola (il percorso degustazione costa 278 dollari, e comprende circa 30 portate) sono solo l’ultima tappa di una ricerca che inizia in campo.
Tecnologia, sperimentazione genetica, riduzione degli sprechi sono le parole d’ordine di un pioniere della cucina circolare e della filiera trasparente come Dan Barber, veterano della ristorazione e fonte d’ispirazione per chi fa ricerca in ambito agroalimentare. Le due stelle, dunque, sono solo l’ennesimo, meritato coronamento di una carriera al servizio di una missione: aprire nuove prospettive per l’alimentazione del futuro.
a cura di Livia Montagnoli