Il viceministro dell'Economia Maurizio Leo vuole combattere l'evasione fiscale scandagliando i social in cerca di post che testimonino un tenore di vita incompatibile con i redditi dichiarati. «Molto spesso, professionisti o imprenditori vanno su internet, sui social, e dicono siamo stati in vacanza alle Maldive, siamo stati in quel particolare ristorante», ha detto il viceministro in audizione alla Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, dando un esempio di contenuti che potrebbero far scattare delle indagini. Un vero data scraping in cerca di spese sospette, campanelli di allarme che possono fornire elementi fondamentali per la lotta all'evasione.
Verrebbe da chiedersi quante cene al ristorante (e in particolare quelli più costosi) o quanti giorni di vacanza fanno scattare l'allerta, perché in un ristorante di alto livello si spende in media intorno ai 150 euro (m, infinitamente meno di un telefono cellulare che praticamente tutti posseggono, ma forse mangiar fuori è ritenuto un lusso non necessario a differenza di un super-smartphone. Come che sia, sulla lotta all'evasione Leo ha voluto rassicurare: «Non abbassiamo la guardia. Quando abbiamo 80-100 miliardi di evasione fiscale capiamo che si deve tutti collaborare; e se ragioniamo solo su dati economici, non basta».
Questione di privacy
Ma come la mettiamo con la privacy? «La collaborazione con il Garante della Privacy è assolutamente fondamentale» dice Leo e aggiunge che hanno iniziato a ragionare insieme: «Da parte loro c'è assoluta disponibilità, ferma restando la tutela dei dati personali». Nel frattempo, spiega l’ideatore della riforma fiscale, è già al lavoro con l'Agenzia delle Entrate, Sogei (Società Generale d'Informatica, partner dell'Amministrazione economico-finanziaria) per valutare la fattibilità dell'iniziativa.
L'evasione come il terrorismo
L'evasione, per usare le parole di Leo, «è come un macigno, tipo il terrorismo» (parallelismo improprio commenta Claudio Borghi). Un bel cambiamento da quando – meno di un anno fa – Giorgia Meloni definiva le tasse «pizzo di Stato», per non dire di quando, ancora all'opposizione, metteva in guardia da «uno Stato guardone che sa in tempo reale cosa compra e cosa fa ogni singolo cittadino con i suoi soldi, che film vede al cinema, se va al ristorante o in pizzeria» e parlava di Grande fratello fiscale che incrocia dati di fatture elettroniche, dichiarazioni dei redditi e Archivio dei rapporti finanziari.
La nuova narrazione, però, non convince neanche i compagni di maggioranza: Armando Siri (Lega - consigliere per le politiche economiche del vice premier Matteo Salvini) definisce questa iniziativa una caccia alle streghe: «Gli slogan e la persecuzione della vita privata dei cittadini a fini fiscali lasciamoli come prerogativa della peggiore ideologia illiberale».