Del granchio blu vi abbiamo parlato a più riprese, quando il Governo ha stanziato 2,9 milioni per incentivare chi si occupa della cattura e dello smaltimento, in occasione di sagre ed eventi che lo hanno inserito in menu, per lanciare proposte legate al suo utilizzo nell'industria alimentare e anche per criticarne le sue proprietà organolettiche. Sempre ben consci che non esiste un'unica soluzione al problema e che l'invasione dei granchi blu è a tutti gli effetti un disastro annunciato. Ora il WWF dirama un comunicato stampa dove si elogia la Tunisia per aver trasformato la piaga del granchio blu in “storia di successo”, testuali parole.
Granchi blu, in Tunisia l'export vale 24 milioni di dollari
“Come far nascere una filiera mai esistita, in un paese dove non c’è tradizione di consumo dei granchi? Le parole chiave: attrezzatura adeguata, commercializzazione e adattamento. È accaduto in pochi anni in Tunisia dove due specie invasive di granchio blu, che dal 2014 avevano cominciato a proliferare su quelle coste, sono diventate oggi per i pescatori tunisini una risorsa importante tanto da far coniare loro un motto: “De l’horreur a l’or”, “Dall’orrore all’oro”. Oggi quella del granchio blu è un’economia solida e una filiera completa che include e dà lavoro a pescatori, donne, trasporto e logistica, aziende di trasformazione e commercianti”. Si legge nel comunicato stampa, che avvalora la tesi della “storia di successo” con numeri concreti: in Tunisia il granchio blu rappresenta il 25% delle esportazioni di pesce del paese, nel 2021 l'export ha raggiunto le 7.600 tonnellate per un valore di 24 milioni di dollari, una cifra raddoppiata rispetto al 2020. Le principali destinazioni sono il mercato asiatico a cui si sono aggiunti Italia (sì, avete letto bene), Spagna, Stati Uniti e i paesi del Golfo Persico.
L’Italia di oggi è la Tunisia del 2014
“L’Italia di oggi è la Tunisia del 2014: prevedere quanto sta accadendo oggi sarebbe stato possibile, e una gestione con una vera visione a lungo termine e non miope di fronte al tema del cambiamento climatico ci avrebbe premesso di arrivare preparati - dichiara Isabella Pratesi, direttore del Programma di Conservazione di WWF Italia - Possiamo ancora imparare dall’esperienza dei nostri vicini, evitando di compiere errori, come l’utilizzo di sistemi non selettivi, soprattutto sotto-costa, che potrebbero essere fatali per i nostri mari già duramente impoveriti e danneggiati dalle attività umane e dal cambiamento climatico, e adottare una vera gestione adattativa, imparando a gestire nuove risorse ittiche come il granchio blu che possono fornire una fonte di guadagno alternativa a pescatori e agli operatori di tutta la filiera”.
La filiera tunisina del granchio blu e la sua trasformazione in farina
Ad esempio alle donne delle comunità locali, spesso mogli di pescatori, è stato insegnato a costruire le nasse apposite (più efficaci, in quanto più selettive e più sostenibili) e a cucinarlo. Al tempo stesso sono nate molte aziende di trasformazione che lo lavorano e lo trasformano, e stanno iniziando pure la vendita di farina di granchio per la produzione di compost destinato alle piante e ai mangimi degli animali da allevamento. Insomma, conclude il comunicato, dato che estirparlo è impossibile, almeno se ne trae un vantaggio. Vero, tocca però capire se sarà la soluzione vincente (o di successo, cit.) anche quando l'offerta supererà la domanda.
foto: WWF Italia