Prima di scrivere questo articolo sugli Africanetti ci siamo posti una domanda: è giusto chiamarli ancora così? Da una parte rispettiamo la storia e non ci auguriamo certo una epurazione di termini in nome del politically correct, dall'altra è evidente che alcune parole riflettano un determinato momento storico e la sensibilità di quel determinato momento storico (in questo caso specifico il nome è legato al periodo del colonialismo), e che l'evoluzione debba a volte passare anche per un mutamento linguistico. Fatte queste premesse, una risposta certa non ce l'abbiamo. Ci scuserete. Quel che è certo è che questi biscotti hanno cambiato nome più volte nel corso della loro storia.
Origine e storia degli Africanetti
Francesco Bagnoli, proprietario di una fabbrica di biscotti a San Giovanni in Persiceto, prepara per la prima volta gli Africanetti (all'epoca chiamati Biscotti zabaglione secco Bagnoli) nel 1872. Ma solo dopo la sua morte, grazie all'intuito del nipote Ferdinando Bixio Bagnoli che prende le redini dell'azienda, diventano di fama internazionale, complici alcuni riconoscimenti come la medaglia d’oro all’Esposizione di Napoli nel 1885 o il riconoscimento della Famiglia Reale nel 1899, specie di Sua Maestà la Regina Madre Margherita di Savoia che viene conquistata da questi biscotti, tanto da regalare a Ferdinando Bixio un prezioso gioiello. In cambio il giovane cambia il nome ai biscotti, che diventano Biscotti Margherita. Dobbiamo aspettare il 1908 per trovare il nome “Africanetti” in un documento ufficiale che menziona “il Gran Prix all’Esposizione Internazionale di Londra per i rinomati Biscotti Margherita (Africanetti)”.
Perché proprio Africanetti?
La risposta più immediata è che il nome richiamava il fronte coloniale in cui venivano spediti. Ma se volete approfondire tutte le vicissitudini di questi biscotti consigliamo la lettura di questo articolo su BorgoRotondo a firma di Michele Simoni che, oltre a gettare dubbi sul nome derivato dalla commercializzazione in Africa orientale, dà anche un'altra versione sulla paternità degli Africanetti citando Maurizio Garuti nell’intervista-ricordo allo scrittore ed esperto della storia persicetana Massimo Zambonelli dedicata a Mimì (ovvero Emilia Rusticelli, subentrata nell'azienda a metà degli anni Trenta): “Pare che il creatore sia stato un certo Melò intorno al 1893. L’astuto Bagnoli, non so come, forse comprandola, si impossessò della ricetta”. Dopo Mimì vennero i coniugi Rita Bozzoli e Francesco Buldrini che hanno gestito l’attività nella stessa sede di via Guardia Nazionale dal 1978 fino a una quindicina di anni fa.
Che cos'è l'Africanetto e chi lo vende
Nonostante la chiusura dello storico biscottificio e pasticceria, la tradizione degli Africanetti rimane viva a San Giovanni in Persiceto anche grazie a due eventi: nel 2004 questi biscotti vengono inseriti nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) emiliano-romagnolo e nel 2020 il Comune completa il percorso di registrazione del marchio “Africanetto di Persiceto”. Si legge nel sito del Comune: “L’Africanetto di Persiceto è un biscotto dal colore giallo vivo, ottenuto dall’amalgama di tuorli d’uovo e zucchero finemente lavorati, che viene poi cotto in forno a temperatura moderata in appositi stampi. A cottura ultimata, i biscotti risultano cavi al loro interno, dalla superficie esterna friabile e interna più morbida”. Con questa mossa l'amministrazione comunale ha rilanciato gli Africanetti concedendo ad alcune attività l’uso del marchio: Forno Massari, Al Forno delle Sorelle Bongiovanni, Magic Pasticcio, Forno Cocchi e Antica Drogheria Bergamini Duilio 1924.
C'è poi uno chef, dal quale (da un suo post su Facebook) l'idea dell'articolo è nata, che li vuole inserire nella piccola pasticceria del suo ristorante Massimiliano Poggi Cucina, chiamandoli semplicemente biscotti di zabaione. È Massimiliano Poggi che da un po' di tempo sta rilanciando la pasticceria classica tipica della zona, a cominciare dalla torta degli addobbi: “I biscotti di zabaione hanno una valenza principalmente emozionale per noi emiliani, ci stiamo dunque dedicando un po' di tempo per elaborare la ricetta ottimale che dia un risultato friabile all'esterno e cremoso all'interno. Ci arriveremo”.